Serve una visone nuova che favorisca l’uscita del settore degli integratori alimentari e dei botanicals da un meccanismo di health claim, ormai datati di 35 anni e non più sostenibili verso un approccio governato dalle tecnologie, dalla ricerca scientifica, capace di misurare  e prevedere, fino a evitare il rischio di impresa, legato ad esempio ai contaminanti e fra questi i metalli pesanti, con una rivisitazione anche dei regolatori, in grado sostenere e affermare il settore dei nutraceutici e degli integratori come opportunità il benessere della salute a livello europeo. Non ultimo promuovere la competitività del settore in un contesto di internazionalità e sicurezza. Su queste premesse si è articolato il dibattito “Integratori alimentari: il valore della scienza per le sfide normative dalle materie prime al prodotto finito”, nell’ambito di In Vitality (Rho, Fiera Milano, 20-21 Novembre) animato da Marinella Trovato, Presidente SISTE (Società Italiana di scienze applicate alle piante officinali e ai prodotti per la salute), Rosa Santimone, Regulatory Science e Team Lead di Haloen, Chiara Trombetta, Direttore Tecnico presso ROELMI HPC. Alla “guida” dell’evento, in qualità di moderatore, Germano Scarpa, Presidente di Integratori e Salute.

I botanicals, un comparto in crescita

Dagli anni 2000 ad oggi i botanicals hanno fatto osservare un trend in costante e progressivo incremento, sostenuto dall’impiego trasversale in tutti i settori, compreso gli integratori alimentari, che ha favorito l’aumento di interesse del mercato, sostenuto anche dalla maggiore esposizione del consumatore verso l’uso di questi prodotti. Fattori che hanno richiesto una attenzione anche del regolatorio, soprattutto in termini di sicurezza delle varie sostanze impiegate. In questo contesto i Food supplements (integratori alimentari) restano il comparto più “sfortunato”, regolato da una direttiva imperfetta – la 46/2002 – per quanto riguarda gli estratti vegetali, creano molte criticità e conflittualità a livello europeo. “Rivalità” che hanno portato ogni Paese membro ad adottare politiche autonome per la loro gestione. Una delle maggiori criticità è correlata all’Art. 8 del regolamento 1925, utilizzato per creare una “lista nera” di piante presenti all’interno degli integratori alimentari. Aspetto su cui incidono anche le posizioni di EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che anziché offrire una valutazione del rischio sui botanicals ne dà una valutazione di pericolo secondo cui in presenza all’interno di una miscela di una sostanza considerata pericolosa, la miscela diviene tout-court pericolosa, indipendentemente da esposizione, assorbimento, a fronte dei CMR (cancerogeni, mutageni e reprotossici), di cui stima non sia  possibile valutare una soglia in botanicals  e integratori alimentari (Linee Guida 2018). Tra queste sostanze rientrano ad esempio aloe, garcinia, preparati a base di idrossiantraceni. Dopo questo compendium, EFSA ha inoltre identificato più di 1.500 ulteriori componenti pericolosi presenti nelle piante. Di cui tuttavia mancano studi scientifici sufficienti e robusti a supporto. Resta inteso che dal punto di vista regolatorio, l’immissione di un prodotto sul mercato è sotto la responsabilità dell’operatore del settore, non del Ministero della Salute o di EFSA.

A che punto siamo e le soluzioni

Il Reg. UE 2024/2865 del 23 ottobre 2024 riporta che “studi scientifici dimostrano che alcuni componenti isolati di sostanze estratte da piante possono risultare pericolosi, anche se questo non emerge valutando la sostanza nel suo insieme” e l’aggiornamento al Reg. (CE) 1272/2008 – CLP fa un update sulla classificazione delle sostanze complesse (MOCS) con una deroga specifica per estratti vegetali e oli essenziali, con l’impegno della Commissione ad effettuare una revisione scientifica ogni 5 anni. Nello specifico, entro l’11 dicembre 2029, la Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle sostanze vegetali multicomponente. Due sono le necessità per dare una risposta concreta a queste criticità: una di carattere politico che richiederebbe di ridisegnare la normativa (obiettivo impossibile), in particolare la direttiva 2002/46 (?), avviare misure specifiche per prodotti botanicals alimentari (?), ridurre le applicazioni dell’Art. 8 Reg. (CE) 1925/06 vs Reg. (UE) 915/2023. Obiettivo che comunque richiederebbero anni prima di arrivare a un risultato effettivo, e una secondo misura scientifica. Ovvero il potenziamento della ricerca per colmare alcune lacune culturali sulla sicurezza ed efficacia delle piante e dei loro derivati tramite metodologie valutative più innovative e approcci che considerino la pianta nel suo insieme, come complesso ed unicum sistema di sostanze in sinergia tra loro.

