Si è aperta a Milano, presso lo spazio espositivo di Rho Fiera, Pharmintech 2025, evento dedicato all’industria delle Life Sciences, che coniuga innovazione, eccellenza e Made in Italy, ma con una forte componente di internazionalità rappresentata da oltre 40% di espositori esteri. Ad inaugurare la manifestazione, per il secondo anno consecutivo svolta in concomitanza con Ipakima, l’evento: “Opening Pharmintech 25: attualità e innovazione nel mondo farmaceutico – l’evoluzione del farmaco biotech” cui sono interventi Maria Luisa Nolli, Co-Founder & CEO NCNbio, Alberto Bartolini, Head of Supply Chain and Technological Innovation Area AFI e CEO CIT, Marco Zibellini, Farmindustria, Giorgio Ghignoni, Coordinator GDL Prevenzione Assobiotec, Corporate Vice President Scientific Affairs Diasorin, moderati da Ilaria Vesentini, Giornalista Sole24Ore. 

Il biotech

Il presente e il futuro della farmaceutica, della salute e delle life sciences, sarà biotech. Dati OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) stimano che entro il 2030, l’80% dei farmaci, rispetto all’attuale 50%, dipenderà dalle biotecnologie che stanno ridisegnando nuovi paradigmi di cura, di normative e regolatori, di processi produttivi, compreso del packaging. Anticorpi monoclonali, proteine ricombinanti e le rivoluzionarie terapie avanzate, quali terapia genica, terapia cellulare e tissue engineering, costituiscono il panorama dei farmaci biotech.

Soluzioni oggi in grado di dare risposte terapeutiche, in passato neppure ipotizzabili, a tumori liquidi, quindi onco-ematologici, e ad alcune malattie rare, con la prospettiva di applicazione anche per alcuni tumori solidi (è il caso delle Car-T impiegate nel trattamento di alcuni tumori cerebrali) e di malattie autoimmuni, attualmente in sperimentazione all’Ospedale Bambino Gesù di Roma una Car-T impiegata, con dati di efficacia. in 3 giovani in remissione affetti da lupus eritematoso sistemico severo. Una nuova frontiera è rappresentata dai CRISPR, una tecnica di taglia e cuci del DNA. 

Questi approcci stanno consentendo di passare da una medicina per masse di popolazione a una medicina paziente specifica o per una nicchia di popolazione. La rivoluzione sta coinvolgendo tutti gli ambiti della filiera, dalla produzione, al modello di business, all’immissione sul mercato.

Il tipo di modello di business

Il costo delle terapie avanzate, elevatissimo, fino a poter raggiungere per alcuni farmaci, come le terapie geniche, cifre fra i 300-600 mila euro one shot, hanno imposto di ripensare a un nuovo modello di business, identificato in una alleanza fra la grande azienda che utilizza le piccole biotech e/o l’accademia nelle prime fasi di sviluppo del farmaco, portandolo fino alla fase II della sperimentazione clinica, una delle più critiche, per poi interiorizzare o comperare la stessa azienda, o stipulare con essa accordi di licencing per portare i farmaci al mercato. 

Innovazione di processo

Oggi fare una sintesi chimica, con cui si sviluppano le piccole molecole, è ormai un processo “di routine”, mentre complesso, difficoltoso e sensibilmente meno noto è il bioprocesso per produrre un anticorpo monoclonale con criticità ancora superiori in caso di terapie avanzate che prevedono il processo parta dal paziente, riferendosi ad esempio a una terapia autologa, e ritorni al letto o al domicilio del paziente stesso.

Terapie avanzate che impongono quindi anche una rivisitazione e aggiornamento dei regolatori, anch’essi sempre più complessi a causa di nuovi test di controllo di qualità per qualificare il prodotto e garantire una somministrazione al paziente sicura, efficiente e sostenibile, così come lo sviluppo di macchinari innovativi. Infatti il processo produttivo di terapie avanzate e  farmaci cellulari non può essere condotto in bioreattori di acciaio o in grandi bioreattari per alcune regole strutturali e produttive delle cellule, che rappresentano il prodotto finito di queste terapie, bensì va eseguito di ambienti tailored made. Ovvero in bioreattori single use (single use technology), in plastica, eliminati alla fine di ogni singolo processo; ciò ha trasformato la manifattura in una boutique, altrettanto gli impianti autorizzati dall’ente regolatorio a lavorare in GMP (Buone Pratiche di Fabbricazione).

Tra i sistemi disponibili, il più utilizzato è un sistema chiuso al 95% che permette di eseguire tutte le fasi della produzione di cellule, addirittura anche a specifici dosaggi per il paziente. Innovativi anche gli isolatori che accompagnano i sistemi chiusi, di cui quelli di ultima generazione propongono soluzioni per gestire tutte le parti del processo, dall’inoculo delle cellule della produzione fino alla fase finale. 

