Ibsa Farmaceutici Italia ha già provveduto ad adeguarsi al Regolamento delegato 2016/161 UE che applica la direttiva 2011/62/UE in materia di falsificazione dei medicinali. Tale regolamento stabilisce norme dettagliate per dotare di opportuni requisiti di sicurezza l’imballaggio dei medicinali per uso umano, e garantire così all’utilizzatore finale che il farmaco lungo tutta la filiera dalla produzione alla distribuzione non sia stato manomesso né contraffatto.

Il regolamento deve essere applicato a partire dal 9 febbraio 2019 e tutti i titolari di Aic degli stati membri (ad eccezione per il momento di Belgio, Italia, Grecia che seguiranno), sono tenuti ad attuare entro quella data le modifiche necessarie alla sua messa in atto, se vogliono continuare a vendere i propri prodotti all’estero.

Riguardo alle modalità attraverso le quali IBSA ha recepito e attuato le procedure antimanomissione e antifalsificazione, ce ne parla Alessandro di Martino, plant manager e QP di IBSA Farmaceutici Italia.

Qual è la realtà aziendale di IBSA Italia?

Nata nel 2009 sul sito della ex Gelfipharma a Lodi, IBSA Farmaceutici Italia è la più grande filiale del gruppo IBSA SA, che ha sede in Svizzera, a Lugano. Il gruppo è presente con i suoi prodotti in 5 continenti e in oltre 80 Paesi e impiega complessivamente circa 1.800

Alessandro di Martino, Ibsa
Alessandro di Martino

persone, di cui 520 in Italia, per un totale di 10 filiali in Europa e negli Stati Uniti, e dispone di 25 siti produttivi dislocati in Svizzera, Italia e Cina.

IBSA Farmaceutici Italia ha il suo headquarter a Lodi ove ha sede anche la consociata Bouty che verrà a breve fusa per incorporazione, mentre gli uffici di rappresentanza sono a Roma.

Nello stabilimento di Lodi vengono prodotti iniettabili sotto forma di fiale siringa preriempite e di fiale tradizionali (sia in asepsi che con sterilizzazione terminale), topici in tubo e soprattutto in bombolette sotto pressione (Bov), capsule molli sia per il mercato farma sia per quello nutrizionale.

Lo stabilimento produttivo di Lodi presso cui lavorano 185 persone, ha prodotto nel 2017 circa 23,5 milioni di pezzi. A Lodi è situato pure il centro di ricerca e sviluppo dedicato allo studio di medical devices, iniettabili, integratori, film edibili.

Altri siti produttivi in Italia si trovano a Cassina de’ Pecchi, dove si producono film edibili e plaster e ad Avellino ove pure si producono plaster e materie prime. Le produzioni dello stabilimento di Lodi riforniscono la casa madre svizzera sotto forma di prodotti finiti e di semilavorati, e alimentano direttamente vari mercati, quali l’Italia, la Francia, l’Inghilterra, l’Ungheria, la Slovacchia, la Repubblica Ceca, la Grecia, la Spagna, la Turchia, i Paesi scandinavi e gli Usa.

Le tipologie dei medicinali prodotti dal gruppo IBSA coprono svariati campi di applicazione: ormoni per la fertilità, ormoni per la tiroide, antinfiammatori, cardiologici, urologici, dermatologici, osteoarticolari, respiratori, prodotti per la dermoestetica, integratori alimentari.

Quando avete introdotto il sistema Tamper Evident di IGB?

 Già oltre tre anni fa, nell’ottica di migliorare e promuovere l’immagine sul mercato del nostro prodotto al momento più venduto in Italia (circa 3,5 milioni di pezzi/anno ), consistente in blister di capsule molli Omega 3 ad altissima concentrazione per utilizzo cardiologico, vendute su prescrizione medica, avevamo esaminato con interesse la proposta di IGB, nostro fornitore storico di astucci, che ci aveva mostrato un particolare astuccio Tamper Evident da loro sviluppato, che rappresentava allora una certa novità.

Riguardo alla realizzazione di astucci Tamper Evident bisogna infatti sottolineare che IGB è stato praticamente tra gli antesignani sul mercato.

La soluzione di IGB consisteva in un interessante sistema “meccanico” di chiusura delle due patelle (lembi o alette) laterali dell’astuccio, in grado di preservare ed evidenziare l’inviolabilità dello stesso durante tutta il suo iter, garantendo così l’utente finale circa il mantenimento dell’integrità del contenuto.

Contemporaneamente il sistema doveva essere in linea con le normative europee, essere potenzialmente di pratica applicazione e, infine, economico. La proposta ci aveva subito interessato per cui fu presa in debita considerazione.