La nascita della Fondazione Botanica per la Ricerca

Con questo obiettivo e in ottica di proattività, è stata costituta a luglio 2025 da parte delle tre Associazioni di settore (SISTE, Assoerbe e Integratori e Salute) la Fondazione Botanica per la Ricerca, che si pone come punto di riferimento autorevole per il comparto e in ambito istituzionale, legislative e scientifico. Il CTS (Comitato Tecnico Scientifico) composto da esperti con expertise multidisciplinare nel mondo dei vegetali (botanici, chimici, fisiologi, farmacologi, tossicologi, etc.) coordinerà le attività e i progetti di ricerca, formerà giovani ricercatori in ambito botanicals e sarà l’interlocutore con le autorità anche scientifiche. Tra le attività immediate della neonata Fondazione: dimostrare che la matrice della materia prima “fa la differenza”, valutare il problema di assorbimento e esposizione, definire un valore soglia delle sostanze, avviare studi sui coloranti naturali. E molto altro.

Strategie per lo sviluppo di nuovi prodotti

La conoscenza del mercato, quindi del consumatore/cittadino sono la prima misura ad attuare per lo sviluppo di un nuovo prodotto, finalizzata a capire i trend, creare valore e definire la riconoscibilità aziendale e del brand fin da subito. In questo contesto hanno un ruolo cruciale i Regulatory Affairs, guida per l’interpretazione della normativa attuale e della situazione futura e non ultimo avviare un coordinamento cross funzionale con un lavoro organico finalizzato in modo particolare sulla sicurezza e sulla documentazione. Non ultimo è necessario educare il consumatore e gli operatori sanitari per rafforzare la consapevolezza e la fiducia. Quindi ipotizzando una Road Map di sviluppo, la prima mossa al vertice è l’identikit del consumatore/cittadino con l’identificazione e il bisogno del consumatore e dei benefici principali del prodotto (frequenza d’uso, motivazioni, canali) per adattare l’offerta. A questo inquadramento  deve seguire una valutazione medico-scientifica (identificando la potenziale formula sulla base delle evidenze scientifiche e di EFSA), in parallelo con una analisi degli aspetti di sicurezza (uso consolidato e tradizionale della sostanza prima del 1997, evidenza di nutrivigilanza, Linee guida EFSA, identificazione target uso e eventuali avvertenze), segue una valutazione regolatoria basata di regolamenti UE, Novel Food Catalogue e Union List, Decreti locali e circolari ministeriali, posizione UE, screening del claims e Linee Guida EFSA).

Tali misura sono propedeutiche allo sviluppo del prodotto che deve avvalersi di un team tecnico produttivo per completare la formula, fornire i technical sheet, le flow charts, le specifiche e i metodi analitici): aspetti utili alla finalizzazione e al lancio del prodotto una volta identificata la materia prima, il sistema di delivery, la data generation, compresa la revisione dei dati tecnici e analitici, la creazione dell’architettura e dei claims, definite avvertenze, educazione al consumatore e comunità scientifica). Non ultimo sarà necessario creare la documentazione tecnica, anche se attualmente non obbligatoria con contante aggiornamento ad esempio in relazione ai tipi di estrazione del prodotto. Tale approccio va mantenuto anche sul prodotto finito e in ambito di sorveglianza post market. Di fondamentale importanza è infine l’etichettatura del prodotto, sia in relazione agli aspetti obbligatori come indicazioni per popolazioni specifiche, quali vegani, vegetariani e celiaci, immagini e pittogrammi sia per le informazioni volontarie.

