In base alle proiezioni riportate dagli analisti del National Intelligence Council nel Global Trends 2040, l’ultimo rapporto dell’ente statunitense sugli scenari internazionali futuri, la pandemia da SARS-CoV-2 è destinata a rappresentare il più rilevante evento critico intervenuto dopo la Seconda guerra mondiale e a condizionare il panorama geopolitico, con un’onda lunga di implicazioni sanitarie, sociali, economiche e strategiche di livello planetario.

È opinione diffusa tra gli osservatori politici che a distanza di quasi ottant’anni il post-Covid sarà assimilabile alla situazione che fece seguito alla conferenza di Jalta del 1945, con le vicende relative al contagio a definire nuovi equilibri di potere tra aree geografiche, Stati e sistemi di governo. Con l’aggravante, come sottolinea Gianluca Ansalone, docente di Geopolitica e sicurezza all’Università Tor Vergata di Roma, nel suo libro intitolato per l’appunto “Geopolitica del contagio”, che “la pandemia ha fatto emergere la crisi del rapporto di fiducia tra cittadini, istituzioni e scienza” e che “il rapporto tra scienza e politica e quello tra scienza e cittadini saranno probabilmente i termometri più importanti per testare la capacità reattiva delle democrazie”.

Tra gli elementi che fin d’ora contribuiscono a delineare gli articolati risvolti extra-sanitari del contesto pandemico la governance nazionale e internazionale dei vaccini anti-Covid (in termini di sviluppo, produzione, distribuzione e utilizzo) è sicuramente uno dei più critici. Tanto da far auspicare ad autorevoli esperti di salute pubblica e malattie emergenti quali Peter Hotez, autore di un editoriale sul tema apparso a giugno sul Journal of the American Medical Association e di un libro appena uscito dall’evocativo titolo “Preventing the next pandemic”, il recupero, ovviamente in chiave terzo millennio, della “diplomazia vaccinale” che a metà del secolo scorso, sia pure in piena guerra fredda e non senza tornaconti in gioco, consentì a Stati Uniti e Unione Sovietica di collaborare ai fini dell’eradicazione della poliomielite e del vaiolo.

All’opposto, le analisi dell’attuale frangente epidemico evidenziano in tema di strategie vaccinali una divisione in sfere di influenza: tra le tendenze nazionalistiche dei Paesi occidentali connesse con le personali capacità tecnologiche ed economiche, i piani export di Cina, Russia e India orientati all’espansione del proprio soft power in zone di interesse e l’isolamento delle aree più povere e prive di potere contrattuale. Il tutto, rimarcano gli esperti, in concomitanza con la scarsa efficacia dell’iniziativa di solidarietà internazionale COVAX e il ruolo poco consistente delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.