Il 5 ottobre scorso si è tenuto a Roma, nella Sala capitolare del chiostro del Convento di Santa Maria Sopra Minerva in Piazza della Minerva 38, il 6° incontro nazionale annuale “La gestione dello scompenso cardiaco nell’era post covid-19: parliamone con i pazienti”.

Porzia De Nuzzo, Presidente dell’Associazione AISC, ha affermato nel suo discorso introduttivo che la pandemia di COVID-19 non ha fermato il lavoro dell’associazione teso a migliorare il più possibile la vita non solo dei malati di scompenso cardiaco ma anche di chi è affetto da malattie rare e croniche. In particolare, la presidente ha salutato i pazienti presenti e i loro rappresentanti indicati come palese “dimostrazione che il mondo del volontariato ha una risposta univoca alle necessità dei pazienti”.

La pandemia di Covid-19 se da una parte ha sfidato in modo impegnativo la medicina del territorio, dall’altra ha consentito di riprendere e sviluppare ancora meglio sia la telemedicina che i cosiddetti teleconsulti. Grazie a questi strumenti, infatti, è stato possibile mantenere i contatti con i pazienti a rischio senza doverli esporre al pericolo di contagio rappresentato dalla necessità di spostamenti per andare in uno studio medico o in ospedale.  

Il Professor Salvatore Di Somma, Professore di Medicina Interna presso L’Università La Sapienza di Roma e Responsabile Scientifico di Aisc, ha ricordato a sua volta come già da subito, nella fase iniziale della pandemia, fossero apparse evidenti le necessità di evitare la diffusione del contagio mediante la riduzione degli “afflussi inappropriati in ospedale e al Pronto Soccorso” e di “alleggerire il più possibile il carico delle strutture di emergenza ad un certo punto completamente assorbite dall’emergenza”. Da qui l’idea di ricorrere alla telemedicina e di “organizzare servizi di telemonitoraggio domiciliare per controllare il decorso dell’infezione nei pazienti positivi al virus ma che potevano essere curati a casa in quanto affetti da forme meno gravi”. Per questi motivi, ha aggiunto il responsabile scientifico di Aisc, è nato “il progetto pilota che abbiamo messo in atto presso la ASL di Latina” che prevedeva “la consegna di un kit a domicilio del paziente per la rilevazione di 4 parametri da inviare due volte al giorno alla centrale operativa dedicata e presidiata h24. In caso di parametri alterati indicati da appositi CUT-OFF scattava un allarme che allertava il medico specialista in pneumologia e un relativo protocollo di assistenza”.

I dati sul tememonitoraggio

Questo sistema di telemonitoraggio a domicilio è durato sei mesi e ha permesso la sorveglianza di 780 pazienti. Di questi, 325 soggetti positivi al Covid-19 presentavano altre malattie come diabete e obesità. Solo 24 malati hanno avuto la necessità di terapie urgenti, peraltro rapidamente erogate, che hanno permesso di risolvere la situazione senza dover ricorrere al ricovero ospedaliero o addirittura alle cure intensive. “E’ ormai chiaro che un intervento tempestivo nei soggetti covid 19 si traduce in un outcome migliore” ha puntualizzato il Professor Di Somma.

Dal canto suo, il Dottor Giorgio Casati, Direttore Generale della ASL di Latina, ha affermato che “il teleconsulto nei pazienti fragili può integrare il tessuto della medicina territoriale in un’ottica di innovazione per prevenire le complicanze di alterazioni delle condizioni dei pazienti. Il sistema ha il vantaggio della continuità e della possibilità di fornire, un intervento precoce e personalizzato. Stiamo pensando di estendere un sistema analogo per i pazienti con scompenso cardiaco non solo per il monitoraggio delle loro condizioni in tempo reale ma anche per fornire tutte quelle informazioni sul terapie e stili di vita che contribuiscono al controllo della malattia e alla qualità dell’esistenza in una ottica di medicina ‘di iniziativa’”.

Si tratta quindi in conclusione, di “un’integrazione al sistema che ruota intorno ai pazienti cronici e fragili, non un’alternativa“.

Maria Rosaria Di Somma, Consigliere Delegato AISC, ribadendo ulteriormente i concetti già espressi, ha affermato che è ormai necessaria l’adozione di un nuovo modello di cura da parte del sistema sanitario nazionale che sia fondato sulla presa a carico del malato e sull’assistenza continuativa non solo in situazioni di emergenza. Un modello HOME CARE che va “inserito in un processo di gestione integrata e interdisciplinare (che comprenda medici di medicina generale, specialisti, infermieri, farmacisti e non ultimo il mondo delle associazioni.) Il mosaico è pronto per essere composto grazie a modelli scientifici e linee guida nazionali. Siamo pronti ad aprire un tavolo di confronto con gli organi decisori che tenga conto della voce del paziente e lo metta al centro del Sistema Sanitario per utilizzare al meglio le risorse derivanti dal recovery Fund e ottenere contestualmente un risparmio di risorse pubbliche”.

I dati dello scompenso cardiaco

Lo ‘scompenso cardiaco’ è una grave patologia che colpisce milioni di individui in tutto il mondo: si stima che in Italia vi siano più di 1 milione di casi, 5,7 milioni sono quelli negli USA e 15 milioni sono i malati in Europa. La prevalenza della malattia presenta un incremento pari al 2% circa per ogni decade di vita fino al 10% osservato nei pazienti sopra i 70 anni di età. La prognosi dello scompenso cardiaco è severa: oltre il 25% dei malati muore infatti entro un anno dalla diagnosi e circa la metà entro 5 anni. Inoltre, si pensa che ogni ricovero ospedaliero dovuto a scompenso cardiaco moltiplichi per tre il rischio di decesso entro 12 mesi.