«L’industria chimica è pronta a ripartire e a trainare la ripresa, come modello di sviluppo e fornitore di soluzioni irrinunciabili per l’innovazione tecnologica». Così Cesare Puccioni , rieletto Presidente degli industriali chimici fino al 2017, nel corso dell’Assemblea annuale di Federchimica.
Secondo Puccioni l’industria chimica: «possiede un incredibile patrimonio di imprenditorialità, tecnologia, risorse umane, creatività, e ha resistito tenacemente alla crisi».
Alcuni dati a conferma:
- l’incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari è la più bassa nel panorama industriale italiano, pari al 5,5%, a fronte del 17% della media industriale;
- con il crollo di oltre il 20% del mercato interno, dal 2008 l’export è cresciuto a una velocità doppia rispetto alla media manifatturiera: +14% rispetto al +7%;
- con quasi 28 miliardi di euro di export, la chimica è diventata il secondo settore esportatore italiano, seconda soltanto alla meccanica strumentale;
- moltissime imprese chimiche sono fortemente orientate ai mercati esteri: il 37% delle imprese esporta più del 50% di quanto produce;
- quasi tutti i gruppi italiani medio-grandi sono molto internazionalizzati: la loro quota di produzione all’estero è pari al 41% ed è cresciuta di ben 7 punti percentuali dal 2008; sono oltre 130 le imprese chimiche dotate di impianti di produzione all’estero, il 70% di queste sono PMI: segno che anche queste imprese hanno scelto la strada dell’internazionalizzazione produttiva;
- l’Italia è all’avanguardia tecnologica in un ambito di frontiera come la “chimica da fonti rinnovabili”, dove sono presenti imprese nazionali con rilevanti capacità di ricerca e di investimento;
- l’industria chimica sa innovare anche sul fronte delle risorse umane: ogni anno il 40% dei dipendenti chimici partecipa ad attività di formazione aziendale rispetto al 25% della media nazionale.
«Da anni stiamo gestendo l’emergenza e ora siamo pronti a spiccare il volo, ma abbiamo bisogno di un contesto esterno migliore. Senza le riforme , a partire da quella della Pubblica Amministrazione, molte delle nostre imprese potrebbero non farcela. Sia chiaro, non vogliamo meno controlli, ma la chimica deve essere regolamentata in modo semplice, chiaro e stabile, con un’amministrazione al servizio delle imprese e non contro di esse. Salute, sicurezza e protezione dell’ ambiente – ha proseguito Puccioni – sono garantite da più di 1.900 normative a livello europeo e dall’impegno profuso dalle imprese chimiche per rispettare le norme: basti pensare che oggi l’operato di 3 nostri ricercatori su 10 è assorbito dall’attività di regolamentazione».
«Lo shale gas ha rivoluzionato lo scenario energetico, generando un significativo svantaggio di costo per l’Europa. Il costo dell’energia – ha aggiunto Puccioni – è il più grave fattore di chiusura e delocalizzazione degli impianti chimici : le nostre imprese non possono sostenere un divario di costo del 30%, che si scarica su una marginalità in molti casi già compressa. Abbiamo cercato di compensare il gap competitivo grazie a un enorme sforzo sul fronte dell’efficienza energetica e potendo contare su alcuni sgravi, peraltro presenti in tutti i Paesi europei. Non è pensabile ridurre il costo dell’energia a carico delle piccole e medie imprese a scapito dei grandi consumatori . Significherebbe andare nella direzione opposta all’obiettivo di difendere gli investimenti in Italia e possibilmente attrarne di nuovi».
Due interventi sono particolarmente urgenti per il settore: gestione dei rifiuti e bonifiche. «Il SISTRI – secondo Puccioni – è un sistema di tracciabilità dei rifiuti pericolosi sconosciuto in tutti gli altri Paesi europei. In 5 anni 24 provvedimenti legislativi con innumerevoli modifiche, 7 rinvii e il sistema non è ancora pienamente funzionante. Va semplificato e corretto per essere reso applicabile, senza oneri aggiuntivi per le imprese. In Italia è obbligatorio bonificare un terreno che in tutti gli altri Paesi europei è considerato normale. Le soglie sono, infatti, molto più basse, al punto che talvolta non esistono nemmeno strumentazioni adeguate per misurarle. È indispensabile facilitare le bonifiche invece di renderle inattuabili!»
«Anche l’Europa, purtroppo – continua Puccioni, – ha assunto posizioni incomprensibili, ad esempio sulla politica climatica, sull’ambiente e sulla salute pubblica. L’impianto istituzionale europeo è talmente complesso che si presta facilmente a togliere responsabilità a chi le norme le discute e, infine, le adotta. Se realmente vogliamo che il settore manifatturiero torni entro il 2020 a rappresentare il 20% del PIL europeo serve maggiore chiarezza, trasparenza e soprattutto consapevolezza del Legislatore europeo sulle implicazioni concrete di scelte politiche sbagliate. La Presidenza italiana del Consiglio dei Ministri UE che sta per iniziare potrà dare già una prima risposta e indirizzare le politiche europee future».