La malattia di Alzheimer continua a essere uno dei principali problemi di salute per le persone più anziane. La condizione di progressiva demenza che la caratterizza, con progressiva perdita della memoria, colpisce circa 7 milioni di persone nella sola Unione europea, con un forte impatto sia a livello di società che di sistemi sanitari.

Un nuovo white paper pubblicato da EFPIA in collaborazione con lo European Brain Council (EBC) delinea le raccomandazioni per migliorare e anticipare il più possibile la diagnosi della patologia, che attualmente viene ancora effettuata in fase già avanzata. Secondo il documento, molti degli strumenti già a disposizione per effettuare la diagnosi, come i test sui fluidi cerebrospinali o la tomografia ad emissione di positroni (PET) sarebbero sottoutilizzati, a causa di una generale impreparazione dei sistemi sanitari e della pratica medica ad affrontare compiutamente il problema.

Obiettivo del progetto congiunto Rethinking Alzheimer’s Disease, promosso da EFPIA ed EBC, è di rimuovere le barriere che ancora limitano la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer. A tal fine, il primo passo prevede di aumentare la consapevolezza nella popolazione europea e di migliorare la formazione professionale a riguardo. Azioni che non sarebbero sufficienti senza una parallela trasformazione dei sistemi sanitari, per dare maggiore risalto al ruolo delle cure primarie. Maggior numero di specialisti e migliore disponibilità ed accesso ai biomarker utili alla diagnosi precoce dovrebbero favorire l’espandersi di queste pratiche a livello infrastrutturale. L’intero approccio alla diagnosi e cura dell’Alzheimer ne potrebbe beneficiare, grazie al miglior coordinamento tra i diversi ambiti disciplinari coinvolti. Sul piano della ricerca, le azioni proposte da EFPIA ed EBC dovrebbero focalizzarsi sull’uso ottimale dei biomarcatori per la diagnosi della malattia all’interno di contesti clinici. L’accesso alla diagnosi precoce potrebbe essere facilitato anche grazie all’adozione di registri di pazienti e banche dati nazionali facenti parte dei piani nazionali per le demenze, iniziative che andrebbero anche a sostegno delle attività ricerca e di una migliore concertazione delle priorità tra le parti coinvolte.