Fusion Pharmaceuticals ha dato vita a una collaborazione con il colosso del farmaceutico AstraZeneca per sviluppare e commercializzare radiofarmaci alfa-emittenti di prossima generazione. Fusion è un’azienda specializzata in trattamenti oncologici e focalizzata sullo studio di radiofarmaci nell’ambito della medicina di precisione, in particolare sulle combinazioni fra isotopi radioattivi e molecole con funzioni di targeting delle cellule tumorali al fine di limitare il danno al tessuto sano.

La company con sede in Ontario e a Boston metterà a disposizione la sua piattaforma Targeted Alpha Therapies (TATs), per esplorare efficacia e sicurezza di specifiche combinazioni di TATs e antitumorali prodotti da AstraZeneca, da applicare nell’approccio a diversi tipi di neoplasie. Fra queste soluzioni terapeutiche, anche il suo candidato di punta FPI-1434, mentre fra gli elementi principali di AstraZeneca, Tagrisso® (indicato per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule) e Lynparza® (farmaco sviluppato da Daiichi Sankyo nel 2019 per la terapia di alcuni tumori associati a mutazioni del gene BRCA). Mentre Fusion si occuperà dello sviluppo preclinico, la big britannica seguirà la fase clinica.

Per le nuove TATs le compagnie condivideranno i costi di sviluppo: Fusion beneficerà dei diritti di co-promozione negli Stati Uniti, mentre AstraZeneca incasserà i diritti di commercializzazione nel resto del mondo. Entrambe avranno un 50/50 di profitti e perdite su tutto il mercato globale. Con questa operazione AstraZeneca si predispone una breccia per fare ingresso nel settore della radiofarmaceutica, un’area nella quale la rivale Novartis si sta espandendo  con decisione. In questa direzione la company svizzera ha, infatti, investito circa sei miliardi di dollari: una cifra che le ha consentito l’acquisizione di Endocyte, un’azienda statunitense specializzata nello sviluppo di radioligandi, e Advanced Accelerator Applications, iniziativa quest’ultima, che ha portato all’approvazione di Lutathera®, farmaco indicato per il trattamento dei tumori neuroendocrini.

Parallelamente, Novartis ha anche acquisito per 280 milioni di dollari la biotech Vedere Bio, nella prospettiva d’espansione del suo potenziale nella terapia genica per il trattamento delle patologie dei fotorecettori che causano perdita della vista. Con questa mossa, il gruppo svizzero si è assicurato la possibilità di usufruire delle prestazioni di una nuova piattaforma per l’erogazione delle terapie geniche basate su virus adeno-associati che permettono il trattamento dei pazienti tramite iniezione intravitreale e forniscono un programma di optogenetica che rivoluziona l’approccio preventivo alle patologie correlate alla perdita della vista. Tecnologie che includono proteine sensibili alla luce impiegate per sostituire l’attività dei fotorecettori danneggiati dalla malattia. Queste nuove procedure potrebbero estendere significativamente la platea di pazienti affetti da patologie dei fotorecettori trattabili per la perdita della vista.