Malnutrizione e sarcopenia negli anziani e nei cardiopatici sono problematiche ancora sottovalutate. Eppure sino al 50% dei malati di cuore presenta sarcopenia.

La perdita di muscolo deve essere considerata una vera e propria malattia.

È quanto emerge dalla decima conferenza internazionale della Society on Sarcopenia, Cachexia and Wasting Disorders (SCWD).

Malnutrizione e sarcopenia negli anziani e nei cardiopatici al centro della decima conferenza della Society on Sarcopenia, Cachexia and Wasting Disorders
Malnutrizione e sarcopenia negli anziani e nei cardiopatici al centro della decima conferenza della Society on Sarcopenia, Cachexia and Wasting Disorders

«I pazienti cui dobbiamo prestare attenzione sin dalle prime fasi di malattia sono affetti da problemi renali, broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO), sono reduci da fratture e da eventi cardiaci acuti o cronici – dichiara Maurizio Muscaritoli, chairman italiano della Conferenza e presidente SINuC la Società Italiana di Nutrizione Clinica – ma dobbiamo iniziare a considerare la fragilità e la perdita di massa muscolare come una patologia e non soltanto come un fattore di rischio. Tanto che negli Stati Uniti, alla sarcopenia è stato attribuito un codice nell’ICD9 (il manuale diagnostico internazionale che riporta in modo sistematico e secondo precise regole la nomenclatura delle diagnosi, dei traumatismi, degli interventi chirurgici e delle procedure diagnostiche e terapeutiche). In Europa, inoltre, il 15-35% della popolazione sopra ai 75 anni ha bisogno di qualche forma di assistenza per svolgere le attività quotidiane (WHO Report on aging The Lancet vol. 387,2016 2145)».

Una prevalenza particolarmente alta è stata riscontrata nei soggetti con patologie cardiache:

«Si tratta di una condizione frequente – aggiunge Stephan von Haeling, del dipartimento di Cardiologia e Pneumologia dell’Università tedesca di Gottingen – con una prevalenza che va dal 20 al 50% nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca, con una percentuale significativa nei soggetti con diagnosi di cardiomiopatia dilatativa. La perdita di muscolo mostra un andamento a cascata che può progredire sino alla cachessia, una sindrome da deperimento che comporta perdita di peso, atrofia muscolare, stanchezza, debolezza e significativa perdita di appetito».

Ictus e sindrome da deperimento

Non sono migliori le prospettive di coloro che hanno subito un ictus. Dati presentati alla conferenza di Roma hanno infatti evidenziato che il 20% dei pazienti sviluppa una sindrome da deperimento entro un anno dall’evento acuto.

«Buona parte della disabilità conseguenza di un ictus è causata dalla perdita di innervazione del tessuto muscolare che si combina con l’immobilità del paziente, uno stato infiammatorio, spasticità e un meccanismo di mancanza di controllo dei riflessi che porta ad atrofia muscolare e degradazione del tessuto – spiega Muscaritoli. – Eppure non esistono linee guida che tengano conto di questo fattore nella terapia o nella riabilitazione della malattia».

Invecchiamento e diminuzione della massa muscolare

Ma uno studio italiano dimostra che non si tratta di una condizione irreversibile. Lo studio è stato condotto su oltre 8000 persone tra i 18 e i 98 anni sottoposti a quello che è stato chiamato Longevity Check up e di cui riferisce Francesco Landi, responsabile della UOC di Riabilitazione Geriatrica al Policlinico Gemelli di Roma:

«La cattiva notizia è che al compimento del cinquantesimo compleanno si verifica una sorta di scalino ripido verso l’invecchiamento, con una diminuzione tra il 10 e il 20% della massa muscolare (valutata con la misurazione della circonferenza del polpaccio), che si accompagna a un calo della forza di circa il 60% (misurato al dinamometro) e a un crollo di circa l’80% nella performance motoria (misurata con un test che prevede di alzarsi e sedersi 5 volte senza aiutarsi con le braccia e valutando la velocità)».

«La notizia positiva è che l’invecchiamento non è inesorabile e questi deficit possono essere efficacemente compensati. Il segreto è il movimento: abbiamo osservato che un 70enne sedentario presenta le stesse performance muscolari di un 80enne abituato a camminare regolarmente (con un guadagno netto quindi di dieci anni). Ma ancora più sorprendente è stato osservare che un 80enne attivo con una attività regolare che preveda attività aerobica e di resistenza ha le stesse prestazioni di un 50enne inattivo» – conclude Francesco Landi.