Uno studio dell’Istituto Auxologico Italiano fa luce sulla possibilità di usare motoneuroni ricavati dal sangue per migliorare la ricerca sulla SLA e individuare potenziali trattamenti terapeutici personalizzati.

Uno studio ha permesso di usare motoneuroni ricavati dal sangue per migliorare la ricerca sulla SLA
Uno studio della neurologia dell’Istituto Auxologico Italiano guidata da Vincenzo Silani ha permesso di usare motoneuroni ricavati dal sangue per migliorare la ricerca sulla SLA

La ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica si arricchisce di un nuovo strumento: la possibilità di studiare in laboratorio colture di motoneuroni ottenuti a partire da cellule emopoietiche prelevate con sangue periferico dei pazienti. Fino a oggi, per confrontare motoneuroni di soggetti malati con quelli di persone sane, erano state usate cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) ricavate da fibroblasti cutanei. Questo nuovo approccio è giustificato dalla scarsa invasività e semplicità di esecuzione di un prelievo di sangue periferico e dalla possibilità di replicare l’approvvigionamento di cellule dallo stesso paziente.

Lo rivela uno studio condotto presso il Laboratorio di Neuroscienze dell’Irccs Istituto Auxologico Italiano, firmato da Patrizia Bossolasco, Francesca Sassone, Valentina Gumina, Silvia Peverelli, Maria Garzo e Vincenzo Silani.

Lo studio Motor neuron differentiation of iPSCs obtained from peripheral blood of a mutant TARDBP ALS patient è stato pubblicato da Stem Cell Research (2018 May 17;30:61-68. doi: 10.1016/j.scr.2018.05.009).

Il lavoro ha previsto la riprogrammazione di cellule somatiche adulte (emopoietiche) in cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) e il loro successivo differenziamento in cellule motoneuronali.

«I motoneuroni ottenuti sia da un paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sia da un controllo – afferma la ricercatrice Patrizia Bossolasco  – rappresentano la prima evidenza in assoluto di potere studiare cellule motoneuronali differenziate in vitro ottenute dal circolo periferico».

«L’evidenza sperimentale costituisce una vera e propria prova di principio – aggiunge Vincenzo Silani, primario di neurologia dell’Istituto Auxologico Italiano, Centro Dino Ferrari Università degli Studi di Milano, dove è professore ordinario – che conferma il nostro impegno a definire i meccanismi di malattia sulle cellule dello stesso paziente».

Dalle iPSCs ricavate da fibroblasti cutanei alle iPSCs derivate da cellule emopoietiche

Le iPSCs, sviluppate da Shin’ya Yamanaka (premio Nobel per la medicina 2012), consentono di ottenere cellule staminali con caratteristiche del tutto paragonabili a quelle embrionali, partendo però da cellule adulte e nel caso specifico dalla cute. Queste cellule sono quindi prive di tutte le limitazioni etiche correlate all’utilizzo di embrioni. Le iPSCs possono essere successivamente differenziate in qualsiasi tipo cellulare, rivelandosi quindi un efficacissimo modello di studio in vitro. Sono particolarmente utili per studiare le malattie neurodegenerative in quanto la possibilità di ottenere cellule neuronali patologiche per studi in vitro da soggetti vivi è pressoché nulla senza procedure invasive.

In questo nuovo studio sono state ora riprogrammate cellule periferiche da un paziente affetto da SLA. In particolare, sono state differenziate cellule motoneuronali che hanno mantenuto le caratteristiche biomolecolari del paziente, portatore di una mutazione patogenetica nel gene TARDBP (p.A382T).

«La proteina codificata mutata TDP-43 – spiega Patrizia Bossolasco – è risultata essere preferenzialmente localizzata nel nucleo ma con tendenza alla delocalizzazione nel citoplasma rispetto al controllo, potenzialmente avviando il processo neurodegenerativo motoneuronale ben conosciuto nel paziente».

«Questo notevole risultato – prosegue Vincenzo Silani – testimonia la nostra perseveranza nel voler ottenere un modello cellulare in vitro da accostare al paziente: nel 1998 avevamo firmato la prima evidenza di un possibile isolamento di motoneuroni umani utilizzando metodiche di separazione cellulare per il recettore al Nerve Growth Factor (NGF) o p75-NGF-R, e ora apriamo un nuovo scenario per individuare molecole potenzialmente attive sullo stesso paziente che abbiamo in studio. La raccolta di biomarcatori si arricchisce, quindi, di cellule che potranno condurci a una terapia personalizzata e più efficace».

Insieme a un numero sempre crescente di pubblicazioni scientifiche riguardanti le iPSCs, questo lavoro contribuisce a dimostrare la validità di un modello in vitro e ad avvalorare le infinite prospettive future per lo studio di numerose patologie.

L’Irccs Istituto Auxologico Italiano vanta una vasta esperienza di staminologia che oggi si arricchisce di un nuovo efficace modello grazie al perseverante impegno dei ricercatori, volti all’obiettivo di trovare strumenti funzionali alla definizione della miglior terapia non soltanto per la SLA ma per le malattie neurodegenerative più in generale quali le demenze e le malattie extrapiramidali.

«La possibilità di ottenere cellule staminali totipotenti dal sangue periferico del paziente – conclude Vincenzo Silani – rappresenta un’opportunità senza precedenti di avere cellule poi differenziabili in ogni fenotipo cellulare necessario senza limitazione di prelievo: il paziente potrà fornire tutte le volte necessarie un prelievo di sangue. I fenotipi cellulari potranno essere programmati: se serviranno cellule neuronali, potremo pianificare tutti i sottotipi richiesti e questo vale anche per gli oligodendrociti, gli astrociti e così via. Non ultima la possibilità di ottenere organoidi, cioè agglomerati tridimensionali di cellule che mimano un organo, come l’attuale letteratura inizia a dimostrare. La possibilità di ottenere con facilità cellule neuronali dal paziente è anche un’opportunità di studio per possibili terapie personalizzate nel singolo paziente. Si conclude così il progetto che avevamo in animo da tempo di apprestare una biobanca di cellule dei nostri pazienti da usare unitamente al loro DNA, al loro siero e al loro liquor per decifrare la patogenesi della loro specifica malattia».