Sono sperimentazioni cliniche che limitano o azzerano la necessità dei pazienti reclutati di afferire a centri di ricerca. Come? Utilizzando tutta la tecnologia a disposizione, dagli smartphone, ai più diversi device, all’uso di portali. Le colonne di Nature Drug Discovery del mese di maggio hanno dedicato due pagine al tema dei virtual trial, ai quali le aziende del farmaco si stanno avvicinando non senza timori e reticenze. L’attenzione è alta anche da un punto di vista regolatorio: le aziende devono essere sicure di aderire al 100% alle normative; in tal senso si sono mosse sia le GCP nella seconda revisione (validazione dei sistemi computerizzati, analisi del rischio) sia linee guida di FDA.

Si parlerà ampiamente dell’argomento anche durante la sessione dedicata alla ricerca clinica del Simposio AFI, venerdì 8 giugno.

Vantaggi dei virtual trial

  • Aumenta il numero di pazienti reclutabili;
  • abbattimento delle barriere legate alle distanze;
  • aumenta la possibilità d’includere diverse razze negli studi clinici;
  • i dati a disposizione nelle cartelle elettroniche permettono di individuare soggetti con caratteristiche sempre più mirate;
  • si riducono i tempi di arruolamento;
  • si individua prima il fallimento di uno studio o la comparsa di eventi avversi.

Scetticismi sui virtual trial

  • Garantire la privacy dei dati;
  • avere certezza della bontà dei dati raccolti;
  • si riduce il numero dei clinici a contatto con i soggetti.

Le esperienze delle Company

2001: primo studio parzialmente virtuale condotto da Eli Lilly su tadalafil per la disfunzione erettile. Ai pazienti è stato chiesto di recarsi ai centri di riferimento e di compilare un test online.

2011: Pfizer lancia il primo modello di sperimentazione clinica totalmente virtuale con lo studio REMOTE sulla vescica iperattiva. Lo studio è stato il primo trial clinico randomizzato con reclutamento e raccolta dei dati dei pazienti inclusi tramite web e smartphone. Uno degli obiettivi principali era confrontare l’approccio virtuale con uno studio clinico convenzionale di Fase IV per determinare se il progetto di sperimentazione virtuale potesse essere un modello utile per studi futuri. Sfortunatamente, lo studio REMOTE di Pfizer ha affrontato una serie di sfide, non ultimo il problema del reclutamento dei pazienti (la maggior parte dei membri del gruppo di pazienti target erano anziani, quindi con una limitata abilità nell’uso della tecnologia).

2016-2017 Genentech (rituximab e micofenolato mofetile) e AOBiome (spray probiotico) testano un modello ibrido in cui ai pazienti è data l’opzione di seguire alcuni step, come il reclutamento dello studio, attraverso un modello virtuale.

2018: Novartis punta molto sui virtual trial, duplicando il suo impegno in questo ambito, con un accordo con la company Science 37, dedicata a questo argomento, e l’obiettivo di lanciare fino a 10 trial virtuali nei prossimi tre anni.

Se vuoi saperne di più sull’argomento, leggi la rivista di Giugno di Notiziario Chimico Farmaceutico.