Botanicals garantire materie prime vegetali di qualità per gli integratori
Botanicals garantire materie prime vegetali di qualità per gli integratori

Quello delle matrici vegetali è un mondo in forte evoluzione che promette grandi soddisfazioni nel settore degli integratori alimentari e della salute in generale. Garantire materie prime di qualità non è però semplice, complici le numerose normative da seguire, la mancanza di armonizzazione tra i Paesi e alcuni buchi normativi.

Botanicals, garantire materie prime di qualità richiede attenzione lungo tutta la filiera. Mancano linee guida armonizzate
Botanicals, garantire materie prime di qualità richiede attenzione lungo tutta la filiera. Mancano linee guida armonizzate

Il tipo di piante ammesse negli integratori alimentari è definito nell’allegato 1 del DM 10 agosto 2018; si tratta di una lista unica che unisce la precedente lista positiva proposta dal Ministero e la lista Belfrit (allegati 1 e 1bis del DM 9 luglio 2012), ovvero il tentativo, rimasto tale, di armonizzazione tra Belgio, Francia e Italia.

Come specificato al punto 3.2 dell’allegato 2 del DM, negli integratori alimentari sono ammesse solo “sostanze e preparati derivanti da piante o parti di esse che hanno maturato una storia tradizionale di consumo come prova della loro sicurezza”. Anche le tecniche di preparazione devono essere “tradizionali”, altrimenti subentra il regolamento UE 2015/2283 sui novel food.

Rischio di contaminazione lungo tutta la filiera

Il consumo aumentato di erbe officinali nel mondo ha sollevato il problema della loro sicurezza per l’impiego nell’uomo. In alcuni casi, gli eventi avversi documentati in letteratura sono attribuibili alla scarsa qualità sia delle materie prime di origine vegetale che dei prodotti finiti.

I problemi associati agli standard qualitativamente bassi delle materie prime vegetali sono sostanzialmente dovuti a contaminazioni da metalli pesanti, pesticidi, micotossine, microrganismi o anche altri tipi di piante. E il problema può colpire a tutti i livelli della filiera, a partire dal seme, la coltivazione, alla fase di raccolta, alle procedure di estrazione e di trasporto. «Il quadro è chiaramente più complicato e complesso rispetto ai prodotti di sintesi, per i quali la standardizzazione è più facile e fattibile», spiega Marinella Trovato, segretario generale di SISTE (Società Italiana di Scienze Applicate alle Piante Officinali e ai Prodotti per la Salute).

Leggi i rischi di contaminazioni accidentali o “intenzionali” degli integratori di origine vegetale raccontati da Paola Moro del Centro Antiveleni di Milano

Il quadro è chiaramente più complicato e complesso rispetto ai prodotti di sintesi, per i quali la standardizzazione è più facile e fattibile

C’è chi sceglie la filiera corta

Il responsabile dell’integratore alimentare è chi lo immette sul mercato. Deve avere in mano tutti i documenti e certificazione che possano garantire la qualità del suo prodotto finito in tutte le fasi  «Purtroppo le visite ispettive da parte degli organi ufficiali, ASL e istituti zooprofilattici e l’Istituto Superiore di Sanità, sono a campione e nella maggior parte dei casi si attivano in caso di una segnalazione», sottolinea Marinella Trovato.

«La normativa italiana è una delle più severe e proprio per questo è di maggiore garanzia. Nella maggior parte, il problema di contaminazioni è attribuibile a materie prime importate da Paesi che hanno una legislazione distante dalla nostra – ha affermato Heide De Togni, direttore tecnico di Pegaso-Per questo motivo noi per i nostri integratori preferiamo utilizzare materie prime vegetali coltivate e lavorate in Italia, con filiera corta, e nel caso di piante che non possono essere coltivate nel nostro Paese scegliamo fornitori in Canada o in quei Paesi europei che hanno una legislazione più simile alla nostra, e con sedi facilmente raggiungibili. Non abbiamo infatti una struttura che ci consente di organizzare audit in Paesi come la Cina o i Paesi orientali in generale».

Chi crea partnership

La dimensione dell’azienda è un fattore importante nei processi di garanzia della qualità delle materie prime. «Disporre di un proprio laboratorio può aiutare ad amortizzare i costi di analitici, visto che i controlli a cui sottoporre le materie prime sono davvero tanti, – afferma Francesco Nicotra, Sales Director di EPO (Estratti Pianti Officinali, srl) – Cerchiamo, inoltre, di creare sinergie positive con i nostri fornitori e clienti e quindi a monte e a valle della filiera. In questo modo possiamo assicurarci che i controlli effettuati siano corretti e adeguati alle nostre esigenze. Per fare un esempio concreto, quando possibile cerchiamo di creare delle partnership con gli agricoltori, ai quali forniamo i nostri semi selezionati. E’ un modello positivo che non solo garantisce la qualità, ma consente di ridurre i costi e i tempi di lavorazione».

È un modello positivo che non solo garantisce qualità, ma consente di ridurre costi e tempi di lavorazione

In attesa di linee guida armonizzate

La scelta della filiera corta, secondo Marinella Trovato, è certamente una opzione interessante, tuttavia non sempre applicabile: «Il 70% delle materie prime di origine vegetale viene dall’estero, – afferma Trovato – Investire sulla coltivazione delle piante che al momento non crescono in Italia potrebbe essere uno sbocco interessante e ridurrebbe molti dei problemi attuali. La vera questione rimane, però, la mancanza di armonizzazione legislativa tra paesi e anche alcuni buchi normativi. Tra tutte le norme non è facile districarsi, ecco perché come associazione abbiamo scritto delle linee guida di orientamento in tema di qualità delle materie prime. Il vero passo in avanti sarà fatto solo quando avremo norme chiare ed univoche almeno a livello europeo».

70 mila specie interessanti per la salute

Quello delle matrici vegetali è certamente un mondo complicato. I controlli da effettuare per garantire materie prime di qualità sono tantissimi, difficili da standardizzare.

Le normative non sono uniformi, armonizzate tra i diversi Paesi, neppure in Europa e in alcuni casi sono anche mancanti.

Le piante sono tantissime, 70mila specie potrebbero essere interessanti per la salute e di queste fino ad oggi ne sono state studiate solamente 5000 (dati OMS). «C’è ancora tanto da fare e forse proprio per questo quello delle matrici vegetali è un mondo affascinante e che può dare risposta alla carenza di principi attivi del farmaceutico. È un settore in fortissima evoluzione che darà soddisfazioni», ha concluso Marinella Trovato.