Nel giro di pochi anni potrebbe essere possibile progettare interamente al computer le nanocapsule per drug delivery controllato dalla temperatura, con costi di produzione contenuti: lo scrive Igor Potemkin, docente di Fisica dei Polimeri e dei Cristalli alla Lomonosov Moscow State University e co-autore di un recente articolo pubblicato su Scientific Reports.

I ricercatori dell'Università di Mosca hanno sviluppato una nuova tecnologia per produrre nanocapsule per drug delivery mediato dalla temperatura (credits: Igor Potemkin/Scientific Reports)
I ricercatori dell’Università di Mosca hanno sviluppato una nuova tecnologia per produrre nanocapsule per drug delivery mediato dalla temperatura (credits: Igor Potemkin/Scientific Reports)

La novità introdotta dal metodo sviluppato nei laboratori moscoviti consiste nell’uso della temperatura – invece delle interazioni elettrostatiche utilizzate dai sistemi attualmente più diffusi – per controllare il riempimento, la sigillatura e il rilascio controllato delle molecole d’interesse farmacologico all’interno delle nanocapsule. In questo modo le nanoparticelle possono essere caricate sia con sostanze neutre che cariche. Il metodo sarebbe più efficiente, secondo i suoi inventori, rispetto al rilascio mediato da campi magnetici esterni o da variazioni del pH.

I ricercatori russi hanno utilizzato nanocapsule in gel all’interno delle quali è stata creata una cavità delimitata da due membrane a diversa struttura chimica, per evitare il problema dell’adesione delle nanoparticelle una sull’altra e del collasso interno durante la fase di riempimento con il farmaco spesso associato a questo tipo di sistemi di delivery in gel.

Lo strato esterno poroso, in gel termoresponsivo, controlla le dimesioni della cavità e la stabilità colloidale e svolge un ruolo stabilizzatore e protettivo impedendo l’aggregazione delle nanoparticelle. Quando i pori di entrambi gli strati sono aperti, le nanocapsule assorbono le molecole di principio attivo come una spugna, per poi rinchiuderle all’interno dello strato più interno, caratterizzato da uno swelling temperatura-dipendente che provoca la chiusura dei pori dello strato più interno. Anche il rilascio è mediato dalla temperatura, con riapertura dei pori. La stabilità colloidale dell’intera struttura è assicurata dalla stabilizzazione sterica dello strato esterno swellato.

Le variazioni strutturali delle nanoparticelle, l’incapsulazione e il rilascio della sostanza attiva sono state indagate tramite small angle neutron scattering (SANS) e programmi di dinamica molecolare in un range di temperatura compreso tra 32° e 42°C, che verrà ristretto a un target più simile alle condizioni riscontrabili nell’uomo nel corso della seconda fase del progetto. La collaborazione con l’Istituto di Chimica-Fisica dell’Università RWTH Aachen proseguirà, infatti, per altri quattro anni e punterà a meglio caratterizzare la strttura che impedisce il collasso della cavità interna alla chiusura dei pori e la quantità di crosslinker da utilizzare. Gli scienziati prevedono di giungere alla creazione di una produzione in larga scala delle nanocapsule adatta ad un uso commerciale.