La struttura tridimensionale dell’ubiquitina. In rosso, le zone in cui la proteina reagisce con se stessa formando delle catene. In blu, l’estremità N-terminale e il giallo quella C-terminale (Copyright: Paul Riviere, CC_BY-SA 3.0)

Il premio Heinrich Wieland 2017 è stato assegnato al professor Alexander Varshavsky, scopritore della biologia dell’ubiquitina: la proteina, come dice il suo nome, svolge un ruolo talmente centrale per il buon funzionamento dei meccanismi biologici da essere presente “ovunque”. Il docente del California Institute of Technology, in particolare, ha dimostrato come l’ubiquitina svolga una funzione di regolazione fine delle quantità di proteine presenti all’interno delle cellule ed intervenga in molti processi fondamentali come la divisione cellulare, la sintesi proteica e la risposta allo stress. Alexander Varshavsky ha ricevuto un premio di 100 mila euro, assegnato dalla Fondazione non-profit Boehringer Ingelheim. L’Heinrich Wieland Prize è intitolato al premio Nobel per la Chimica 1927 e premia ogni anno scienziati che abbiano apportato avanzamenti fondamentali nella ricerca sulla molecole biologicamente attive e sui sistemi che le coinvolgono, in campo chimico, biochimico, della fisiologia e delle possibili ricadute cliniche.

La struttura tridimensionale dell’ubiquitina. In rosso, le zone in cui la proteina reagisce con se stessa formando delle catene. In blu, l’estremità N-terminale e il giallo quella C-terminale (Copyright: Paul Riviere, CC_BY-SA 3.0)

La biologia dell’ubiquitina

Il sistema dell’ubiquitina comprende oltre millecinquecento componenti ed è centrale nel decidere quali e quante proteine vengano continuamente prodotte e distrutte all’interno delle cellule: la “marcatura” delle proteine con l’ubiquitina è un’attività fondamentale per garantire la presenza euilibrata dei diversi componenti proteici delle cellule. Oltre ad aver chiarito il ruolo dell’ubiquitina in molti processi cellulari, Varshavsky ha anche sviluppato nuovi metodi biochimici e genetici che in molti casi sono entrati nell’armamentario di routine della ricerca biochimica, ha spiegato Felix Wieland, chairman del Comitato che assegna il premio.

La durata della vita di una proteina, ha determinato Varshavsky, dipende dal tipo di amminoacidi che sono presenti alla sua estremità N-terminale: essi, infatti, vengono riconosciuti dall’ubiquitina ed agiscono quindi come segnale per dare avvio alla distruzione da parte degli enzimi deputati. Questo tipo di meccanismo di riconoscimento e regolazione è condiviso da tutti i sistemi viventi, dai batteri all’uomo, da funghi alle piante e agli animali, e il suo errato funzionamento sembra partecipare anche alla eziopatogenesi di malattie come il diabete, l’Alzheimer, i tumori e le immunodeficienze. La funzione dell’ubiquitina è talmente importante che la sua sequenza differisce per soli tre amminoacidi tra l’uomo e i lieviti; la proteina è una delle più conservate tra le diverse specie.

Il sistema che permette di “marcare” le proteine con l’ubiquitina è estremamente complesso e comprende nell’uomo un enzima di tipo E1, una quarantina di enzimi di tipo E2 e quasi mille enzimi di tipo E3. La numerosità di questi ultimi si spiega col fatto che gli enzimi E3 sono i responsabili dell’elevata specificità nei confronti delle diverse proteine e delle situazioni che possono verificarsi all’interno delle cellule. Il sistema di marcatura è talmente sofisticato che può segnalare anche se la distruzione della proteina target deve avvenire velocemente o lentamente.

Ma il ruolo dell’ubiquitina va oltre, e decide anche di dove una certa proteina si debba localizzare all’interno della cellula o ne può modificare le funzioni. A questo scopo spesso la proteina si lega a se stessa, formando lunghe catene che funzionalizzano le proteine target rendendole così riconoscibili

Chi è Alexander Varshavsky

Alexander Varshavsky ha ricevuto il premio Heinrich Wieland 2017

Nato a Mosca nel 1946, dopo la laurea in Chimica all’Università della capitale sovietica, Varshavsky ha conseguito un PhD in biochimica nel 1973. Lasciata la madrepatria nel 1977, ha operato dapprima presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), poi dal 1992 presso il Caltech di Pasadena, dove attualmente ricopre il ruolo di Smits Professor di Biologia cellulare nella divisione di Biologia e Ingegneria biologica.

Varshavsky è anche membro dell’Accademia americana di Arti e Scienze e della Accademia americana delle Scienze. Tra i molti premi che hanno già riconosciuto gli importanti risultati della sua ricerca ricordiamo il Gairdner International Award, il Lasker Award in Medical Research, il premio Max Planck Award, l’Albany Prize e il Breakthrough Prize in Life Sciences.