Modelli a confronto

Un modello centralizzato, in cui si ha un impianto di produzione molto grande – un unico hub – e la distribuzione del prodotto finito a tutti li ospedali, a fronte di un modello decentralizzato con un centro che fa da supporto e l’istituzione di diverse officine GMP satelliti, vicine agli ospedali sono ìi due modelli per la produzione delle terapie avanzate, richiedendo, anche in questo caso, adattamenti del regolatorio.

Non ultimo, l’HTA (Health Technology Assessment), fondamentale in questo genere di terapie, con un approccio che deve iniziare ben prima dell’entrata in commercio del farmaco, finalizzata al monitoraggio degli effetti collaterali legati a questi farmaci rivoluzionari.

Oltre a soluzioni produttive, servono anche nuovi sistemi di pagamento, per sostenere i costi delle terapie, come detto elevatissimi: è necessario che tutti gli attori si mettano insieme, anche riducendo i costi della parte produttiva, per arrivare a farmaci futuri più accessibili e sostenibili.

Processi di industrializzazione, distribuzione: la supply chain

Le criticità e le aree di attenzione che si associano a queste fasi della filiera sono ancora molteplici, legate ad esempio a differenti condizioni di temperatura, stoccaggio, conservazione trasporto a seconda che alla base di un farmaco vi sia un API, un principio attivo di origine chimica, o cellule o parti di cellule in caso di prodotti di origine biologica.

Il processo di industrializzazione, nella sua ciclicità, prevede un prelievo di una sostanza che origina dal paziente (sangue e successiva leucaferesi per isolare le componenti necessarie), ad opera di centri specializzati/ospedali, elaborazione del frazionato (con estrazione dal sangue delle componenti utili alle attività successive), spedizione alle officine GMP autorizzate dove le cellule vengono espanse, modulate, modificate geneticamente in funzione della tipologia di farmaco da creare, riempimento delle sacche (confezionamento del primario) e confezionamento del secondario, ovvero fornendo informazioni circa la somministrazione, lotto, scadenza, paziente di riferimento e così via.

Fondamentale è quindi la tracciabilità del prodotto, come anche la competenza, tecnica e pratica, degli operatori, la formazione e l’aggiornamento continuo necessaria per questi prodotti in costante evoluzione.

Sistema qualità

La validazione, la tracciabilità, la qualifica di tutti gli impianti e ed il processo produttivo, ben definito, dalla produzione allo stoccaggio e ad ogni singola fase, che devono essere condotte in conformità con processo e il trasporto, le GMP sono variabili essenziali per l’efficienza del prodotto. Non ultimo, l’integrità dei dati, aspetto stringente e imprescindibile. 

Famaci e sostegno all’economia

Di un paese, di una nazione e a livello mondiale: il connubio tra queste due variabili è un dato di fatto. Lo dimostra il numero delle Pipeline in crescita esponenziale, specie nell’area ematologica e oncologica, come anche neurodegenerativa, in risposta ad un bisogno del territorio, demografico e sociale, passando da 17.737 farmaci del 2020 ai 23.875 del 2025, di cui 9.476 antitumorali, e di questi il 74% in sviluppo clinico (fasi I-III), tutti preceduti da una importante fase di discovery. L’auspicio è che quest’ultima possa essere favorita dall’Intelligenza Artificiale, che potrebbe essere impiegata per facilitare la scelta dei target terapeutici, ridurre il tempo degli studi, diminuire il numero di farmaci destinati a fallire nelle fasi cliniche, senza mai raggiungere il commercio.

Innovazione, tecnologia, ma anche il costo della ricerca stanno da un lato aumentando in maniera esponenziale, ma dall’altro stanno permettendo di arrivare a una medicina personalizzata: device, modalità di somministrazione, formulazione, miglioramento tecnologico, in sinergia, forniscono maggiore qualità ai farmaci. Oggi, in alcuni casi e per il prossimo futuro, tali fasi e strumenti di cura saranno guidati da algoritmi digitali che produrranno terapie digitali e da soluzioni tecnologie. Già molte delle terapie, anche le più tradizionali, vengono spesso prodotte o sviluppate tramite piattaforme già note – è il caso ad esempio della piattaforma mRNA divenuta famosa con i vaccini Covid ma sviluppata in realtà per le terapie oncologiche, con l’auspicio di arrivare a produrre vaccini anche per i tumori o per altre malattie rare – o impiegate per soddisfare nuovi target terapeutici o per migliorare le conoscenze esistenti. Stiamo assistendo a una innovazione incrementale, person-centered, finalizzata a ridurre gli effetti collaterali dei farmaci, a migliorare la formulazione di terapie orali per una più facile assunzione, a vantaggio di una maggiore compliance del paziente.

