Survey SDA Bocconi:
Survey SDA Bocconi: "Mobile Health, tutti ne vedono le potenzialità, ma ancora molto sottoutilizzata"

La mobile health (nota anche come mhealth) può fornire un valido supporto al trattamento del paziente oncologico, con vantaggi per il medico, per il paziente e anche il servizio sanitario nazionale. È quanto emerge dalla survey condotta da CeRGAS Bocconi e presentata venerdi 8 aprile 2016 nell’ambito del workshop “mhealth for Cancer Supportive Care” da SDA Bocconi School of Management in collaborazione con il gruppo farmaceutico svizzero Helsinn.

Survey SDA Bocconi: "Mobile Health, tutti ne vedono le potenzialità, ma ancora molto sottoutilizzata"
Survey CeRGAS Bocconi: “Mobile Health, tutti ne vedono le potenzialità, ma ancora molto sottoutilizzata”

Con 8,2 milioni di morti e 14 milioni di nuovi casi nel 2012, il cancro è tra le principali cause di malattia e mortalità nel mondo. «L’impatto economico è davvero rilevante: 895 milioni di dollari nel 2008. I costi medici diretti in Europa hanno raggiunto i 51 miliardi di euro, il 56% (28,4 miliardi) dei quali è dovuto ai ricoveri e il 26% (13,5 miliardi) alle terapie farmacologiche. E i costi sono destinati ad aumentare» ha sottolineato Rosanna Tarricone direttore del Cergas Bocconi in apertura del workshop, riferendo i dati pubblicati da Lancet Oncology 2015. Secondo i dati del World Cancer Report 2014 si stiama infatti una crescita del 70% dei casi di tumore; nel 2034 si conteranno 22 milioni di nuove diagnosi.

Mobile health e paziente oncologico

Almeno 1 paziente oncologico in terapia su due presenta effetti collaterali che vengono gestiti tramite un programma di terapie di supporto (cancer supportive care- Csc) per migliorare la qualità di vita e favorire il mantenimento del trattamento oncologico.  Tra le terapie di supporto rientra anche il ricorso alla mhealth, ancora molto sottoutilizzata, soprattutto dai pazienti nonostante le elevate potenzialità. Con il termine “mhealth” l’OMS intende qualunque attività medica e pubblica supportata e mediata da un dispositivo elettronico, smartphone, tablet, dispositivi indossabili (wearable devices), telemedicina e anche App.

Mobile health diffusa tra i medici, ma ancora poco usata per la gestione diretta della malattia

Secondo lo stato dell’arte fotografato dalla survey condotta da SDA Bocconi, che ha raccolto il parere di circa 1000 pazienti e 1000 medici, il 77% degli oncologi (68,6% in Europa, 87,3% in USA) apprezza e utilizza i dispositivi elettronici per la propria attività clinica, soprattuto per interagire con i colleghi, ricercare informazioni scientifiche, comunicare con in pazienti. L’accesso alla cartella clinica attraverso lo smartphone è più frequente tra gli oncologici statunitensi (61% rispetto al 29% degli europei), mentra tra gli europei è più diffuso il ricorso alla tecnologia mobile per la gestione degli effetti collaterali.Tra i vantaggi che gli oncologi riconoscono emergono un miglioramento dell’accuratezza delle informazioni dei sistemi di cura sanitaria, della comunicazione tra i diversi operatori sanitari, dell’aderenza al trattamento e l’identificazione di sintomi non comuni spesso trascurati.

Complessivamente il 22% degli oncologici vede con scetticismo la mhealth, con una maggiore incidenza tra gli europei (31,4%) rispetto agli statunitensi (12%). Le principali motivazioni alla base della reticenza riguardano la preoccupazione della protezione dei dati, il timore di perdere il contatto diretto tra colleghi e con il paziente e l’impossibilità di raggiungere i pazienti che non utilizzano dispositivi elettronici. Eppure «user e non-user riconoscono l’elevata potenzialità della tecnologia mobile nelle terapie oncologiche -ha commentato Francesco Petracca, di CeRGAS Bocconi- perchè generare un risparmio per le aziende sanitarie e ospedaliere e più in generale per i sistemi sanitari, consentendo la gestione domiciliare del paziente e riducendo l’errore medico».

