Da sinistra, l'Avv. Elisabetta Bressan (Ufficio Legale), l'Ingegner Michel Bressan (R&D), il signor Dino Bressan (Fondatore) e il Dottor Alessio Bressan (Presidente di Igb)

Igb è l’acronimo di Industrie Grafiche Bressan. L’azienda, specializzata nel packaging farmaceutico e cosmetico, nasce formalmente negli anni ’80, quando Grafica Viggiù, una tipografica tradizionale cresciuta bene e in fretta negli anni del boom economico, viene rilevata da uno dei fondatori, Dino Bressan, che ne cambia il nome in Igb. Sua è l’idea di sviluppare il settore dell’imballaggio farmaceutico e cosmetico, attività che a partire dagli anni ’90 spinge l’azienda a far propri i processi della filiera produttiva del farmaco, così da rispondere in modo più puntuale alle richieste del mercato. Dal 1999, nel management aziendale è attiva la seconda generazione della famiglia, con la quale vengono implementati diversi processi di miglioramento riguardanti le procedure di lavorazione, le tecnologie, ma anche le persone, come spiega Alessio Bressan, primogenito del fondatore, nonché socio e Presidente del consiglio di amministrazione di Igb.

 

Da sinistra, l'Avv. Elisabetta Bressan (Ufficio Legale), l'Ingegner Michel Bressan (R&D), il signor Dino Bressan (Fondatore) e il Dottor Alessio Bressan (Presidente di Igb)
Da sinistra, l’Avv. Elisabetta Bressan (Ufficio Legale), l’Ingegner Michel Bressan (R&D), il signor Dino Bressan (Fondatore) e il Dottor Alessio Bressan (Presidente di Igb)

 

Alessio Bressan, innanzitutto, da cosa è nata l’idea di concentrare le vostre risorse nel settore farmaceutico?

Ci sono occasioni che gli imprenditori tendono a cogliere: noi abbiamo sfruttato la vicinanza alla Svizzera e in modo particolare al Canton Ticino, dove sono presenti molte aziende farmaceutiche. Questo è un settore con esigenze particolari, non per niente le aziende del farmaco preferiscono lavorare con aziende specializzate, perché nei flussi produttivi ci sono aspetti specifici che un produttore di imballaggi deve tener conto. Anche perché parliamo di packaging che contengono beni particolari: sbagliare il confezionamento di un farmaco può avere conseguenze molto gravi per l’azienda farmaceutica che lavora per garantire la qualità del farmaco, ma anche la metodologia con cui si realizza la confezione. Entrare in un simile meccanismo, porta l’azienda a concentrarsi su principi e fattori non solo produttivi, ma anche di processo.

Com’è cambiata Igb?

Da quando il legame specifico con l’industria farmaceutica è diventato più stretto, abbiamo iniziato, come dicevo, a prestare maggior attenzione ad alcuni particolari, avvalendoci di nuove tecnologie che per essere impiegate necessitano di un’adeguata formazione del personale. Così, a partire dalla fine degli anni ’90, c’è stata una forte tensione verso i processi produttivi, i macchinari e le persone: tre aspetti volti a dare le risposte che le aziende si aspettavano e si aspettano ancora oggi. Nel nostro stabilimento, rinnovato nel 2000 e recentemente ampliato, le macchine sono molto recenti e tutto è appositamente concepito nel rispetto dei flussi tipici di un’azienda farmaceutica, cosa molto apprezzata dai nostri clienti che non per niente continuano a darci fiducia.

Cos’è cambiato, invece, più in generale, in questi ultimi 15 anni nel settore?

È cambiata soprattutto l’attenzione alla tecnologia funzionale alla sicurezza. Il mondo farmaceutico, in questi ultimi anni, ha preteso dai propri fornitori che i controlli sulla qualità non fossero più affidati solo alla capacità umana, ma anche alla tecnologia che rende più sicuri e puntuali i controlli. Nel soddisfare queste nuove esigenze, il rapporto, un tempo di mera fornitura, negli anni si è trasformato in una sorta di partnership che, ancora oggi, però, per funzionare correttamente deve risultare di reciproca soddisfazione. Igb, nonostante la crisi economica, è riuscita nell’intento, tanto da veder crescere persino il proprio fatturato.

