Le sarcoglicanopatie sono distrofie muscolari dei cingoli. Uno studio sui meccanismi patologici di queste malattie ha permesso di individuare una potenziale strategia farmacologica per trattarle.

Le sarcoglicanopatie sono distrofie muscolari dei cingoli. Uno studio sui meccanismi patologici di queste malattie ha permesso di individuare una potenziale strategia farmacologica per trattarle
Da uno studio sulle sarcoglicanopatie, arrivano promettenti scoperte su potenziali trattamenti

Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricerca guidato da Doriana Sandonà, ricercatrice dell’Università di Padova, ed è stato finanziato da Fondazione Telethon. È stato descritto sulle pagine della rivista scientifica Human Molecular Genetics.

Le sarcoglicanopatie

Le sarcoglicanopatie sono rare patologie geneticamente determinate ereditarie caratterizzate da debolezza muscolare. Appartengono al gruppo delle distrofie muscolari dei cingoli (LGMD). Interessano infatti primariamente o in modo predominante i muscoli del cingolo pelvico e del cingolo scapolare. Spesso coinvolgono anche il muscolo cardiaco.

Alla base delle sarcoglicanopatie vi è un difetto in uno dei quattro geni che codificano i sarcoglicani. I sarcoglicani sono glicoproteine essenziali per garantire la stabilità della membrana muscolare. A causa del difetto genetico, i sarcoglicani assumo una “forma sbagliata” che viene riconosciuta come imperfetta. Di conseguenza queste proteine sono rapidamente eliminate, anche se potenzialmente funzionanti. Il risultato della loro assenza è l’indebolimento della membrana muscolare e il progressivo danneggiamento del muscolo.

Le persone che vivono con questa patologia mostrano difficoltà ad alzare le braccia, sollevare pesi, fare le scale, alzarsi da terra. Le forme più gravi di sarcoglicanopatia costringono i pazienti sulla sedia a rotelle fin dall’adolescenza.

Tipi di sarcoglicanopatia

Attraverso l’analisi proteica o l’analisi genetica è possibile individuare diversi tipi di sarcoglicanopatia, quali:

  • Alfa-sarcoglicanopatiadistrofia muscolare dei cingoli da deficit di alfa-sarcoglicanodistrofia muscolare dei cingoli a trasmissione autosomica recessiva di tipo 2D: è causata da mutazioni nel gene adalina (sul cromosoma 17q21). Questo gene codifica per l’alfa-sarcoglicano, glicoproteina associata alla distrofina. La gravità dei sintomi della LGMD 2D, che esordiscono tra l’infanzia e l’adolescenza, dipende dalla quantità di alfa-sarcoglicano mancante nel muscolo.
  • Beta-sarcoglicanopatiadistrofia muscolare dei cingoli da deficit di beta-sarcoglicano o distrofia muscolare dei cingoli a trasmissione autosomica recessiva di tipo 2E: è causata da una mutazione nel gene che codifica per il beta-sarcoglicano (sul cromosoma 4q12). La LGMD 2E è caratterizzata dagli stessi sintomi e della stessa età di esordio della alfa-sarcoglicanopatia.
  • Delta-sarcoglicanopatia o distrofia muscolare dei cingoli da deficit di delta-sarcoglicano o distrofia muscolare dei cingoli a trasmissione autosomica recessiva di tipo 2F: è causata da mutazioni nel gene che codifica per il gamma-sarcoglicano (sul cromosoma 5q33). L’età di esordio dei sintomi è tra i 2 e i 10 anni.
  • Gamma-sarcoglicanopatiadistrofia muscolare dei cingoli da deficit di gamma-sarcoglicano o distrofia muscolare dei cingoli a trasmissione autosomica recessiva di tipo 2C: è causata dalle mutazioni nel gene che codifica per il gamma-sarcoglicano (sul cromosoma 13q12). L’età di esordio è tra i 2 e i 10 anni.

Queste forme sono caratterizzate da scapole alate, ipertrofia del polpaccio con contratture e attività della creatin-chinasi nel siero sempre elevata.

