La capacità di generare proprietà intellettuale ha un impatto fondamentale sui risultati economici dei paesi dell’Unione Europea: la fotografia aggiornata delle “Industrie ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale e risultati economici nell’Unione europea” è contenuta nel report appena pubblicato congiuntamente dall’Ufficio Brevetti Europeo (EPO) e dall’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (UEIPO). Lo studio si riferisce al periodo 2011-2013 e aggiorna i dati del primo rapporto pubblicato nel 2013 e riferito agli anni 2008-2010.

L'industria ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale è fondamentale per l'economia dell'Unione Europea, spiega il nuovo report congiunto dell'EPO e dell'EUIPO (credits: European Patent Office)
L’industria ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale è fondamentale per l’economia dell’Unione Europea, spiega il nuovo report congiunto dell’EPO e dell’EUIPO (credits: European Patent Office)

L’industria farmaceutica si colloca al terzo posto della classifica dei settori industriali ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale per numero di brevetti prodotti ogni 1000 dipendenti (27,57), dietro all’industria dei veicoli a motore (109,74) e a quella del leasing della proprietà intellettuale (eccetto copyright, 69,23), e davanti alla produzione chimica di base (19,08) e al settore della ricerca e dello sviluppo applicato in biotecnologia (15,64). L’industria farmaceutica si colloca anche al secondo posto per quanto riguarda le classifiche per marchi e per export del prodotto finito. La produzione dei medicinali si colloca al sesto posto per prodotto interno lordo generato nel periodo 2011-2013, con circa 101 mln di euro di valore aggiunto.

Il progetto e i risultati

L’analisi ha preso in considerazione le principali tipologie di industrie ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale (IPR) attraverso la comparazione dei database di EPO, EUIPO e CPVO (Community plant variety office) con i database commerciali Orbis e i dati Eurostat sull’impiego riguardanti circa 24 mila società europee.

L’impatto delle dimensioni aziendali è stato stimato in termini di numero di diritti di proprietà intellettuale per mille dipendenti, limite oltre il quale le aziende sono state classificate come “IPR-intensive”. Oltre ai diritti di proprietà intellettuale, lo studio ha riguardato anche le aziende “copyright-intensive”. Le industrie ad alta intensità di proprietà intellettuale sono risultate essere concentrate nel settore manifatturiero, delle tecnologie e dei servizi alle imprese e, al loro interno, l’industria farmaceutica è senza dubbio una protagonista di primo piano.

Secondo lo studio, l’Italia si colloca tra i paesi al di sopra della media UE in termini di creazione di diritti di proprietà intellettuale per dipendente, insieme ad Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi e Svezia. In Irlanda, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria, invece, è più elevata la percentuale di posti di lavoro attribuiti a società con sede in altri paesi. Secondo il report, il 20,5% dei posti di lavoro europei nelle industrie ad alta intensità di proprietà intellettuale sono generati presso filiali di imprese straniere, la maggior parte delle quali hanno sede in un altro paese dell’Unione.

L’importanza della proprietà intellettuale come motore per l’intera economia europea risulta chiaro dai numeri presentati nello studio. Nel triennio 2011-2013 le industrie ad alta intensità IPR hanno generato un valore di 5.700 miliardi di euro, pari a più del 42% del PIL dell’Unione. Di questa fetta, il 36% deriva da industrie ad alta intensità di marchi, il 13% da un’alta intensità di disegni e modelli, il 15% da industrie ad alta intensità di brevetti e il 7 % da quelle ad alta intensità di diritti d’autore. Anche la quota maggiore del commercio tra i paesi UE e il resto del mondo è stata appannaggio di questa tipologia d’imprese. La crisi economica ha impattato meno sulle industrie ad alta intensità IPR rispetto ad altri settori industriali, in particolare per quanto riguarda l’occupazione complessiva risultata in calo solo dell’1% (60,6 mln nel 2008-2010 vs. 60,0 mln nel 2011-2013) rispetto al -1,7% fatto registrare a livello di occupati totali (219,6 mln vs. 215,8 mln, rispettivamente).

Nello stesso periodo, circa un terzo (27,8%) di tutti i posti di lavoro sono derivati da aziende IPR-intensive (suddivise nel 21% di industrie ad alta intensità di marchi, 12% ad alta intensità di disegni e modelli, 10% ad alta intensità di brevetti), che hanno impiegato in media 60 milioni di persone, a cui si aggiungono i 22 milioni di posti di lavoro generati nell’indotto, per un totale di posti di lavoro che dipendono dai diritti di proprietà intellettuale di 82,2 milioni (38,1%). Posti di lavoro ulteriormente premiati da un salario in media più alto del 46% rispetto alle altre industrie, a testimonianza dell’importanza rappresentata dal lavoratore nel determinare il valore aggiunto dell’intera azienda. Il salario settimanale medio nelle industrie ad alta intensità IPR è, secondo lo studio, di 776 €, rispetto ai 530 € nelle industrie non ad alta intensità. Tale “premio salariale” sale al 69% nelle industrie ad alta intensità di brevetti, come quella farmaceutica.

Il commento di Efpia

La Federazione europea dell’industria farmaceutica ha commentato il documento sottolineando come la proprietà intellettuale sia parte del “gruppo sanguigno” dell’industria del farmaco: senza di essa non potrebbe essere quotidianamente vinta la sfida per portare ai pazienti sempre nuovi trattamenti innovativi. Nel suo commento, Efpia indica anche come sia di vitale importanza per il futuro l’assicurare che il sistema a protezione della proprietà intellettuale rimanga un mezzo efficace per implementare le nuove politiche sull’innovazione. “Dal report emerge chiaramente che le industrie IPR-intensive – tra cui l’industria farmaceutica gioca un ruolo orgoglioso, integro e significativo – sono la netta forza motrice che spinge l’intera economia dell’UE. E’ quindi vitale che proteggiamo la proprietà intellettuale aiutando i cittadini europei, e non soltanto i decisori politici e gli specialisti industriali, a capire, riconoscere e apprezzare il valore della proprietà intellettuale”, ha commentato il direttore generale di Efpia, Richard Bergström.