Una delle metodiche attualmente più utilizzate e più vantaggiose per la biodecontaminazione di clean room, isolatori, attrezzature e prodotti medicali, è l’uso di perossido di idrogeno come agente sterilizzante. Questa tecnica è tra le predilette nel settore farmaceutico perché rappresenta una valida alternativa alle sostanze che sono state più largamente utilizzate ma oramai riconosciute come molto pericolose per la salute umana (fumigazione con formaldeide, acido peracetico, diossido di cloro, ozono).

Perossido di idrogeno

Il perossido di idrogeno (H2O2) è un forte ossidante con un elevato potere antimicrobico sia nei confronti di un’ampia quantità di batteri sia per le spore batteriche, notoriamente le più resistenti alla biodecontaminazione.

La storia

La sua introduzione risale alla fine degli anni ’80 associata all’innovativa tecnica del Gas Plasma, applicabile soprattutto alla sterilizzazione di prodotti chirurgici e Dispositivi Medici, anche se con precise limitazioni a causa di incompatibilità con alcuni comuni materiali di confezionamento. Nell’ultimo decennio si sono sviluppate e affermate tecniche che sfruttano il potere biodecontaminante dei vapori di H2O2.

Perossido di idrogeno vaporizzato (VPHP)

Il vapor-Phase Hydrogen Peroxide (VPHP) è registrato dalla Environmental Protection Agency (EPA) come agente sterilizzante. Inoltre è riconosciuto dalle maggiori linee guida del mondo farmaceutico e si presenta in diverse forme.

VPHP secco: il vapore acqueo/perossido (al 35%) è generato in flash, non necessariamente nelle vicinanze della zona di sterilizzazione, a una concentrazione che sia mantenuta al di sotto di quella corrispondente al punto di rugiada, trasportato abbastanza semplicemente nelle canalizzazioni. La buona diffusione interna del vapore e l’assenza di condensazione che riducono l’aggressività sui materiali, sono bilanciati da un ciclo più lungo e un pretrattamento deumidificante.

VPHP umido: il vapore viene generato e immesso in fase microcondensata in condizioni di sovrasaturazione dell’aria, e quindi per evitare condensazioni nei circuiti di ventilazione è preferibile generarlo nelle vicinanze. L’assenza di fase di deumidificazione e una maggiore velocità di sterilizzazione sono bilanciati da una maggiore difficoltà nel raggiungere uniformità di distribuzione e una fase di aerazione e lavaggio più lunga.

Uso degli impianti HVAC

Per la biodecontaminazione di clean room un’innovativa alternativa prevede la stretta integrazione tra il generatore di perossido d’idrogeno e il sistema di condizionamento dell’aria dell’area da trattare. Grazie all’uso di un sistema HVAC ben funzionante (Heating, Ventilation and Air Conditioning, requisito necessario per il controllo dei processi di produzione farmaceutica) è possibile avere una distribuzione omogenea di H2O2 in tutta l’area da trattare. Questo senza l’installazione di ventilatori ausiliari da inserire in ambiente per favorire la diffusione dell’agente sterilizzante e con la possibilità di biodecontaminare le canalizzazioni, se e quando necessario.

Biodecontaminazione non solo della clean room

Tale tecnica, utilizzando l’aria come vettore di diffusione, può essere utilizzata anche per la sterilizzazione di filtri assoluti all’interno di cappe di sicurezza biologica e canalizzazioni presenti nelle aree da trattare. È una metodica versatile che può essere utilizzata per il trattamento di pass-box, cappe di sicurezza biologica, isolatori e clean room con volumi sia piccoli che grandi. Inoltre è possibile effettuare il trattamento di biodecontaminazione di spazi definiti nelle zone di riempimento e chiusura di contenitori per liquidi sterili o prodotti che necessitano di ambiente asettico.