Contaminazione da metalli pesanti nell’industria alimentare e virus negli integratori alimentari

Tali eventi avversi possono portare a conseguenze impattanti e gravose per le aziende sia in termini di tempo che di risorse per la validazione di una gestione aziendale responsabile e ben strutturata. La contaminazione da metalli pesanti in ambito di nutraceutica può dipendere da diversi fattori: contaminanti ambientali (fumi di scarico, veicoli a motore, combustione dei rifiuti), pratiche agricole che ricorrono a pesticidi e fertilizzanti contenenti metalli pesanti, processi di produzione in azienda (mineraria, manifatturiera), produzione di energia, prodotti della pesca a causa dell’accumulo di metalli pesanti nelle acque da diverse fonti (erosioni del suolo, fonti naturali) che ricadono nella catena alimentare, infrastrutture idriche malandate, dove l’acqua è trasversale a moltissime fasi della produzione degli integratori: dal lavaggio delle macchine, alla produzione dell’integratore stesso.

Da un sondaggio di opinione pubblica, commissionato dalla Commissione Europea a Eurobarometro condotto a settembre 2025 fra i cittadini UE emerge che il 75% è interessato a temi di Food Safety e che il 28% ritiene primo la presenza di contaminanti chimici il primo rischi associato agli alimenti. Ambito che è tutelato in Italia dal regolamento 915 del 2023 che oltre a promuovere campagne di sensibilizzazione alla popolazione, ad sull’uso consapevole dell’alluminio per la conservazione degli alimenti, monitora anche la bontà di alimenti e integratori per garantire i limiti di legge dei metalli e proteggere la salute pubblica.

Le azioni a livello aziendale

Al fine di evitare rischi per la salute del consumatore e degli operatori a contatto con un eventuale alimento contaminato, le aziende sono tenute a mettere in atto azioni di contenimento preventive della contaminazione o immediatamente successive alla rilevazione e a ricercarne le cause. Tale evento ha importanti implicazioni per l’azienda: notevole esborso economico, gestione della non conformità, conseguenze di tipo legale se la contaminazione è stata rilevata dalle autorità preposte e in caso di ritiro del prodotto una caduta reputazionale. Tra gli strumenti di supporto vi sono le Allerte RASF (Rapid Alert System for Food and Feed) che consente alle autorità europee preposte alla sicurezza alimentare di il rapido scambio di informazioni sui rischi per la salute correlato a alimenti e mangimi e intervenire su necessità il più tempestivamente possibile.

Il servizio è attivo H24 per garantire sicurezza e intervenendo, se il caso, con il rapido ritiro della merce/prodotto. Il Ministero della Salute elabora ogni anno le allerte RASFF dell’anno precedente e permette di avere agevolmente a disposizione delle statistiche utili anche per valutare trend e tipologie di allerte che sono in crescita dal 2020 al 2024, spiegabile sia per la maggiore consapevolezza di ciò che viene immesso nel mercato europeo sia per un maggiore controllo da parte delle autorità, presa di coscienza della necessità di un maggiore controllo sulla sicurezza dei prodotti che provengono dai produttori extra UE. Sono cresciuti gli alert sui metalli pesanti nel 2024, imputabili a vari fattori. A supporto le aziende hanno il Regolamento 915/2023 che categorizza le tipologie di prodotti, tra cui gli integratori alimentari, e il Codex Alimentarius che stabilisce standard e linee guida internazionali sui livelli di metalli pesanti negli alimenti, ma non c’è nulla di specifico sugli integratori.

Ritiro del prodotto: richiami del prodotto dal mercato (processo oneroso economicamente, tempistiche con ricadute reputazionali), prodotto distrutto immediatamente e la distruzione dei prodotti ferma inoltre l’azienda che, in quanto segnalata, entrerà in un circuito di controlli più stringenti da parte delle autorità. Aumento delle attività interne per implementare le misure di tutela dai rischi. Tali eventi possono essere evitati con una gestione preventiva dei ritiri, secondo il principio ALARA, ovvero la riduzione massima delle sostanze contaminanti al livello più basso possibile. Il rischio non può essere totalmente azzerato ma minimizzato nei suoi pericoli e va implementato in funzione del piano di Risk Assessment aziendale. Tramite 4 azioni principali: selezione di materie prime e fornitori considerati affidabili; progettazione del prodotto e produzione atta a minimizzare la presenza di residui; gestione delle contaminazioni in produzione, come acqua e rete idrica; creare un piano specifico di Risk Assessment.