I dati real-world, che vengono acquisiti in un flusso informativo continuo alimentato dalle quotidiane registrazioni nelle cartelle cliniche elettroniche, a cui si sommano tutti gli altri dati sanitari che entrano nel flusso dei ‘big data’, rappresentano il cuore pulsante dei futuri modelli non solo di sviluppo farmaceutico, ma anche di organizzazione dei sistemi sanitari. Sistemi che rientrano nella definizione di ‘learning healthcare system’, ovvero sistemi in ‘formazione continua’ secondo i nuovi approcci basati sull’intelligenza artificiale e gli algoritmi di machine- e deep-learning: il nuovo quadro di riferimento è delineato in un recente articolo pubblicato su Clinical Pharmacology and Therapeutics e che vede tra gli altri la firma del direttore generale dell’Agenzia europea dei medicinali, Guido Rasi (oltre che dei responsabili delle autorità regolatorie di Germania, Danimarca e Portogallo, dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e di alcune università).

Sistemi sanitari in formazione continua

Dall’R&D alle decisioni regolatorie e di health technology assessment (Hta), fino alle applicazioni pratiche in clinica, nulla sfugge alla pervasività del potenziale applicativo dei dati real-world. Potenziale che però richiede una maggiore implementazione dei sistemi di cartella clinica elettronica, attualmente sottoutilizati, per la raccolta dei dati dei pazienti, e di tutti i sistemi informativi necessari a gestire ed elaborare la massa complessiva delle informazioni sanitarie.

L’articolo definisce i learning healthcare systems come “scienza, informatica, incentivi e cultura allineati per il miglioramento continuo e l’innovazione, con le best practice inserite senza soluzione di continuità nel processo di erogazione, e la nuova conoscenza catturata quale sotto-prodotto integrale dell’esperienza erogata. …[Questi sistemi]…usano esplicitamente gli approcci tecnici e sociali per imparare e migliorare con ogni paziente che viene trattato”. Il nuovo modello vedrà un sempre maggiore affiancamento delle evidenze real-world ai dati provenienti dagli studi clinici tradizionali, anche se ancora molte barriere devono cadere per rimuovere le attuali divisioni tra ricerca strutturata e pratica medica quotidiana, storicamente create per proteggere i pazienti dagli effetti ancora sconosciuti e potenzialmente pericolosi dei nuovi farmaci sotto sperimentazione. Proprio la possibilità di sfruttare appieno quest’ultimo tipo di informazione potrebbe aprire la porta a insights calati sulla popolazione reale dei pazienti, non su quella selezionata degli studi randomizzati. Lo studio non fa, invece, riferimento, ai dati sanitari e sugli stili di vita raccolti attraverso gli smartdevice.

Cambiare il paradigma della ricerca

L’articolo discute i limiti dell’attuale paradigma alla base dello sviluppo farmaceutico “research-setting”, in cui i dati vengono generati secondo gli obiettivi dei ricercatori e si basano su precisi protocolli, piuttosto che essere ‘care-driven’. Secondo gli autori, questo modello soffre di limiti legati alla complessità, ai costi e alla durata della generazione prospettica dei dati e all’incapacità d’identificare gli effetti rari legati al trattamento, che si presentino ad esempio su un paziente ogni mille. I grandi studi osservazionali sono l’unico strumento per identificare aumenti modesti di un certo evento rispetto al rumore di fondo.
A ciò si aggiungono le sfide poste dal numero crescente di farmaci innovativi che arrivano al mercato, spesso con cammini regolatori agevolati e con costi di erogazione molto elevati. Tali prodotti sono soggetti a monitoraggio post-approvazione che può durare anche molti anni, basti pensare al fatto che molte terapie geniche o cellulari vengono somministrate una sola volta, e gli effetti collaterali potrebbero manifestarsi anche a distanza di molto tempo.
Anche la varianza dell’esito terapeutico osservato tra individui diversi assume un ruolo del tutto nuovo e di primo piano nel nuovo modello di medicina personalizzata, che punta a identificare i pazienti più responsivi a un certo trattamento.

Uno sforzo coordinato

La raccolta dei dati è solo il primo passo del processo, altrettanto importanti sono gli aspetti di  protezione dei dati personali, espressione del consenso informato, regolazione dell’accesso ai dati e etica del loro utilizzo. Proprio per questo, l’articolo richiama tutti gli stakeholder alla necessità di coordinare meglio gli sforzi a livello internazionale affinché si possa davvero realizzare il nuovo modello di ‘learning healthcare system’. In particolare, gli autori sottolineano come esistano ancora molte differenze tra i diversi paesi per quanto riguarda la possibilità di uso secondario dei dati sanitari raccolti.
Su queste basi, i rappresentanti del mondo regolatorio, della ricerca e della cooperazione economica che hanno firmato l’articolo suggeriscono tre diverse linee di azione per facilitare la rapida implementazione del nuovo modello, a partire dall’alimentare il dibattito a tutti i livelli sui questi temi e sulle resistenze che attualmente ne frenano l’affermarsi. Lo scambio delle best practice, inoltre, dovrebbe farcilitarne la diffusione in tutti i paesi, partendo dall’esempio di quelli più avanti sul cammino. Infine, superare le resistenze, in quanto “le persone che dicono che non si può fare non dovrebbero interrompere chi lo sta facendo”.