Dal confronto tra diversi interlocutori nell’ambito dell’assistenza oncologica in Italia, ha preso corpo il Manifesto per l’umanizzazione delle cure in oncologia. L’iniziativa ha visto la partecipazione dei rappresentanti di FAVO, AIOM, IEO, Università degli Studi di Milano, SIFO ed è promossa da Merck.

AIOM, Associazione Italiana di Oncologia Medica ha portato il proprio contributo attraverso l’intervento di:

  • Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM, direttore Struttura Complessa di Oncologia dell’IRCCS Santa Maria Nuova, Reggio Emilia;
  • Michele Ghidini, dirigente medico U.O di oncologia, Dipartimento Oncologico, ASST di Cremona;
  • Nicola Normanno, direttore S.C. Biologia Cellulare e Bioterapie – direttore Dipartimento di Ricerca, I.N.T. Fondazione G. Pascale, Napoli;
  • Gianluca Tomasello, Dipartimento di Oncologia, Ospedale di Cremona.

Questi esperti hanno fatto il punto su valore e bilancio delle strategie di controllo dei tumori, dalla prevenzione alle nuove terapie.

Per SIFO, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera, hanno illustrato il ruolo del farmacista clinico:

  • Emanuela Omodeo Salè, responsabile Area Scientifico-culturale Oncologia
  • Daniela Scala, coordinatrice area informazione scientifica, informazione ed educazione sanitaria.
il farmacista clinico si interfaccia con tutte le figure coinvolte nella gestione della terapia oncologica
L’immuno-oncologia comporta costi e problematiche che richiedono al farmacista ospedaliero di spostarsi dalla mera gestione delle terapie all’interfacciamento con i clinici e con i pazienti

Il valore e il bilancio delle strategie di controllo dei tumori, che si basano su:

  • prevenzione primaria,
  • diagnosi precoce e screening,
  • terapie,
  • ricerca

si misurano in termini di sanità pubblica, sia come riduzione dell’impatto della patologia neoplastica sia come miglioramento della sopravvivenza.

La sopravvivenza in Italia è allineata alla media europea e per molti tipi di tumore è superiore. Anche il confronto con i paesi del nord Europa, dove si documentano i valori più elevati di sopravvivenza oncologica, fornisce dati incoraggianti sull’efficacia globale del nostro Sistema Sanitario Nazionale nelle sue componenti preventive, diagnostiche e terapeutiche. Quello che veniva un tempo considerato un “male incurabile” è divenuto in moltissimi casi una patologia dalla quale si può guarire o, comunque, con la quale si può convivere.

L’immuno-oncologia

Nell’ambito delle strategie di controllo del tumore, negli anni più recenti, si è inserita un’innovativa ed efficace area terapeutica: l’immuno-oncologia. In passato, la maggior parte degli approcci immunoterapici impiegati nel trattamento dei tumori si erano dimostrati inefficaci a contrastare la capacità del tumore di evadere le difese immunologiche dell’organismo. La più recente immunoterapia dei tumori è invece legata allo sviluppo di nuovi agenti rivolti verso specifici checkpoint, in modo da riattivare, agendo su un target specifico, la risposta immunitaria endogena rivolta contro il tumore.

Il rapido e imponente sviluppo di studi clinici, con risultati che fanno prevedere l’introduzione sempre più diffusa dell’immunoterapia nella pratica clinica, richiede per l’oncologo medico nuova formazione e acquisizione di conoscenze.

La genesi dei tumori

I tumori sono causati da alterazioni della struttura (mutazioni, riarrangiamenti, amplificazioni, delezioni) o dei livelli di espressione dei geni che regolano la crescita e la sopravvivenza delle cellule dell’organismo.

L’accumulo di un numero critico di alterazioni genetiche determina la trasformazione delle cellule con conseguente formazione del tumore.

Gli studi di genetica dei tumori hanno consentito di individuare in alcuni sottotipi tumorali peculiari alterazioni genetico-molecolari che sono definite “driver”, in quanto da esse dipende in massima parte la capacità della cellula tumorale di continuare a crescere e moltiplicarsi. Le mutazioni driver sono quindi la causa principale di alcuni tipi di tumore ma rappresentano anche i punti deboli che possono essere attaccati con farmaci specifici.

