Boehringer Ingelheim ed Eli Lilly and Company hanno annunciato che Empagliflozin sarà studiato per la malattia renale cronica in un trial che trae le basi dai risultati cardiovascolari e renali ottenuti nello studio cardine EMPA-REG OUTCOME®.

Per questo nuovo, ampio, studio clinico è previsto l’arruolamento di circa 5.000 soggetti con malattia renale cronica, con e senza diabete di tipo 2.

Empagliflozin sarà studiato per la malattia renale cronica anche in assenza di diabete. La malattia renale cronica è definita come una condizione di progressivo deterioramento della funzionalità renale nel tempo
Empagliflozin sarà studiato per la malattia renale cronica anche in assenza di diabete. La malattia renale cronica è definita come una condizione di progressivo deterioramento della funzionalità renale nel tempo

«I nostri programmi per questo nuovo studio sono un ulteriore esempio del nostro continuo impegno per migliorare la salute delle persone, soprattutto in aree terapeutiche dove esistono bisogni clinici insoddisfatti – ha dichiarato Hans-Juergen Woerle, vice presidente mondiale Medicina di Boehringer Ingelheim – Non vediamo l’ora di esplorare il potenziale che empagliflozin può offrire ai soggetti con malattia renale cronica».

Empagliflozin è il primo farmaco per il diabete di tipo 2 a riportare i dati di riduzione del rischio di mortalità cardiovascolare nella scheda tecnica di prodotto, in diversi Paesi del mondo. Nello studio EMPA-REG OUTCOME, empagliflozin ha, infatti, dimostrato di ridurre il rischio di mortalità cardiovascolare del 38%, rispetto a placebo, in soggetti con diabete di tipo 2 e malattia cardiovascolare accertata, quando aggiunto allo standard terapeutico (farmaci ipoglicemizzanti e farmaci per la protezione cardiovascolare). Nello stesso studio, per uno degli endpoint secondari, empagliflozin ha anche dimostrato di ridurre il rischio relativo di nuova insorgenza o peggioramento di malattia renale del 39% rispetto a placebo.

Sulla base di questi risultati Boehringer Ingelheim e Lilly, nell’ambito della loro alleanza nel diabete, hanno deciso di valutare in uno studio il potenziale di empagliflozin in soggetti con malattia renale cronica. Questo studio, insieme ad altri in corso di tipo meccanicistico, consentiranno di esplorare ulteriormente i meccanismi potenziali, compresi quelli di riduzione della pressione glomerulare, attraverso i quali empagliflozin potrebbe cambiare gli esiti renali nella malattia renale cronica.

«Oltre il 10% della popolazione mondiale è affetta da malattia renale cronica, la cui prevalenza e gravità influenzano fortemente la prognosi e la qualità di vita dei pazienti – ha dichiarato Christoph Wanner, primario della Divisione di Nefrologia e Ipertensione dell’Ospedale Universitario di Wuerzburg, Germania – C’è una necessità impellente di nuove terapie che possano contribuire a rispondere a questo importante bisogno clinico».

«Insieme a Boehringer Ingelheim attendiamo che parta questo nuovo studio, basato sui risultati cardiovascolari e renali ottenuti nello studio EMPA-REG OUTCOME, per raccogliere evidenze a sostegno della possibile nuova indicazione di empagliflozin per chi soffre di malattia renale cronica» – ha affermato Jeff Emmick, M.D., Ph.D., vice presidente Sviluppo di Prodotto, Lilly Diabetologia.

La malattia renale cronica

La malattia renale cronica è definita come una condizione di progressivo deterioramento della funzionalità renale nel tempo.  

Circa due terzi dei casi di malattia renale cronica sono attribuibili a patologie metaboliche come il diabete, l’ipertensione e l’obesità.

La malattia renale cronica è associata ad aumento di morbilità e mortalità, che, nella maggior parte dei casi si verifica in conseguenza di complicanze cardiovascolari, spesso prima di raggiungere lo stadio finale di patologia renale. La malattia renale cronica ha una elevata prevalenza in diverse parti del mondo e colpisce circa il 10-15% della popolazione. Allo stato attuale le terapie esistenti sono poche, per questo motivo è evidente la necessità di nuove opzioni terapeutiche per questa patologia.

Empagliflozin

Empagliflozin è un inibitore del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) orale, altamente selettivo, in monosomministrazione giornaliera, approvato in Europa, Stati Uniti e altri Paesi del mondo per il trattamento di soggetti adulti con diabete di tipo 2.

L’inibizione SGLT2 generata da empagliflozin in soggetti con diabete di tipo 2 ed elevati livelli di glucosio nel sangue comporta l’eliminazione del glucosio in eccesso per via urinaria. Inoltre, l’avvio della terapia con questo farmaco aumenta l’eliminazione di sodio dall’organismo e riduce il carico di liquidi nel sistema vascolare (volume intravascolare).

Empagliflozin non è indicato per l’impiego in pazienti con diabete di tipo 1, né come trattamento della chetoacidosi diabetica (aumento dei chetoni nel sangue o nelle urine).

Lo studio EMPA-REG OUTCOME

Si tratta di uno studio di lungo termine, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, condotto in 42 Paesi su oltre 7.000 soggetti con diabete di tipo 2 ad alto rischio di evento cardiovascolare.

Lo studio ha valutato l’effetto di empagliflozin (10mg o 25mg una volta/die) rispetto a placebo, entrambi in aggiunta a terapia standard. La terapia standard comprendeva farmaci ipoglicemizzanti e farmaci di protezione cardiovascolare (compresi antiipertensivi e ipolipemizzanti). L’endpoint primario è stato predefinito come tempo intercorso sino al verificarsi del primo fra i seguenti eventi: morte cardiovascolare, infarto del miocardio non fatale o ictus non fatale.  

Anche se lo studio EMPA-REG OUTCOME non è stato disegnato per stabilire potenziali meccanismi di empagliflozin sugli esiti renali, la valutazione renale ha fatto parte di un piano pre-stabilito di analisi esplorativa di ulteriori endpoint.

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