La pausa estiva inizia con una notizia inattesa, almeno nei tempi. Si è già concretizzato quello che nelle aspettative di Massimo Scaccabarozzi (complici i calcoli errati, come lui stesso “accusa”, degli analisti e dei player del settore) avrebbe dovuto accadere nel giro di almeno un anno: il sorpasso dell’Italia sulla Germania nella produzione farmaceutica. Un risultato di cui il presidente di Farmindustria va giustamente orgoglioso e che individua come punto di partenza per attrarre nel nostro Paese nuovi investimenti e vincere la competizione internazionale sulle risorse finanziarie delle imprese, perché, dice: «Le risorse vanno dove il sistema funziona meglio».

L’annuncio fa seguito a un’altra buona nuova: il completamento da parte di Dompé del ciclo di investimenti per l’ampliamento del sito di produzione e R&D de L’Aquila, un ulteriore segnale della vitalità del comparto, della propensione all’innovazione e della volontà di investire sul territorio da parte delle aziende del Pharma.

Segnali forti, quindi, ma lo stesso Sergio Dompé aveva ultimamente messo sull’avviso: «In Europa siamo i numeri uno, ma su questo bisogna avere l’intelligenza di non gonfiare il petto, di non sentirsi “arrivati”, perché gli altri Paesi non stanno a guardare e quando pensi di averli distanziati, ti accorgi invece che ti hanno raggiunto».

Cosa serve per mantenere il primato?

Quale la ricetta da seguire per continuare su questa strada e perseguire un modello competitivo premiante? Come rendere sostenibile l’innovazione in ambito sanitario e farmaceutico?

La risposta a questi interrogativi è stata tracciata, almeno in parte, durante la sessione plenaria del Simposio AFI, laddove si è cercato di individuare un nuovo modo di ragionare sulla governace del farmaco, che deve essere ripensata in un’ottica aziendale, mettendo sui piatti della bilancia profitti e perdite, e cercando di superare la logica dei silos messa in campo finora per approdare a una visione più olistica del problema, rinunciando a una concezione individualista, cercando di creare alleanze trasversali e implementando la comunicazione tra gli stakeholder. Una governace “di lungo respiro” – come la definisce Scaccabarozzi – che si basi appunto su «nuovo modello di finanziamento, su un sistema di regole certe e stabili, sul superamento della logica dei tetti e sull’uso efficiente di risorse pubbliche adeguate che devono essere destinate alla farmaceutica e rimanere nel settore».

«Servono – ribadisce Scaccabarozzi – finanziamenti adeguati, meccanismi più moderni di gestione della spesa, il rispetto della proprietà intellettuale, la tutela del brevetto e del marchio, l’accesso ai nuovi farmaci rapido e omogeneo su tutto il territorio, per assicurare a tutti i cittadini il diritto alle cure migliori, ovunque essi vivano… affinché le big pharma siano veramente big nel continuare ad accendere qualche sorriso in più sul viso dei pazienti!».