Gli studi dell’Università di Padova sulla sarcoglicanopatia

I ricercatori dell’Università di Padova studiano da anni il meccanismo patologico della sarcoglicanopatia, con l’obiettivo di trovare possibili terapie mirate al ripristino dei sarcoglicani a livello della membrana.

«Inizialmente avevamo individuato alcune molecole in grado di bloccare l’eliminazione dei sarcoglicani e di riportarli in membrana anche se difettosi. Queste molecole erano già in uso per altre malattie sia tumorali sia autoimmuni. In seguito, abbiamo pensato che, invece di bloccare l’eliminazione delle proteine imperfette, potevamo provare a “correggerle” – spiega Doriana Sandonà, ricercatrice dell’Università di Padova che ha condotto lo studio. – Sapevamo, per esempio, che nel campo della ricerca sulla fibrosi cistica (un’altra malattia genetica molto più diffusa) erano in fase di studio alcuni composti chiamati proprio correttori del CFTR (la proteina coinvolta nella fibrosi cistica). Anche nel caso della fibrosi cistica, infatti, il difetto genetico può produrre una versione del CFTR che assume una “forma sbagliata”. Abbiamo quindi iniziato a studiare se queste molecole potevano risultare efficaci nel correggere anche i sarcoglicani».

Nello studio, grazie all’intuizione di Doriana Sandonà, i correttori del CFTR si sono dimostrati efficaci nel riportare i sarcoglicani nella membrana di cellule modello.

Il contributo di Telethon alla ricerca sulla sarcoglicanopatia

Questi dati sono stati successivamente confermati su mioblasti provenienti da un paziente affetto da sarcoglicanopatia. Le cellule da donatore sono state fornite al gruppo di ricerca  dalle Biobanche di Fondazione Telethon. I mioblasti sono cellule muscolari non completamente differenziate che, stimolate opportunamente, possono essere indotte a formare miotubi, ovvero cellule più mature che rappresentano lo stadio immediatamente precedente a quello della fibra muscolare adulta. I miotubi esprimono i sarcoglicani, quindi è possibile studiare direttamente in queste cellule patologiche il potenziale effetto “correttivo” delle molecole studiate.

«Questo, tra i modelli di studio disponibili, è quello che meglio descrive la patologia umana – prosegue Doriana Sandonà. – Manca infatti un modello animale. Per noi ricercatori è stato fondamentale poter disporre di questi mioblasti, quindi ringraziamo la persona che ha donato le sue cellule alla ricerca. Siamo inoltre grati alla Fondazione che cura il network delle Biobanche di Fondazione Telethon, una preziosa collezione di più di 95.000 campioni biologici rappresentativi di oltre 850 malattie genetiche rare».

Implicazioni dei risultati dello studio su cellule con sarcoglicanopatia

Il dato più rilevante emerso dallo studio sui miblasti è la riduzione della fragilità della membrana misurata dopo trattamento con i correttori.

Le molecole utilizzate come correttori, inoltre, sono di piccole dimensioni, quindi facilmente somministrabili e in grado di raggiungere agevolmente tutti i distretti muscolari, compreso il cuore.

«Rimane ancora molto da fare prima che uno dei correttori identificati in questo lavoro, o un loro derivato, possa trasformarsi in una terapia efficace per curare le sarcoglicanopatie – conclude Doriana Sandonà – ma riteniamo di aver compiuto un passo decisivo verso l’identificazione di una terapia farmacologica applicabile a un’alta percentuale di pazienti. Questo approccio terapeutico potrebbe inoltre avere successo anche nell’ambito di altre malattie attualmente incurabili, accumunate da meccanismi patogenetici simili a quelli delle sarcoglicanopatie».

I risultati dello studio permettono infine di ipotizzare che sia sufficiente correggere soltanto una quota delle proteine difettose per ottenere un miglioramento nella “salute” delle fibre muscolari e, quindi, dei pazienti.