Un nuovo processo per minimizzare la presenza dei surfattanti dai preparati iniettabili è stato sviluppato dai ricercatori dell’Università di Buffalo. I surfattanti sono spesso usati in fase formulativa per migliorare la solubilità dei principi attivi idrofobici, che devono essere dissolti in mezzi non acquosi per renderli adatti alla preparazione dei dosaggi iniettabili. Questo tipo di sostanze può però essere associato a un maggior rischio di sviluppare reazioni allergiche, quali schock anafilattico, trombosi, emolisi.

Surfactants University Buffalo
Un nuovo metodo per la preparazione di particelle di farmaco private dell’eccesso di surfattante, e sospese in una soluzione iniettabile, è stato svilupato dai ricercatori dell’Università di Buffalo. (Credit: Jonathan Lovell, University at Buffalo)

ll nuovo metodo si basa sullo strippaggio dei surfattanti in eccesso presenti nella preparazione ed è stato testato su 12 diversi principi attivi, tra cui il farmaco anti-tumorale cabazitaxel, il testosterone undecanoato e la ciclosporina, disciolti in un agente surfattante.

La soluzione contenente il farmaco ottenuta a temperatura ambiente è stata raffreddata a 4°C e filtrata attraverso una membrana, con rimozione del copolimero poloxamero libero o debolmente legato. Il formulato purificato contiene solo micelle cineticamente concentrate e congelate del farmaco contenenti una quantità minima dell’eccipiente solubilizzante. Le particelle ottenute hanno dimensioni comprese tra 45 e 160 nm e un rapporto molare tra principio attivo e surfattante di 2-3 ordini di grandezza maggiore rispetto alle formulazioni esistenti. “Per i farmaci che abbiamo esaminato, ciò corrisponde ad essere arrivati il più vicino possibile a introdurre nel corpo il puro farmaco iniettabile. Essenzialmente, è un nuovo metodo per confezionare i medicinali”, ha dichiarato Jonathan F. Lovell, l’ingegnere biomedico della School of Engineering and Applied Sciences che è il corresponding author dell’articolo pubblicato su Nature Communications.

Secondo i ricercatori dell’Università di Buffalo, il loro metodo dovrebbe permettere si superare gli inconvenienti sia degli approcci “top down”, che riducono le particelle di surfattante a dimensioni dell’ordine della nanoscala tramite macinazione fine, che però non sono ancora sicure dal punto di vista dell’iniettabilità, sia di quelli “bottom up”, che utilizzano le nanotecnologie per la formulazione del farmaco, un processo che secondo l’articolo può durare anni e che utilizza eccipienti il cui profilo di sicurezza non è stato ancora completamente delucidato.