Con il termine sindromi lipodistrofiche si indica un’ampia varietà di malattie rare che, pur essendo contraddistinte da diverse cause e manifestazioni, sono accomunate da una perdita di tessuto adiposo sottocutaneo.

Le sindromi lipodistrofiche sono malattie rare accomunate da una perdita di tessuto adiposo sottocutaneo e da bassi livelli circolanti di leptina
Le sindromi lipodistrofiche sono malattie rare accomunate da un’anomala distribuzione del tessuto adiposo sottocutaneo e da bassi livelli circolanti di leptina

«Le sindromi lipodistrofiche costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate dalla perdita più o meno estesa di tessuto adiposo sottocutaneo, in assenza di uno stato di deprivazione nutrizionale o di uno stato di aumentato catabolismo – spiega Ferruccio Santini dell’Unità Operativa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa. – In base all’eziologia, vengono distinte forme genetiche o acquisite e, in base al grado di perdita del tessuto adiposo, forme generalizzate o parziali. Le forme congenite includono sottotipi a trasmissione autosomico recessiva e dominante mentre le forme acquisite possono riconoscere una causa autoimmune».

Tra le forme ereditarie la più importante è la lipodistrofia congenita generalizzata (CGL).

Le sindromi lipodistrofiche sono caratterizzate da bassi livelli circolanti di leptina, un ormone che regola:

  • la composizione corporea,
  • il consumo energetico,
  • l’introito calorico.

I pazienti affetti da tali patologie presentano frequentemente molteplici alterazioni ormonali e metaboliche, quali:

  • insulino-resistenza con precoce comparsa di diabete mellito,
  • alterazioni del profilo lipidico, con alto livello di trigliceridi,
  • dannoso accumulo di grassi presso altri organi, principalmente nel fegato in cui si determina una steatosi epatica non alcolica (NAFLD),
  • alto rischio di complicanze cardiache (come la cardiomiopatia ipertrofica) e cerebrovascolari, spesso fatali,
  • sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).

La qualità di vita risulta notevolmente compromessa.

La sindrome si associa ad appetito vorace e accelerazione della crescita durante l’adolescenza.

«Questa sindrome comprende manifestazioni cliniche differenti che possono interessare contemporaneamente o separatamente le funzioni metaboliche e la distribuzione del grasso corporeo – sottolinea Andrea Giustina, presidente CUEM e presidente eletto della Società Europea di Endocrinologia (ESE) – sono alterazioni del metabolismo glucidico e anomala distribuzione del grasso corporeo: accumulo di grasso sottocutaneo alla base della nuca, alle mammelle e all’addome sino alla perdita di grasso con assottigliamento degli arti inferiori con prominenza delle vene sottocutanee, restringimento dei fianchi e delle cosce, assottigliamento del volto (guance) con aumento delle rughe».

La diagnosi è clinica e dovrebbe essere confermata mediante una valutazione del grasso corporeo, in particolare attraverso l’assorbimetria a doppio raggio fotonico e la risonanza magnetica.

In Italia, i pazienti affetti da lipodistrofia sono un centinaio. Per loro, in attesa del farmaco (attualmente disponibile soltanto in Giappone e negli USA) si organizzano i Registri di patologia.

La terapia delle sindromi lipodistrofiche

In passato, la terapia delle lipodistrofie mirava a ridurne le comorbidità associando dieta, attività fisica e farmaci comunemente impiegati per la cura del diabete mellito e delle dislipidemie, ma con scarsi risultati e senza andare ad agire sulle cause della malattia.

L’unico farmaco specifico per il trattamento di questa patologia è la leptina umana ricombinante, attualmente approvata negli Stati Uniti e in Giappone per il trattamento delle forme generalizzate. Questo trattamento ha lo scopo di migliorare le complicanze metaboliche associate alla patologia.

Diversi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia della leptina umana ricombinante nel ridurre in maniera statisticamente significativa:

  • la glicemia,
  • l’emoglobina glicata (una forma che permette di misurare il livello della glicemia nel tempo),
  • i trigliceridi,
  • il colesterolo totale.

In seguito alla somministrazione sottocutanea giornaliera della leptina ricombinante umana si è assistito anche a una riduzione di:

  • peso corporeo,
  • fattezze acromegaloidi,
  • xantomi cutanei (accumuli di grasso sottocutaneo),
  • alterazioni a carico del fegato.

I Registri di Patologia per le sindromi lipodistrofiche

Come ammesso dagli stessi ricercatori, le conoscenze in questo settore sono limitate sia dal punto di vista epidemiologico sia relativamente alla storia naturale della patologia. «Proprio per questo si sta lavorando all’organizzazione e all’ottimizzazione dei Registri di Patologia che hanno come obiettivo quello di ottenere informazioni utili a definire le dimensioni del problema; si tratta, inoltre, di uno strumento fondamentale per supportare la ricerca e promuovere il confronto tra operatori sanitari sia in termini di diagnosi che di terapia» – prosegue Santini.

Poiché la lipodistrofia è una malattia rara e poco conosciuta, richiede competenze specifiche e necessita della condivisione della casistica tra i centri di riferimento. Questo renderà possibile il miglioramento delle conoscenze e l’elaborazione di percorsi clinico-assistenziali comuni.

Perciò, dal palco del 6° CUEM (Clinical Update in Endocrinologia e Metabolismo) parte l’appello per una migliore gestione e integrazione dei Registri di Patologia. L’obiettivo è tracciare un identikit preciso dei pazienti e delle forme da cui sono affetti.