Grandi potenzialità, ma l’uso va strutturato, pena il rischio di errore medico

Secondo Alberto Costa, CEO European School of Oncology, le potenzialità della mhealth sarebbero molto elevate: «Come ho potuto sperimentare personalmente, per i miei pazienti non c’è  nulla di più tranquillizzante di un messaggino con scritto “andrà tutto bene” inviato prima dell’intervento, oppure con la sintesi di quanto detto durante la visita di controllo. Il problema è che al momento non c’è nulla di strutturato e ogni iniziativa è puramente personale, con tutte le possibili. Il rischio per il medico è quello che la sua attività clinica non abbia più limiti, nè di tempo nè di spazio, e quindi aumenti il rischio di errore medico, banalmente per affaticamento”.

Pazienti ancora timorosi: mhealth soprattutto per appuntamenti, ancora poco per la gestione della malattia

Della fotografia scattata dalla survey, colpiscono maggiormente i dati che riguardano i pazienti: solamente il 30% dei pazienti oncologici usa la mhealth nella gestione della sua malattia, senza differenze significative tra Nuovo e Vecchio Mondo (30% e 26,6%, rispettivamente). Nella maggior parte dei casi i dispositivi elettronici vengono utilizzati dai pazienti per fissare un appuntamento o una visita medica, mentre più limitato (circa 30%) è il ricorso per le attività correlate al trattamento e al follow-up (gestione e prevenzione degli eventi avversi, progressione, recidiva, aderenza alla terapia). «Gli “user”, soprattutto quelli che hanno maggiore dimestichezza, hanno una percezione molto positiva dei dispositivi elettronici che pensano possano migliorare la loro qualità di vita, la gestione della malattia, soprattutto degli effetti collaterali correlati alla terapia oncologica grazie a un contatto quotidiano con il medico e al confronto con altri pazienti», ha commentato Petracca.

Mobile health per ristabilire la centralità del paziente

«I risultati di questo sondaggio confermano la necessità di incentivare l’utilizzo della mhealth per consentire al malato di cancro di avere una maggiore centralità in tutte le fasi della malattia- ha commentato Francesco De Lorenzo, presidente AIMAC (Associazione Italiana Malati di Cancro), a margine del worshop- All’inizio, quando il malato ha bisogno di conoscere e approfondire la diagnosi e il trattamento, il rapporto personale con il medico è fondamentale. Purtroppo però il tempo limitato a sua disposizione non consente il trasferimento efficace o completo delle informazioni. Per rispondere a questo bisogno di sapere, AIMAC ha prodotto diversi opuscoli, approvati da tutti gli istituti a carattere scientifico sui tumori, che i pazienti possono scaricarsi gratuitamente dal nostro sito www.aimac.it. Attraverso un sondaggio abbiamo verificato e confermato l’efficacia di questi strumenti. Nelle fasi successive della malattia, o comunque superata la fase acuta o della somministrazione del trattamento in ospedale, si perde la centralità del paziente, che si trova a casa da solo. Difficilmente un paziente o i suoi famigliari riescono a mettersi in contatto con il medico, un ambulatorio o la struttura ospedaliera senza passare dal pronto soccorso o attendere diverso tempo. Eppure, come abbiamo sperimentato, basterebbe mettere a disposizione un’infermiera, contattabile via cellulare, per ripristinare la centralità del malato, che in questo modo può essere aiutato a gestire gli effetti collaterali. Chiaramente è un qualcosa su cui bisogna lavorare, perchè non è possibile fornire un servizio di questo tipo in assenza di adeguate infrastrutture del SSN. Siamo comunque fiduciosi, dal momento che anche la Commissione Europea ha creato un gruppo di lavoro, a cui partecipa anche AIMAC, per incentivare e regolamentare l’uso della mhealth».