È evidente che prima di arrivare ad una conclusione con IGB abbiamo effettuato un’analisi tecnica ed economica riguardo alle possibili alternative offerte dal mercato, confrontando l’astuccio TE di IGB con le altre classiche e più diffuse modalità normalmente applicate per mantenere l’integrità di un astuccio e cioè il punto colla sulle patelle, l’applicazione dei sigilli di garanzia, la vrappatura dell’astuccio con film estensibile. Tuttavia la praticabilità di questi sistemi sulle nostre linee di confezionamento, per un verso o per l’altro, è stata giudicata non conveniente o non realizzabile, cosicché queste soluzioni sono state scartate vuoi per mancanza di spazi sufficienti per l’inserimento delle relative attrezzature, vuoi per gli elevati costi di acquisto delle stesse, vuoi per la necessità di manutenzione giornaliera o comunque periodica e, non certo da ultimo, per il fatto che in certi casi, alcuni di questi sistemi possono venire in qualche modo “aggirati” non permettendo quindi di evidenziare immediatamente l’avvenuta manomissione: non sono cioè in grado di garantire al 100% l’integrità della confezione.

Sulla base di tali conclusioni, abbiamo perciò preso concretamente in esame la proposta IGB, decidendo di procedere con le prime prove in linea.

Che tipo di test avete effettuato?

Dal momento che il sistema messo a punto da IGB è incentrato su una particolare modalità di incastro delle patelle laterali dell’astuccio che al momento dell’apertura causano una modifica irreversibile dell’astuccio, la nostra principale preoccupazione è stata la verifica durante il confezionamento che la linea blister (che lavora a oltre 200 pezzi/minuto), non subisse significativi rallentamenti rispetto all’utilizzo dell’astuccio non TE e che il numero di scarti rimanesse nei limiti di tolleranza.

Queste nostre esigenze hanno richiesto un discreto lavoro di sviluppo e di messa a punto del primo prototipo da parte del fornitore che, adeguandosi anche a nostre specifiche richieste, ha realizzato una serie di modifiche da noi via via testate, fino al raggiungimento delle condizioni operative volute, sia dal punto di vista della velocità della macchina, rimasta praticamente invariata, sia dal punto di vista degli scarti, estremamente bassi.

Tra le successive modifiche introdotte dal fabbricante, è degno di nota il fatto che il sistema permette anche ai non vedenti di verificare al tatto l’integrità dell’astuccio prima della sua apertura.

Da parte nostra gli adeguamenti tecnici sulla linea sono consistiti sostanzialmente nel solo inserimento di una telecamera in grado di rilevare l’astuccio non ben assemblato e quindi di provocarne lo scarto.

Il risultato è stato molto soddisfacente per cui ormai da circa 2 due anni e mezzo utilizziamo l’astuccio TE IGB per il nostro olio di pesce mentre nel frattempo abbiamo trasferito questa tecnologia su altre due linee di confezionamento, una per fiale siringa in blister e una per astucci contenenti bombolette da 100 g sotto pressione.

Ma è nostra intenzione estendere l’utilizzo di questo tipo di astuccio su tutte le nostre linee di confezionamento, adottando così un efficace sistema di garanzia anche per quei prodotti per i quali non è espressamente richiesto un sistema TE, come ad esempio i medical device.

Vi sono anche aspetti critici?

Dobbiamo dire che almeno un aspetto negativo esiste, riguardo alla necessaria precauzione di disporre sempre anche di un secondo fornitore. Essendo infatti il sistema TE di IGB molto caratterizzato e brevettato, risulterebbe impossibile sostituire questo astuccio con un altro esattamente identico e occorrerebbe adottare un’alternativa solo “simile”.

Ma a questo proposito, senza entrare in questa sede troppo nel merito, dobbiamo dire di aver esaminato altri astucci con sistema TE prodotti dalla concorrenza, e, anche nel caso di cartotecniche di primaria importanza, abbiamo verificato alcune lacune nelle loro proposte. In un caso addirittura, operando manualmente con un po’ di attenzione, siamo riusciti a manomettere, cioè ad aprire, l’astuccio senza danneggiarlo.

Tamper evident packaging

In cosa consiste tecnicamente il sistema realizzato da IGB?

Il sistema si basa sul l’incastro meccanico delle patelle in una sede dell’astuccio opportunamente studiata: quando il posizionamento di ciascuna patella è corretto, l’astuccio chiuso si presenta come un normale astuccio non TE, salvo per l’evidenza su ciascuna patella di due settori di colore blu, la cui presenza viene letta dalla telecamera che attesta l’avvenuto corretto incastro e quindi l’integrità dell’astuccio.

Viceversa se l’incastro non fosse corretto i due settori blu rimarrebbero coperti e non essendo letti dalla telecamera di controllo la confezione verrebbe scartata.

