Abbandonare la cecità di genere legata ai risultati delle sperimentazioni cliniche. Questo è l’obiettivo a cui si sta puntando nel campo della medicina e della ricerca e sul quale “le donne di potere possono fare molto, inserendo la medicina di genere al centro della politica sanitaria”, ha spiegato il Ministro Beatrice Lorenzin a margine della seconda giornata nazionale dedicata alla salute della donna organizzata presso il Ministero a Roma.

Nella giornata si è parlato di prevenzione e di salute della donna abbracciando tutte le fasi di vita, dall’infanzia fino all’età matura. Comune denominatore dei vari interventi è stata appunto la medicina di genere sulla quale, come ha ricordato Walter Ricciardi, presidente dell’ISS, durante il suo intervento proprio nella tavola rotonda dedicata al tema: “si sono fatti passi da gigante, ma ancora tanto c’è da fare”.

Seconda giornata nazionale sulla salute delle donne, tavolo sulla medicina di genere
Seconda giornata nazionale sulla salute delle donne, tavolo sulla medicina di genere

Cosa è stato fatto

L’Istituto superiore di Sanità ha attivato il primo centro di riferimento per la medicina di genere, dove circa cinquanta ricercatori stanno lavorando sia sulla ricerca di base sia su quella traslazionale proprio per accelerare questo passaggio.

Anche AIFA ha inteso dare impulso alla tematica di genere prevendendo nel Bando 2016 per il finanziamento alla Ricerca Indipendente una tematica specifica per la quale sono stati presentati 48 protocolli di studio. I protocolli presentati fanno riferimento sia alle patologie specifiche di genere, sia alla valutazione di terapie “universali”, sempre però nell’ottica di medicina di genere. “Riattiveremo presto anche il tavolo sui farmaci e la medicina di genere”, ha sottolineato Mario Melazzini, DG dell’AIFA.

“Dobbiamo porre attenzione alla salute della donna in tutte le fasi della vita” Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute

La tematica di genere trova un posto di rilievo anche nelle analisi che annualmente l’Agenzia conduce sullo stato di salute del paese. Nel 2015 ad esempio, come emerso dal Rapporto OsMed, le donne hanno utilizzato più farmaci degli uomini, con una differenza assoluta del 10%.

Qualcosa si sta muovendo anche nel campo dei dispositivi medici: “sono state studiate delle protesi per il ginocchio solo per le donne – ha spiegato Marcella Marletta, Direttore generale dei Dispositivi Medici e del Servizio Farmaceutico – stimolatori per l’incontinenza e si sta andando avanti anche per il problema che l’FDA ha posto a livello mondiale riguardo gli studi a prevalenza maschile sui defibrillatori impiantabili”. Questo significa ovviamente un migliora acceso alle terapie. Attualmente infatti accedono a defibrillatori impiantabili il 40% degli uomini e solo il 29% delle donne.

Impegno dedicato anche a promuovere questo cambiamento culturale nelle aule universitarie, motivo per cui da quest’anno la medicina di genere è entrata anche a far parte dei sei anni di corso di laurea in medicina, partendo dalla biologia per arrivare fino alla clinica.

E l’industria? La ricerca di genere è un argomento di estrema importanza e le industrie del farmaco ne hanno preso atto già da qualche anno, come aveva già detto Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria, ai microfoni di NCF lo scorso mese (leggi la notizia qui).

Cosa chiedono le Istituzioni alle imprese del farmaco?

Le richieste al Ministero della salute

“Il Ministero- ha detto Lorenzin – chiede che ci sia un impegno specifico sulla parte femminile e sulla ricerca per le donne. Devo dire che da questo punto di vista in questi anni ci sono state delle iniziative molto positive che oltretutto seguono anche lo sviluppo della scienza. Pensiamo ad esempio alla terapia personalizzata e ad alcuni farmaci oncologici e immunoncologici tarati su alcune patologie prettamente femminili”.

Le richieste dell’Agenzia italiana del farmaco

Presentare i dati del dossier in forma disaggregata all’agenzia regolatoria. È questa la prima richiesta sollevata da Melazzini durante la giornata. Non chiediamo la creazione di cluster ma di considerare a pieno la diversità del genere femminile nel valutare efficacia e sicurezza di un farmaco. Nello stesso tempo abbattere la cecità di genere nell’andare ad ammettere la popolazione femminile all’interno degli studi, tenendo in considerazione che anche nei progetti di dose-finding viene coinvolto quasi sempre ancora il genere maschile. E infine valutare farmacodinamica e farmacocinetica nella popolazione femminile, che ad oggi mostra eventi avversi ai farmaci quasi doppi rispetto a quella maschile.

Le richiesta del Consiglio Superiore di Sanità

Sul tema è intervenuta anche Roberta Siliquini, presidente del Consiglio Superiore di Sanità. “Le Istituzioni sono estremamente attente alla medicina di genere e le aziende sanno di dover rispondere in maniera puntuale. A mio avviso sia EMA che FDA stanno trovando risposte adeguate e di qualità a queste problematiche”.