Il Rapporto Filiera della salute 2018 di Confindustria riassume così il grande valore economico e sociale che il comparto costituito da sanità pubblica, impresa privata e indotto mette al servizio dell’Italia: “L’industria della sanità cura l’economia e la società del Paese“.

Inoltre sottolinea l’importanza di puntare sull’integrazione pubblico–privato e sul rafforzamento della sanità complementare.

Rapporto Filiera della salute 2018 di Confindustria
La “white economy” è una delle principali aree di sviluppo dell’economia del nostro Paese

Il Rapporto è stato realizzato insieme alle Associazioni confederali di categoria che rappresentano la filiera stessa:

  • Aiop,
  • Assobiomedica,
  • Farmindustria,
  • Federchimica,
  • Federterme.

Secondo lo studio, la cosiddetta “white economy” è ormai un potente driver dell’economia italiana. Essa infatti contribuisce al Pil nazionale per il 10,7%, dando lavoro ad oltre 2,4 milioni di persone (circa il 10% dell’occupazione complessiva).

Il perno decisivo della “white economy” è costituito dall’industria privata della salute. In questo settore, i principali indicatori di performance registrano miglioramenti significativi sia in termini percentuali, rispetto al totale nazionale, sia in termini assoluti.

La filiera della salute “privata” (manifattura, commercio e servizi sanitari privati) rappresenta da sola,rispetto all’economia del Paese, il 4,9% del fatturato (144 mld di euro), il 6,9% del valore aggiunto (49 mld di euro), il 5,8% dell’occupazione (circa 910.000 persone) e il 7,1% delle esportazioni (oltre 28 mld di euro), con valori tutti in crescita rispetto al 2008.

Un gigante economico, ma anche un comparto industriale anticiclico: di fronte a un valore aggiunto complessivo dell’economia italiana rimasto pressoché invariato tra il 2008 e il 2015, il Rapporto rileva che quello della filiera della salute è cresciuto del 14,3%. Ancora migliore è il dato sull’occupazione (in gran parte altamente qualificata), in aumento del+3,35% tra il 2008 e il 2015, contro un dato nazionale negativo (-9,2%).

Una filiera nella quale è più forte il posizionamento competitivo dell’Italia. Molto significativi sono infatti anche i dati sulla spesa in ricerca e innovazione (circa 2,8 miliardi di euro in valore assoluto nel 2016, il 13% del totale degli investimenti in ricerca e innovazione in Italia, con un’incidenza sul valore aggiunto generato dalle imprese superiore al 15%).

Si tratta di un modello vincente e innovativo, tipico di quell’approccio multidisciplinare basato sulla condivisione della conoscenza che caratterizza i sistemi economici più avanzati. La crescente partecipazione delle imprese della filiera ai bandi europei per la ricerca ne costituisce una testimonianza.

Grazie a questi numeri, la filiera della salute contribuisce in modo determinante all’efficacia delle cure per i cittadini, e con essa, al miglioramento costante della qualità e della lunghezza della loro vita, portando il nostro Paese ai primi posti nelle classifiche internazionali.

La “white economy” è, insomma, una delle principali aree di sviluppo dell’economia in cui il nostro Paese, alla luce delle classifiche internazionali, ha un considerevole vantaggio competitivo. Questo anche grazie al modello di sanità pubblica adottato, all’integrazione virtuosa fra componente pubblica e privata e all’eccellenza nelle competenze espressa dalla componente medica e professionale.

Obiettivi  per la white economy italiana

Si è quindi realizzato un mix unico che, per svolgere appieno il suo ruolo di leva per lo sviluppo, va inserito nel suo complesso come ambito di politica industriale, che ne valorizzi le eccellenze promuovendole anche al di fuori del contesto italiano.

Questo ambito così decisivo per la crescita economica degli anni futuri ha bisogno di risorse coerenti con questi obiettivi ambiziosi e con una domanda di salute in netto aumento. Quindi, secondo Confindustria, una migliore integrazione di risorse pubbliche e private, con lo sviluppo della sanità complementare, rappresenta una scelta non più rinviabile.