Il fervente dibattito sull’Spc manufacturing waiver in corso presso le istituzioni europee si arricchisce della posizione di Efpia, la Federazione dell’industria farmaceutica europea, dopo i violenti attacchi portati nelle scorse settimane dalla rappresentanza dei genericisti (ne avevamo parlato qui e qui).
La posizione dell’industria originator è riassunta in un post sul sito di Efpia firmato dal direttore generale, Nathalie Moll, e pubblicato sul sito della Federazione lo scorso 25 ottobre.

Un segnale d’indebolimento della protezione IP in Europa

Secondo Moll, la proposta della Commissione europea di una deroga ai certificati di protezione complementare finalizzata all’export potrebbe mandare un segnale negativo sul fatto che l’Europa stia indebolendo il proprio impegno rispetto agli incentivi per la proprietĂ  intellettuale e l’innovazione. “Tuttavia – scrive Moll – riconosciamo anche gli sforzi per chiarire lo scopo della proposta e introdurre delle salvaguardie, mitigare i possibili effetti spill-over che eroderebbero ulteriormente i diritti IP e potrebbero avere (l’effetto perverso) di disincentivare gli investimenti in Europa, mettendo a rischio il lavoro e la crescita economica, come pure l’avanzare delle cure per i pazienti”.

Un appello alla chiarezza e certezza legale

L’appello dell’industria originator ai legislatori europei è quindi quello di assicurare la chiarezza e la certezza legale del campo di applicazione della deroga e delle condizioni per la sua applicazione. I punti proposti da Efpia riprendono la proposta originaria della Commissione Europea, a partire dalla possibilità di ottenere deroghe all’Spc unicamente per scopi di export, senza concessioni ai genericisti sul fatto di poter lanciare i propri prodotti sul mercato europeo fin dal Day-1 di scadenza del certificato di protezione complementare.
Tutto il processo dovrebbe essere basato, scrive la rappresentante di Efpia, sulla massima trasparenza e certezza legale per tutte le parti in esso coinvolte, attraverso un sistema puntuale e “equo” di notifiche e la previsione di una specifica etichettatura che identifichi chiaramente i prodotti destinati all’export, impedendo che essi possano essere ri-diretti sul mercato europeo o in esso lanciati prima della scadenza dell’Spc. L’applicazione delle nuove norme, inoltre, non dovrebbe essere retroattiva.
Nathalie Moll ricorda anche come l’Spc permetta di compensare i tempi di sviluppo di un nuovo prodotto, che “bruciano” circa la metà della vita brevettuale utile di un prodotto farmaceutico. L’industria europea dei farmaci innovativi investe ogni anno 35 miliardi di euro in ricerca e sviluppo (dati Efpia) e assicura oltre 750 mila posti di lavoro nel Vecchio Continente.

Alcuni esempi di come potrebbe venire frenata l’innovazione

“Quanti metterebbero soldi su una scommessa data 10 mila a 1?”, si chiede Nathalie Moll a proposito delle probabilità che un nuovo farmaco concluda con successo tutto il percorso di sviluppo e arrivi al mercato. La stabilità e prevedibilità del quadro di riferimento per la protezione della proprietà intellettuale sarebbe fondamentale, per il dg di Efpia, affinché le industrie originator e i loro azionisti possano continuare a sostenere questa scommessa. “Destabilizzare questo quadro di riferimento, ridurlo, e gli investimenti diventano troppo un rischio”, sottolinea Moll, che aggiunge anche come gli Spc rappresentino un elemento fondamentale di tale quadro.
Il direttore generale di Efpia porta nel suo articolo anche alcuni esempi di farmaci che grazie all’estensione della protezione brevettuale garantita dall’Spc hanno potuto trovare una nuova vita. Il primo principio attivo citato è fingolimod, un modulatore del recettore per la sfingosina-1-fosfato (S1P) inizialmente sviluppato come immunosopressore e poi approvato con procedura centralizzata come disease modifying therapy (DMT) nella sclerosi multipla recidivante-remittente ad elevata attività.
Il secondo esempio riportato da Nathalie Moll è quello di secukinumab, che è in corso di sperimentazione per il trattamento della spondilite anchilosante e della psoriasi (ne abbiamo parlato qui). Secondo Moll, i trial clinici sul prodotto si sono protratti a lungo come conseguenza della complessità dell’arruolamento dei pazienti, sia adulti che pediatrici. Ritardi che avrebbero trovato proprio nell’Spc la ragione per proseguire gli investimenti finalizzati all’approvazione del prodotto.