Fondamentale, per il raggiungimento di questi obiettivi, è lo sviluppo di alleanze e di network fra industria e aziende, piccole-medie imprese, comprese alleanze pubblico-privato, necessarie a favorire l’innovazione, il funding per la ricerca, quindi a consolidare la leadership italiana. Portare i farmaci in Italia, fin dalle fasi iniziali, consente di incrementare competenze e di “educare” il regolatorio, di investire nelle strutture, nello sviluppo di studi, nel personale, qualificato e laureati, che porta un importante l’indotto, con possibile sbocco nell’industria. Non ultimo, occorre migliorare i corsi di laurea, rendendoli più vicini alle esigenze anche dell’industria, della produzione, della tecnologia e dei clinici. 

La diagnostica avanzata

È un ulteriore motore di innovazione che si avvale, come per i farmaci innovativi, delle biotecnologie, favorendo il raggiungimento degli obiettivi della medicina personalizzata. Tale evidenza è sottolineata anche dai risultati del mercato biotech globale che mostra una crescita a moltiplicatori di 3, passata da 485 miliardi di euro del 2020 con proiezione al 2028 di 1447 miliardi di euro, e una distribuzione geografica continentale guidata dagli Stati Uniti, pari al 60% del valore e del riconoscimento del valore delle biotecnologie, seguiti dall’Unione Europea (16%) e Cina (11%).

L’Unione Europea tuttavia ha messo in campo programmi dedicati alle biotecnologie, quali il Programma STEP, il Biotech Manifesto EU e l’EU Biotech Act, indirizzati alla valorizzazione del ruolo strategico delle biotecnologie, all’identificazione di fondi e risorse pubbliche a sostegno. Al pari anche le life science (terapie vaccini e soluzioni diagnostiche) nel periodo 2020-2028 mostrano valori con moltiplicatori di tre, andando incontro a un ribilanciamento tra soluzioni convenzionali (farmaci) e soluzioni biotech sia a bassa complessità, come l’interferone, sia ad elevatissima complessità, quali gene therapies, tissue engineering, terapie cellulari. Il 44% dei farmaci in sviluppo sono oggi già biotech: un dato interessante. 

La diagnostica, gli scenari

Tre gli scenari attuali che vedono in campo la diagnostica in vitro, proiettata ad una crescita costante nel mondo e nel nostro paese, con un mercato che in Italia oggi vale circa 6 miliardi di euro, registrando un +3,2% rispetto al 2023, guidata anche da frontiere molto innovative, come la diagnostica molecolare, dispositivi ed altri device, per la gestione di malattie infettive, antibiotico resistenza e identificazione di ceppi resistenti a antibiotici, oncologia.

Vi è poi la diagnostica di prossimità, con dispositivi portatili e diagnostica di prossimità, che ha attualmente la sua espressione nel self-testing (test per la ricerca di specifici agenti patogeni o di determinate sostanze d’abuso ad esempio), che può essere condotta dalla medicina di base, nelle farmacie, con una decentralizzazione governata da centri di riferimento e ospedali, al fine ultimo di garantire la qualità dei test e la corretta interpretazione dei risultati. Infine la diagnostica avanzata e per immagini che nel fronte più avanzato si servono di applicazioni di IA, entrata ad esempio nell’interpretazioni di TAC, e di deep learning. 

La semplicità

Uno dei parametri guida della diagnostica in vitro e in vivo è la semplicità, ovvero soluzioni in grado di aiutare i medici a superare il “knowledge burden”, l’aggravio di informazioni e notizie che devono essere gestiti, con un ruolo chiave in ambito di screening, diagnosi precoce, monitoraggio e prognosi, specificatamente con soluzioni capaci di anticipare gli outcome di una patologia con dei test su determinati marcatori che si comportano in maniera diversa nelle vari fasi della malattia, supportando quindi il clinico nelle decisioni terapeutiche.

Non ultimo, la diagnostica avanzata può essere integrata con tecnologie digitali e telemedicina, in ricerca per l’identificazione di fattori di rischio e stratificazione dei pazienti a rischio più elevato, targeting terapeutico, treat to target, nella gestione delle malattie, follow-up e self management, aiutando il paziente nella gestione della propria patologia.

Il biotech ha permesso, dunque, di raggiungere soluzioni terapeutiche ad altissima innovatività e sempre più personalizzate, ha consentito di rivoluzionare la cura di malattie complesse, compreso alcune fra le rare, di integrare tecnologie, capitale umano e know-how scientifico, con un sensibile impatto economico e sociale, di promuovere collaborazioni e sinergie. Come a dire che la complessità richiede multidisciplinarietà e il presente e il futuro (del biotech) muovono in questa direzione.