Parliamo di innovazione: che ruolo ha un’azienda come Igb nel promuovere novità e nuove soluzioni per l’imballaggio farmaceutico?

Dipende, perché solitamente l’azienda farmaceutica ci richiede lo sviluppo di un astuccio particolare per una data esigenza di confezionamento e in quel frangente cerchiamo di metterci in contatto con l’azienda che ha prodotto il macchinario per il confezionamento. In alcune circostanze, in discussione è la scelta del materiale per le sue caratteristiche fisiche e meccaniche, in altre per quelle estetiche.

La nostra attività principalmente si configura come consulenza nella scelta dei materiali, nella presentazione di tracciati particolari, oppure di messa a disposizione di campionature per la sperimentazione di una nuova macchina, come capita sovente. Con alcuni clienti stiamo cercando di promuovere innovazioni di processo congiunto, ovvero ci siamo dotati di macchinari che garantiscono il controllo del 100% degli stampati: verifichiamo i colori, i testi, persino le scritte brail, così da dare al cliente l’opportunità di ridurre i controlli all’ingresso del materiale. In questo caso, la nostra innovazione tecnologica produttiva ha un effetto, quindi può andare a impattare in innovazioni di processo per il cliente nella gestione del controllo qualità. Si tratta di meccanismi molto complessi da proporre, da testare, ma anche da portare avanti e consolidare. Tuttavia, con un paio di clienti abbiamo cominciato questo percorso con una soddisfazione reciproca, perché da un lato possiamo affermare con certezza di aver garantito una certa qualità, dall’altro di avere messo nelle condizioni il cliente di ridurre i costi di acquisizione dei materiali.

Anche perché il prezzo di un astuccio è dato da molti elementi….

Certo, il prezzo di un astuccio farmaceutico non va valutato nel mero costo di acquisto della scatola, perché questo sarebbe un approccio parziale. Al contrario, si devono considerare anche la performance della macchina che potrebbe diminuire se l’astuccio non è fatto bene, il costo di un fermo macchina se l’astuccio non arriva nel momento giusto, così come il costo nella gestione della qualità dell’astuccio. Pertanto, Igb oltre a cercare di dare prodotti competitivi dal punto di vista del costo del materiale in sé, cerca di intervenire nell’approccio con il cliente, in modo tale che la qualità del servizio offerto e del materiale fornito riduca tutti quei costi che altrimenti l’azienda farmaceutica dovrebbe in qualche modo affrontare o comunque valutare attentamente.

Com’è nato il vostro nuovo astuccio “tamper evident”?

È nato dall’esigenza contemplata nella Direttiva 2011/62/EU, di recente recepita dall’ordinamento italiano con il Decreto Legislativo 19 febbraio 2014 che impone all’industria farmaceutica l’adozione di “un dispositivo che consenta di verificare se l’imballaggio esterno sia stato manomesso”. L’idea è stata concepita da mio fratello, l’ingegner Michel Bressan, che l’ha poi sviluppata insieme agli altri tecnici della nostra azienda, ed è una valida alternativa alle altre soluzioni possibili in linea teorica, ma molto dispendiose dal punto di vista economico oltre che produttivo. Per assicurarsi che l’imballaggio esterno di un farmaco non sia stato manomesso, ci sono vari sistemi: ad esempio, è possibile applicare una pellicola o un etichetta (certificate come originali) sull’imballo, o ancora utilizzare la colla a caldo sulle confezioni (anche se tale soluzione non è accettata dalla Food and Drug Administration- Fda). Tutte queste soluzioni tuttavia richiedono ingenti investimenti sia negli impianti produttivi che nei materiali di confezionamento; Inoltre tali soluzioni risultano costose sia per i rallentamenti delle linee produttive che per la tracciatura dei materiali che si vanno ad aggiungere all’imballo.

Come funziona, invece, il vostro sistema?

