Per la prima volta le associazioni del settore Probiotici si sono unite in un’unica voce per chiedere al Parlamento europeo di sbloccare la situazione di stallo in cui i probiotici si trovano e di stabilire un approccio armonizzato che consenta l’utilizzo di una dicitura comune in tutti gli Stati Membri.

EHPM, IPA, EDA le associazioni del settore dei probiotici chiedono al Parlamento europeo di sbloccare lo stallo sui probiotici e un approccio armonizzato

Le associazioni di riferimento europeo dei fermenti lattici e prodotti a base di latte EHPM (European Federation of Health Products Manufactures Associations), IPA (International Probiotics Association) ed EDA (European Diary Association) e le Associazioni di riferimento europee dei fermenti lattici e prodotti a base di latte hanno sottoscritto un position paper per sensibilizzare le istituzioni europee affinché venga trovata una soluzione comune tra gli Stati Membri per consentire all’industria di utilizzare la denominazione “probiotico”, superando le attuali criticità regolatorie. La Commissione europea è stata inoltre sollecitata ad adottare un’armonizzazione coerente e formale, in accordo con gli obiettivi del Regolamento Claim 1924/2006, perché questa classe di ingredienti possa continuare ad essere prodotta e commercializzata nel mercato comunitario. L’iniziativa, in Italia, è appoggiata anche da Federsalus.

Il problema

A più di 10 anni di distanza dall’entrata in vigore del Regolamento Claim 1924/2006, sono state bocciate o sono ancora in attesa di risposta da parte di Efsa più di 300 indicazioni salutistiche riguardanti i probiotici. Inoltre, l’utilizzo dell’indicazione “probiotico”, consentito dalla linea guida del Ministero della Salute italiano, non è condiviso dagli altri Stati Membri e dalla Commissione Europea, ponendo barriere all’esportazione dei prodotti italiani che se commercializzati nel mercato europeo non possono recare sull’etichetta questo termine.

Le conseguenze della mancata armonizzazione si riflettono a più livelli:

  • CONTENIMENTO del MERCATO – Le valutazioni negative di Efsa e la mancata armonizzazione a livello comunitario hanno contribuito, e tuttora contribuiscono al contenimento della crescita del mercato, creato difficoltà operative alle aziende del settore.
  • UTILIZZO NON APPROPRIATO – La mancanza di una decisione comune sulla dicitura probiotici contribuisce al proliferare di prodotti non food (ad esempio, cosmetica), che sfruttano il messaggio degli effetti positivi che i probiotici hanno sull’intestino.
  • CONFUSIONE E NON TUTELA DEL CONSUMATORE – L’assenza di informazioni autentiche e ufficiali sui probiotici, contribuisce ad aumentare confusione e incertezza tra i consumatori e favorisce la ricerca di informazioni in internet o da altre fonti non controllate e sicure. Tutto questo va contro la clausola 17 del Regolamento 1169/2011 riguardante la fornitura di informazioni ai consumatori sugli alimenti, che afferma “la principale considerazione per richiedere informazioni obbligatorie sugli alimenti dovrebbe essere quella di consentire ai consumatori di identificare e utilizzare in modo adeguato un alimento e di fare scelte adatte alle esigenze dietetiche individuali.

La proposta

Le associazioni di settore EHPM, IPA ed EDA nel documento di consenso chiedono alla Comunità Europea:

  • che venga accettata e armonizzata la denominazione generica “probiotico”, distinguendo pertanto tra cosa i probiotici sono e quello che i probiotici fanno e quindi gli effetti che si possono vantare in etichetta.
  • di poter utilizzare la denominazione generica “probiotico” ogni qualvolta un alimento o integratore alimento contiene microrganismi, appartenenti a una lista di ceppi definita e accetta (in Italia, definita dalle Linee Guida Ministeriali) e che soddisfano criteri di sicurezza ed qualità. L’utilizzo della dicitura “probiotico” non dovrebbe richiedere alcuna autorizzazione specifica, purché non si faccia riferimento a uno specifico effetto sulla salute.

L’accettazione della dicitura “probiotici” come classe può far uscire questi prodotti dal vicolo cieco in cui si trovano in Europa, lasciando però aperta la porta all’utilizzo di eventuali indicazioni salutistiche individuali, annullando il conflitto con le richieste del Regolamento Claim”, si legge nel documento di consenso.

“È arrivato il momento di agire. I consumatori hanno il diritto di essere informati in modo opportuno sui probiotici”, concludono.