Prima di entrare nel focus del mese, dedicato questo ottobre ai medical devices, desidero richiamare l’attenzione sul contributo di Marcello Fumagalli
(CPA Italy), dal titolo emblematico Una ricetta per un futuro di successo, che potrete leggere per intero a pagina 6 di questo fascicolo. Nello scritto, il direttore generale dell’Associazione italiana dei produttori di principi attivi e intermedi per il mercato dei farmaci generici, analizza con lucidità obiettivi e attitudini dell’industria chimico farmaceutica, un comparto spesso percepito da alcuni come orientato unicamente al profitto di proprietari e azionisti. Al contrario, il testo mette in evidenza concetti fondamentali quali, ad esempio, innovazione, gestione della complessità, sostenibilità e responsabilità, creatività, coraggio e conoscenza. Vale la pena ricordare, infatti, che proprio grazie al progresso della ricerca farmacologica e alla disponibilità di nuovi farmaci, l’aspettativa di vita è cresciuta in modo straordinario: in Italia si è passati per gli uomini da circa 50 anni nel 1921 a 64 nel 1951, fino a 80 nel 2011, con le principali proiezioni internazionali che indicano per il 2040 un valore complessivo intorno a 84-85 anni.

Venendo ai dispositivi medici, tema centrale di questo numero, emerge come la loro crescita, ormai inarrestabile, trovi ancora ostacoli, soprattutto di natura squisitamente burocratica. La lentezza nell’espletare gli adempimenti regolatori comporta inevitabili ritardi nella disponibilità dei prodotti per i pazienti. Come già sottolineato in precedenti appuntamenti, inclusa l’ultima edizione del Simposio AFI, permane infatti una situazione di stallo sul fronte delle certificazioni.

L’articolo a pag. 28, che riporta un sunto dei contenuti emersi durante la Sessione dedicata ai dispositivi medici dello scorso giugno a Rimini, evidenzia come i medical devices, compresi quelli a base di sostanze, rappresentino un’eccellenza del Made in Italy e un settore in costante espansione, capace di agire da leva per lo sviluppo industriale ed economico del Paese. Complessivamente, tutto il comparto dei DM genera nel nostro Paese un volume d’affari stimato di quasi 19 miliardi di euro l’anno, con una spesa sanitaria pubblica che nel 2024 si è attestata intorno ai 9,6 miliardi, in crescita del 6,7% (fonte Confindustria Dispositivi Medici, N.d.R.). Eppure, ed è un dato che spiace rimarcare, questo settore continua a soffrire le rigidità burocratiche, che rallentano il passaggio dall’innovazione alla concreta disponibilità dei prodotti per i pazienti. Dall’articolo emergono, inoltre, difficoltà significative a livello di registrazione, processi non sempre chiari, procedure incomplete o carenti, e una criticità di fondo legata al dualismo tra la Banca Dati Centrale e l’inserimento dei prodotti nel nuovo database europeo Eudamed.

Un ulteriore nodo riguarda le ricertificazioni: anche su questo fronte servirebbero maggiore trasparenza e prese di posizione puntuali. A mio avviso, sarebbe utile definire una governance adeguata delle attività ancora mancanti o farraginose, garantendo che chi sarà chiamato a gestirle sia opportunamente formato e consapevole dell’impatto del proprio operato. Non bisogna dimenticare che il beneficiario finale di questi processi è il paziente, che un domani potrebbe essere ciascuno di noi o un nostro familiare.