La medicina di precisione e le biobanche

Le alterazioni driver dei tumori umani sono considerate biomarcatori perché permettono di individuare pazienti che possono rispondere al trattamento con farmaci disegnati per colpire in maniera specifica il bersaglio molecolare cui sono destinati. Questi farmaci pertanto sono definiti farmaci a bersaglio molecolare o anche farmaci biologici. L’utilizzo di biomarcatori e inibitori corrispondenti si traduce nella cosiddetta “medicina di precisione” che prevede appunto il trattamento di ogni singolo paziente con farmaci altamente specifici per il profilo genetico-molecolare della sua neoplasia.

L’avanzamento delle conoscenze e il progresso delle tecnologie sta pertanto determinando una progressiva e radicale trasformazione delle terapie in oncologia che sono sempre più mirate al trattamento della malattia del singolo individuo.

Per la conservazione del materiale biologico (es: tessuto, sangue, urine) e delle informazioni cliniche di un paziente sono nate le biobanche, vere e proprie unità di servizio, senza scopo di lucro. Le biobanche svolgono la loro attività in accordo con un codice di buon utilizzo e corretto comportamento e con indirizzi forniti da Comitati Etici e Società Scientifiche nazionali e internazionali. Le biobanche costituiscono un’importante risorsa in ambito clinico e di ricerca. La disponibilità di dati biologici e informazioni cliniche di immediata accessibilità, infatti, è un caposaldo della medicina personalizzata o di precisione.

Ottimizzazione dell’appropriatezza terapeutica e sostenibilità

L’avvento della precision medicine promette di accelerare le scoperte in campo biomedico e di fornire ai clinici nuovi strumenti, conoscenze e terapie, tali da poter individuare il trattamento più idoneo e appropriato per ciascun tipo di paziente.

La nuova generazione di molecole farmacologiche di tipo biologico associa all’efficacia un costo notevole. Si pone quindi più che mai la questione di una valutazione di tipo farmaco-economico. È di grande importanza selezionare il paziente candidabile a una specifica terapia. Per far questo vanno utilizzati criteri diagnostici validati. Deve inoltre essere monitorata l’efficacia della terapia secondo parametri e indicatori specifici e obiettivi, in aderenza a linee guida aggiornate. È così possibile ottimizzare l’appropriatezza terapeutica. Per questo scopo, il farmacista ospedaliero è chiamato sempre più a uscire dalla propria farmacia per operare in reparto, a fianco del medico e al letto del paziente. Si affaccia quindi la nuova figura del farmacista clinico che acquisisce esperienza clinica diretta. È il farmacista che, proponendo provvedimenti mirati al raggiungimento di parametri di costo/efficacia, costo/beneficio e rischio/beneficio soddisfacenti, deve:

  • interagire con i clinici,
  • valutare l’appropriatezza terapeutica,
  • promuovere una maggiore adesione alle linee guida condivise,
  • consentire un risparmio strutturale.

Per perseguire questi obiettivi è necessario puntare su un sistema formativo continuo che trasmetta competenze ed esperienze pratiche sul campo.

Il ruolo del farmacista clinico

II farmacista ospedaliero ha quindi adeguato il proprio ruolo e la propria attività da preparatore e dispensatore del farmaco (che svolgeva un’attività incentrata sulla gestione del prontuario, della logistica e della galenica tradizionale) a farmacista clinico, con attività orientata alla patologia e quindi all’ottimizzazione della terapia. Il farmacista clinico diventa infine erogatore di pharmaceutical care. La sua attività è ormai volta alla presa in carico della terapia del singolo paziente, in modo da bilanciare l’assegnazione delle risorse.

Il farmacista clinico opera in stretta collaborazione con il medico oncologo avendo come obiettivo comune la sostenibilità delle cure. La sua presenza è sempre più tesa ad attivare collaborazioni sinergiche con altre figure professionali. Questo determina un incremento della qualità dell’assistenza e di tutela della salute di tutti i fruitori, siano essi sanitari o utenti, che gravitano nella struttura.

In conclusione, in ambito ospedaliero, l’attenzione è sempre più rivolta alla Clinical Pharmacy. Questo cambiamento prevede uno spostamento dell’attenzione dal farmaco al paziente che diventa il centro di interesse per il team multidisciplinare.

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