Una nuova piattaforma di biomanufacturing portatile e on-demand, che utilizza freeze-dried pellets del diametro di pochi millimetri per la produzione di farmaci biologici, vaccini e diagnostici, si propone di semplificare gli scenari produttivi di un settore sempre più centrale per l’industria del farmaco. Non solo sulla Terra, ma anche nello spazio o in ambienti comunque difficili, vista la facilità di conservazione e trasportabilità del mix di reagenti biologici ottenuti da estratti cellulari. Basta aggiungere il DNA desiderato (anch’esso facilmente conservabile e trasportabile in forma freeze-dried) e un po’ d’acqua, ed ecco che i contenuti delle pellet diventano nuovamente disponibili per la sintesi della biomolecola target. “Può essere usata con un semplice kit di trasporto dal personale sanitario sul campo nelle regioni in via di sviluppo. Pensiamo che possa essere molto utile per i militari, quando vanno in missione, o per gli escursionisti e gli atleti che affrontano lunghe distanze. Potresti anche averla nel bagagliaio dell’auto come espansione del kit di primo soccorso”, ha commentato James Collins, docente al MIT, direttore dello Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering di Harvard e autore senior dello studio pubblicato su Cell.

I ricercatori del MIT hanno messo a punto una nuova piattaforma di biomanufacturing portatile e on-demand (Image: Christine Daniloff/MIT. Antimicrobial peptide illustration by Ymahn/Wikimedia Commons)
I ricercatori del MIT hanno messo a punto una nuova piattaforma di biomanufacturing portatile e on-demand (Image: Christine Daniloff/MIT. Antimicrobial peptide illustration by Ymahn/Wikimedia Commons)

Le microparticelle, infatti, contengono al loro interno l’intero corredo di biomolecole necessarie per la sintesi proteica a partire dal DNA stampo: decine di enzimi ed estratti cellulari come RNA e ribosomi che, grazie alla tecnica di essicazione utilizzata, diventano conservabili a temperatura ambiente per periodi di tempo di almeno un anno, secondo i dati pubblicati su Cell. L’uso dello freeze-drying non è certo una novità: il vero punto innovativo della ricerca svolta nei laboratori di Boston è la messa a punto di un metodo che consente di affrontare una produzione di biomolecole in totale assenza di un supporto per i reagenti biologici. Non solo non sono necessarie cellule, ma neanche il supporto cartaceo che aveva caratterizzato una fase precedente della ricerca degli scienziati del MIT e di Harvard. “Si tratta di un sistema modulare che può essere programmato per ottenere sul momento ciò di cui si ha bisogno. Si possono avere centinaia di diverse pellet di DNA da aggiungere al campo”, ha aggiunto Collins. Il tutto a un costo molto competitivo rispetto alle attuali tecnologie, secondo quanto emerge dall’analisi dettagliata dell’impatto sui costi di produzione dei farmaci biologici inclusa nell’articolo pubblicato su Cell.

Una tecnologia, mille applicazioni

I risultati riportati nell’articolo descrivono l’applicazione del metodo alla sintesi di piccole proteine utilizzabili come vaccino per la difterite (molto sensibile sia al caldo che al freddo) o di peptidi a potenziale azione antimicrobica. Quest’ultima applicazione potrebbe trovare maggiore respiro, suggerisce James Collins, nella messa a punto di bendaggi “smart” in grado di identificare la presenza d’infezioni e di produrre di conseguenza le sostanze necessarie per curarle.

Le pellet sono state anche programmate per generare gli enzimi che fanno parte di cammini metabolici multistadio, ad esempio per la sintesi della violaceina, il pigmento naturale che conferisce il tipico colore ai mirtilli e dotato di azione antitumorale e antibiotica.

La produzione di anticorpi per scopi di diagnostici è un altro possibile campo di applicazione della tecnologia, che nell’articolo pubblicato su Cell è stata applicata all’identificazione del batterio Clostridium difficile.

I campi di applicazione della piattaforma di biomanufacturing immaginati dai suoi inventori sono davvero i più svariati e includono anche l’educazione, dove il kit di sintesi biotech potrebbe rappresentare l’equivalente del “piccolo chimico” con cui si dilettavano i bambini e gli studenti del secolo scorso. La biologia sintetica potrebbe così entrare a pieno titolo anche nelle aule scolastiche.