risonanza magnetica

L’efficacia di alemtuzumab di Genzyme nella Sclerosi Multipla mantenuta a 4 anni dal trattamento sia nel rallentamento dell’atrofia cerebrale sia nell’attività delle lesioni rilevabili alla risonanza magnetica è stata confermata dai dati di RM a 4 anni che sono coerenti con i dati clinici dello studio di estensione e che hanno fornito ulteriori evidenze del mantenimento dell’efficacia di alemtuzumab sia sulle recidive sia sulla disabilità.

risonanza magnetica
risonanza magnetica

Genzyme, società del Gruppo Sanofi, annuncia all’American Academy of Neurology i nuovi risultati sulle immagini di risonanza magnetica (RM) emersi dal programma di sviluppo clinico di alemtuzumab, un anticorpo monoclonale, somministrato per infusione endovenosa indicato per il trattamento della Sclerosi Multipla Recidivante Remittente

Nei pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente (SMRR) trattati con alemtuzumab in uno studio pivotal di fase III, i risultati osservati alla RM nel corso dei due anni di studio sono stati mantenuti durante i due anni successivi di estensione dello studio (anno 3 e 4). Dopo i due cicli di trattamento iniziali dello studio pivotal, con somministrazione al mese zero e al mese 12, circa il 70% dei pazienti trattati con alemtuzumab nel corso dei tre anni successivi, fino al mese 48, non è stato sottoposto a un ulteriore trattamento con alemtuzumab.

Gli studi di fase III su alemtuzumab erano randomizzati, della durata di 2 anni e hanno messo a confronto la molecola con interferone beta-1a ad alto dosaggio, somministrata per iniezione sottocutanea nei pazienti con SM recidivante remittente attiva non sottoposti a precedente trattamento (Care-MS I) o che avevano avuto almeno una recidiva durante la terapia pregressa  (Care-MS II).

Nel corso del quarto anno, il profilo degli eventi avversi con alemtuzumab è stato coerente con quanto osservato durante gli studi pivotal. I nuovi dati presentati all’AAN comprendono:

  • Il tasso di atrofia cerebrale, misurato in funzione della frazione parenchimale cerebrale (FPC), è diminuito progressivamente durante i 4 anni di osservazione nei pazienti trattati con alemtuzumab inseriti nello studio Care-MS I. Tra i pazienti trattati con alemtuzumab inseriti nello studio Care-MS II, il tasso di atrofia cerebrale è diminuito progressivamente durante i 3 anni di osservazione ed è rimasto basso all’anno 4. In entrambi gli studi, la perdita media di volume del cervello è stata meno del  -0.20% negli anni 3 e 4, quindi inferiore rispetto a quanto osservato durante i due anni degli studi pivotal.
  • Negli studi Care-MS I e II, il trattamento con alemtuzumab ha ridotto significativamente lo sviluppo di nuove lesioni rispetto a interferone beta-1a. Nello studio di estensione, la maggior parte dei pazienti trattati con alemtuzumab negli studi Care-MS I e II negli anni 3 e 4 non ha presentato nuove lesioni né attività di malattia rilevabile dalla RMN (circa il 70%).

L’atrofia cerebrale è una misura del processo patologico più distruttivo provocato dalla SM, è presente fin dagli stadi più precoci della malattia e può portare a un danno neurologico e cognitivo irreversibile. Dato che è associato alla disabilità, il controllo o la prevenzione dell’atrofia cerebrale è un obiettivo importante nel trattamento della SM. Inoltre, le misurazioni rilevate attraverso la RM, compresa la presenza di lesioni attive, sono considerate strumenti utili quando si valuta l’efficacia delle terapie per la SM. Inoltre, le lesioni attive sono tra i diversi fattori che portano a risultati clinici sfavorevoli.

I risultati di sicurezza relativi al secondo anno di estensione dello studio non hanno identificato ulteriori rischi. I più comuni eventi avversi attribuiti ad alemtuzumab sono rash cutaneo, mal di testa, febbre, rinofaringiti, nausea, infezioni del tratto urinario, affaticamento, insonnia, infezioni delle alte vie respiratorie, infezioni da herpes virale, orticaria, prurito, disturbi alla tiroide, infezioni fungine, artralgia, dolore alle estremità, mal di schiena, diarrea, sinusite, dolore orofaringeo, parestesia, vertigini, dolore addominale, vampate e vomito. Altri effetti collaterali gravi associati ad alemtuzumab comprendono tiroiditi autoimmuni, citopenia autoimmune, infezioni e polmoniti.

Oltre il 90% dei pazienti trattati con alemtuzumab negli studi Care-MS di fase III è stato arruolato nello studio di estensione. Questi pazienti idonei a ricevere un ulteriore trattamento con alemtuzumab nello studio di estensione erano quelli che avevano sperimentato almeno una ricaduta o almeno due nuove o più estese lesioni cerebrali o del midollo osseo. Le scansioni con la RM sono state prese alla baseline dello studio CARE-MS e ai mesi 12, 24, 36 e 48.

Nello studio Care-MS I, alemtuzumab ha mostrato di essere significativamente più efficace rispetto ad interferone beta-1a nel ridurre i tassi annualizzati di recidiva; la differenza osservata nel rallentamento della progressione della disabilità non ha invece raggiunto la soglia di significatività. Nello studio Care-MS II, alemtuzumab ha mostrato di essere significativamente più efficace rispetto ad interferone beta-1a nel ridurre i tassi annualizzati di recidiva e l’accumulo di disabilità è risultato significativamente rallentato nei pazienti trattati con alemtuzumab rispetto ai pazienti trattati con interferone beta-1a.

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