Vivere in condizioni sociali ed economiche povere, per esempio avendo un basso profilo professionale, può privare una persona di 2,1 anni di vita in media. È la conclusione di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet da LIFEPATH, un progetto finanziato dalla Commissione Europea con lo scopo di individuare i meccanismi biologici che stanno alla base delle differenze sociali nella salute.

Svantaggi socioeconomici e aspettativa di vita: vivere in condizioni sociali ed economiche povere può privare una persona di 2,1 anni di vita in media. Gli anni di vita persi dovuti al basso profilo professionale sono 1,5 per le donne e 2,6 per gli uomini
Svantaggi socioeconomici e aspettativa di vita: vivere in condizioni sociali ed economiche povere può privare una persona di 2,1 anni di vita in media. Gli anni di vita persi dovuti al basso profilo professionale sono 1,5 per le donne e 2,6 per gli uomini

Uno status socioeconomico basso può essere letale quanto fumare, avere il diabete o condurre una vita sedentaria.

Il tabacco è associato alla perdita di 4,8 anni di vita, il diabete a 3,9, uno stile di vita sedentario a 2,4 e l’elevato consumo di alcol a quasi 1.

Lo studio condotto da LIFEPATH su svantaggi socioeconomici e aspettativa di vita

LIFEPATH è un progetto fondato dall’Unione Europea, con lo scopo di fornire dati aggiornati, significativi e innovativi sulla relazione fra disuguaglianze sociali e diseguaglianze di salute.

Questi dati potranno essere utilizzati per impostare le future strategie politiche per il miglioramento del benessere della popolazione.

Lo studio condotto da LIFEPATH confronta l’aspettativa di vita fra persone appartenenti a diverse categorie socioeconomiche e correla queste differenze con quelle dovute a sei ben noti fattori di rischio per la salute, come il fumo o il diabete. Questi sei fattori sono considerati fra gli obiettivi principali della strategia di riduzione della mortalità globale dell’OMS. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, attualmente, non include lo status socioeconomico tra i fattori di rischio.

«Ci siamo sorpresi quando abbiamo scoperto che vivere in condizioni sociali ed economiche povere può costare caro quanto altri potenti fattori di rischio come il fumo, l’obesità e l’ipertensione – afferma Silvia Stringhini, ricercatrice all’University Hospital di Losanna, in Svizzera, e coordinatrice dello studio. – Queste circostanze possono essere modificate con interventi politici e sociali mirati, per questo dovrebbero essere incluse fra i fattori di rischio su cui si concentrano le strategie globali di salute pubblica».

I ricercatori del progetto LIFEPATH hanno sviluppato un approccio di ricerca originale, che combina scienze sociali, biologia e analisi di big data, usando coorti di popolazioni già esistenti e tecniche di analisi biologica. Hanno raccolto e analizzato dati da 48 coorti indipendenti di Gran Bretagna, Italia, Portogallo, Stati Uniti, Australia, Svizzera e Francia, per un totale di più di 1,7 milioni di partecipanti.

Lo status socioeconomico di queste persone è stato valutato sulla base dell’ultimo impiego lavorativo al momento dell’ingresso nello studio. I partecipanti sono stati seguiti per una media di tredici anni. I dati ottenuti da questa lunga fase di osservazione sono stati analizzati con metodi statistici e confrontati con quelli relativi ad alcuni dei principali fattori di rischio inclusi nel piano strategico globale dell’OMS chiamato “25×25”.

«È noto che educazione, reddito e lavoro possono influire sulla salute, ma pochi studi avevano cercato di valutare quale fosse il peso effettivo di questi fattori. Per questo abbiamo deciso di confrontare l’impatto dello status socioeconomico sulla salute con quello di sei fra i principali fattori di rischio» – dice Mika Kivimaki, professore all’University College London e co-autore dello studio.

Rischio sociale e rischio individuale

Un basso livello socioeconomico può quindi essere un efficace indicatore di un calo nell’aspettativa di vita. Ciò nonostante, i decisori politici spesso non lo considerano fra i fattori da prendere di mira con interventi specifici. Le condizioni socioeconomiche e le loro conseguenze sono modificabili tramite politiche a livello locale, nazionale e internazionale.

Intervenire su fattori “a monte”, come il lavoro o l’educazione infantile, può avere una maggiore efficacia, in termini di miglioramento della salute, rispetto a interventi “a valle”, focalizzati su singoli fattori di rischio come l’assistenza per chi vuol smettere di fumare o i consigli alimentari. Questi tendono anche a favorire le fasce sociali più alte, che possono accedervi più facilmente e che hanno meno difficoltà nel correggere eventuali abitudini poco salutari.

«Lo status socioeconomico è importante perché include l’esposizione a diverse circostanze e comportamenti potenzialmente dannosi, che non si limitano ai classici fattori di rischio come fumo o obesità, sui quali si concentrano le politiche sanitarie – conclude Paolo Vineis, professore all’Imperial College London e coordinatore di LIFEPATH. – L’obiettivo principale del nostro progetto è quello di capire attraverso quali processi biologici le disuguaglianze sociali si traducono in disuguaglianze per la salute. Così facendo potremo fornire accurate prove scientifiche a istituzioni sanitarie e decisori politici, che a loro volta potranno migliorare l’efficacia delle loro strategie di intervento sulla salute pubblica».

Leggi l’articolo pubblicato su The LancetSocioeconomic status and the 25 × 25 risk factors as determinants of premature mortality: a multicohort study and meta-analysis of 1·7 million men and women