Nel momento in cui il “primo” utilizzatore apre l’astuccio, provoca il distacco irreversibile di un piccolo diaframma di cartone (“sigillo”) mettendo in evidenza un settore rosso sulla patella che rimane perfettamente visibile anche richiudendo l’astuccio e questo fatto conferma l’avvenuta apertura.

 

Come è stata accolta la vostra scelta dalla casa madre svizzera?

La nostra casa madre per la verità, all’inizio è rimasta un po’ perplessa riguardo alla soluzione che intendevamo adottare.

Tuttavia, dopo le nostre spiegazioni circa i motivi tecnici che portavano a questa scelta ed esaminati i primi campioni, hanno concordato sull’accettabilità del risultato, cosicché stanno adesso considerando anche loro di adottare lo stesso sistema su alcune loro linee.

È doveroso menzionare il fatto che questa soluzione è stata nel frattempo proposta anche ad un nostro cliente negli Stati Uniti al quale forniamo circa 350.000 pz/anno di un prodotto iniettabile in fiala siringa contenuta in blister. Il marketing Usa ha accolto con molto interesse la soluzione astuccio TE di IGB e ormai da circa due anni siamo presenti sul quel mercato con questa soluzione con piena soddisfazione dei clienti, visto che le vendite sono in costante crescita.

Quando abbiamo fatto la stessa proposta al nostro maggiore cliente europeo, la nostra consociata francese cui forniamo oltre 5,5 milioni/anno di un prodotto topico da 100 g in bombolette sotto pressione, ci hanno risposto con una certa sufficienza che questo sistema era praticamente sconosciuto in Francia.

Tuttavia una volta esaminati e testati i campioni che abbiamo insistito ad allestire, si sono ricreduti e, anche se la normativa per questo prodotto non richiede espressamente l’utilizzo di un astuccio TE, aspettano con ansia di ricevere a partire dall’inizio dell’anno prossimo il prodotto nella nuova presentazione. Hanno infatti valutato che questo improvement non può che giovare alla loro immagine e quindi all’aumento delle vendite, dovendosi confrontare con una concorrenza che non dispone di questa tipologia di sistema per garantire l’utente.

Come vi siete mossi invece nell’ambito della serializzazione?

Com’ è noto, il regolamento UE 2016/161, richiede che per proteggere un medicinale da possibili falsificazioni occorre mettere in atto un sistema informatico in grado di assegnare alla singola confezione un numero seriale univoco (la serializzazione, appunto) registrato in un database esterno, connesso e complementare con i dati di identificazione e di produzione della singola confezione e in grado di dialogare con la rete di tracciabilità comunitaria.

Il discorso, in questo caso, per la sua complessità e le relative implicazioni non è stato approcciato in maniera unilaterale come l’argomento antimanomissione, ma è stata effettuata la scelta di affrontare il problema a livello IBSA Corporate. Abbiamo quindi costituito una task force, un team di lavoro che ha coinvolto funzioni trasversali di filiali e consociate, valutando le diverse soluzioni che si sarebbero potute adottare a livello di gruppo. Scopo di questo approccio era utilizzare un sistema informatico unico con l’obbiettivo di contenere il più possibile i pesanti costi di adeguamento.

Come network aziendale è stato scelto Tracelink al quale ci affidiamo per la gestione dei passaggi fra la produzione e i vari enti, sia quello europeo (Emvo), sia gli altri enti territoriali dei singoli Paesi. Con i tecnici di Tracelink ci siamo confrontati con frequenza settimanale per trattare i vari temi e risolvere i numerosi problemi. Per la gestione del software di sito ci siamo affidati a SeaVision che gestisce la trasmissione e la gestione dei dati seriali.

Abbiamo condotto un approfondito studio linea per linea per individuare i prodotti da assoggettare alla serializzazione ed effettuato una verifica globale dei costi da affrontare per poter essere presenti in tutti i Paesi di interesse del gruppo.

I sistemi informatici e la trasmissione dei dati, una volta messi a punto, sono stati validati linea per linea.

Lo stabilimento di Lodi è quindi pronto per uscire sui tre mercati di sua competenza (Inghilterra, Ungheria, Rep. Ceca) con la produzione serializzata e antimanomissione entro il termine del 9 febbraio 2019.

Per la casa madre che rifornisce un numero ben più grande di Paesi l’impegno di attività e di risorse tecnico economiche è stato evidentemente molto impegnativo.

Da ultimo mi sia permessa una considerazione di carattere personale: il costante incremento di normative sempre più stringenti e vincolanti a livello nazionale, europeo ed extraeuropeo comporta per l’industria farmaceutica l’obbligo di crescere continuamente realizzando adeguamenti tecnici sempre più sofisticati

che si traducono in investimenti sempre più pesanti: ma è l’unica strada da percorrere per rimanere sul mercato. Questo aspetto rappresenta la vera sfida del futuro: quanti saranno in grado di vincerla?