Ha innanzitutto il pregio di non avere alcun impatto sulle linee di produzione già esistenti. L’astuccio, che ha un alto livello di inviolabilità, si compone di tre elementi: un uncino, un supporto e un sigillo. Il sigillo è agganciato al supporto e l’uncino, quando viene confezionato, entra tra il sigillo e il supporto, per cui quando la confezione viene aperta per la prima volta l’uncino strappa inevitabilmente il sigillo dal supporto. Il sigillo, quindi, viene rimosso dall’astuccio evidenziando in questo modo l’apertura. Quest’ultima può essere resa palese cromaticamente con un qualsiasi colore, ad esempio negli astucci che portiamo nelle fiere come campionatura da far provare, il colore bianco indica che la confezione è chiusa in modo originale, mentre il rosso che l’astuccio è stato aperto.

Il sistema è valido anche per i non vedenti, perché abbiamo brevettato una sorta di brail meccanico per cui una volta che il sigillo è stato divelto, l’elemento è riconoscibile dalla persona non vedente anche a livello tattile.

Com’è stato accolto questo nuovo sistema dalle aziende?

Molto bene, alcune si sono addirittura rese disponibili a testare il prodotto. Abbiamo presentato l’astuccio “tamper evident” a eventi fieristici nazionali e internazionali, come a Parigi, dove recentemente abbiamo vinto un premio sull’innovazione.

Come viene promosso il nuovo astuccio dalle aziende, con quali strumenti di comunicazione?

Innanzitutto attraverso il foglietto illustrativo, ma anche con QR code che rimandano alla pagina di siti web in cui si spiega il funzionamento del sigillo: un nostro cliente, ad esempio, che ha voluto sviluppare il sistema anche per i non vedenti, nel sito web ha messo a disposizione degli utenti le informazioni in formato audio, così da raggiungere anche le persone non vedenti.

In ogni caso, la campagna di informazione è fondamentale come per tutte le novità e l’astuccio “tamper evident” rappresenta una vera novità nel settore, perché il brevetto è stato depositato lo scorso giugno, i primi test interni risalgono a luglio e già in quel periodo abbiamo cominciato la sperimentazione con alcune aziende. Poi, a settembre abbiamo ripreso l’attività mettendolo a punto in tutte le macchine di confezionamento presenti sul mercato. Alcuni clienti lo hanno adottato per essere certi di avere la soluzione disponibile nel momento in cui la direttiva diventerà esecutiva, altri per una questione di innovazione sul prodotto, indipendentemente dagli obblighi di legge.

Date e numeri di Igb

Nel 1968 Dino Bressan fonda “Grafica Viggiù” che negli anni ’80 cambia ragione sociale, trasformandosi in Igb, Industrie Grafiche Bressan che a partire dagli anni ’90 si focalizza nel settore del confezionamento dei farmaci e dei cosmetici. Attualmente, l’azienda realizza oltre il 50% del proprio fatturato in Svizzera, il 45% in Italia, il resto in altri Paesi anche extra-europei. Circa l’80% dei prodotti riguarda il settore farmaceutico, il 15% quello cosmetico, il 5% speciali packaging. Lo stabilimento, che si estende in un’area di oltre 15mila metri quadrati, ha sede a Viggiù, in provincia di Varese, dove sono impiegati circa 40 addetti che negli ultimi anni hanno fatto crescere il fatturato dell’azienda di due cifre, mentre negli ultimi due anni, dell’8% circa.

Un’azienda certificata

Igb, azienda che si ispira ai principi del WCM (World Class Manufacturing), è certificata ISO 9001:2008 e opera in una logica di GMP. Nel 2012 è entrata a far parte della catena di custodia FSC, ovvero può fornire prodotti composti da materiali cartacei che provengono da foreste certificate FSC, le quali rispettano sia le modalità di produzione del legname che gli operatori in esse coinvolti. Nel 2014, oltre ad aver ottenuto la certificazione OHSAS 18001 sulla Sicurezza e la Salute dei Lavoratori, ha ottenuto anche la certificazione ambientale ISO 14001.