Una nuova indagine pubblicata su BMJ fa il punto sui possibili conflitti d'interesse degli sperimentatori degli studi clinici

L’argomento dell’impatto sui risultati dei possibili conflitti d’interesse negli studi clinici quale esito dei legami finanziari che gli sperimentatori potrebbero avere con le aziende sponsor torna periodicamente all’attenzione delle cronache: questa volta è il British Medical Journal (BMJ) a segnalare dalle sue colonne come tali legami appaiano associati in modo indipendente a un esito positivo dei trial. Il processo potrebbe rappresentare un possibile bias dei risultati riportati in letteratura, secondo gli autori dello studio osservazionale e cross-sezionale,  guidati da Salomeh Keyhani dell’UniversitĂ  di California San Francisco. “PoichĂ© i risultati degli studi clinici randomizzati danno forma alla base delle evidenze, l’oggettivitĂ  nella conduzione del trial ha implicazioni importanti per la pratica clinica e la salute e sicurezza dei pazienti”, si legge nell’articolo.

Una nuova indagine pubblicata su BMJ fa il punto sui possibili conflitti d'interesse degli sperimentatori degli studi clinici
Una nuova indagine pubblicata su BMJ fa il punto sui possibili conflitti d’interesse degli sperimentatori degli studi clinici

I punti di forza e debolezza dello studio

Gli autori sottolineano come i dati raccolti non permettano di giungere a conclusioni definitive circa la portata e le cause del fenomeno, ma sottolineano anche come “sia necessario pensare meglio i ruoli che gli sperimentatori, i policy maker e i redattori dei giornali possono svolgere per assicurare la credibilità della base delle evidenze”. Lo studio, inoltre, è stato limitato ai dati reperiti in due banche dati statunitensi (US Patent Office e ProPublica’s Dollars for Doctors) e pertanto non è detto, sottolineano gli autori, che la sua portata si estenda in ugual modo anche agli sperimentatori di altre aree geografiche. La ricerca, infine, si è focalizzata solo sulle aziende produttrici dei medicinali coinvolti negli studi: un fatto che potrebbe aver ingenerato un bias sull’effettiva portata del problema e derivante dal panorama dei distributori e dei competitors, in continua evoluzione a causa delle operazioni societarie di fusione e acquisizione.

Il bisogno di approfondire le conoscenze per meglio identificare le forme di finanziamento provenienti dall’industria che potrebbero influenzare i risultati degli studi clinici è al centro anche dell’editoriale che accompagna la ricerca di Keyhani e colleghi, firmato da Andreas Lundh della University of Southern Denmark e da Lisa Bero dell’University di Sydney. L’invito è quello di rendere il più possibile trasparente il ruolo delle aziende sponsor e di valutare con cautela gli esiti degli studi sponsorizzati “fino a che tutte le informazioni rilevanti siano state rese disponibili e facilmente accessibili”. Gli sperimentatori, suggerisce l’analisi, dovrebbero partecipare a studi finanziati dall’industria solo quando si è certi che i risultati siano in ogni caso pubblicati. Anche i giornali scientifici, aggiungono gli autori, dovrebbero fare la loro parte non accettando i manoscritti di autori che non siano disponibili alla condivisione dei dati o penalizzando chi non accetti di rendere pubblici i legami finanziari tramite la compilazione del modulo messo a punto dall’International Committee of Medical Journal’s Editors (ICMJE), ormai diffuso in molte redazioni. Tra le raccomandazioni, da questo punto di vista, vi è la pre-registrazione degli studi clinici nelle apposite banche dati quale mezzo per ridurre i bias di pubblicazione e aumentare la trasparenza. L’articolo segnala a proposito come la pubblicazione dei risultati degli studi registrati in clinaltrials.gov rimanga ancora bassa.

I risultati dello studio

Lo studio pubblicato su BMJ ha puntato l’attenzione sui legami finanziari tra gli sperimentatori principali di 195 studi clinici randomizzati scelti in modo casuale tra quelli che misuravano l’efficacia dei farmaci e pubblicati nel 2013; questa tipologia di studio, infatti, è stata ritenuta essere il vertice nella piramide dell’affidabilità del dato medico-scientifico e costituisce la base per la validazione dei dati clinici e l’approvazione regolatoria dei nuovi medicinali.

Il campione è stato statificato in vari modi (ad esempio per fase clinica, tipo di studio, grandezza, area terapeutica, fonte di finanziamento); nella maggior parte dei casi, i ricercatori dell’Università di California hanno evidenziato percentuali maggiori del 50% per i legami finanziari tra il primo o ultimo autore degli studi considerati e lo sponsor. Legami la cui forma non è stata meglio identificata, ma che in termini generali potrebbe ricadere negli onorari o spese di viaggio, la remunerazione del lavoro di consulenza o la concessione di azioni dell’azienda sponsor.

L’articolo, che vede la prima firma di Rosa Ahn, discute nel dettaglio i pro e i contro dell’approccio che il gruppo di ricerca ha deciso di perseguire. Meccanismi quali la pubblicazione selettiva dei risultati, la mancanza di pubblicazione o le analisi inappropriate potrebbero, ad esempio, essere alla base dei risultati trovati durante l’indagine. Tra le possibili cause della mancata pubblicazione, l’articolo identifica la  difficoltà che i piccoli studi randomizzati su singolo centro, condotti in un contesto accademico, siano accettati a causa di una mancanza d’interesse da parte dei giornali scientifici. Tra le possibili soluzioni individuate dal gruppo di Keyhani vi sono la pubblicazione dei dataset grezzi in contemporanea alla pubblicazione dei risultati (che potrebbe permettere una più agevole review indipendente e la riduzione dei bias analitici) e la segnalazione all’interno degli articoli di tutte le deviazioni dal protocollo originale operate nel corso degli studi.

Gli autori sottolineano anche come molti studi precedenti non siano stati in grado di identificare in modo esatto la portata del problema a causa della difficoltà di separare i finanziamenti ricevuti dall’istituzione che conduce la sperimentazione (che rappresenta il guadagno professionale) e il guadagno finanziario personale degli sperimentatori. L’articolo prende anche in considerazione i possibili lati negativi di una maggiore trasparenza sui legami finanziari tra sperimentatori e industria, legati al possibile impatto che potrebbe derivare dal rendere noto il conflitti d’interesse dello sperimentatore. A tal fine, segnala l’articolo, sarebbe anche opportuno analizzare più nel dettaglio i legami finanziari anche a livello di studi clinici non finanziati dall’industria, a partire da un insieme di dati più ampio di quello considerato in questa sede.