Un team di ricercatori dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano ha messo a punto a livello sperimentale una terapia cellulare che non richiede il trapianto di cellule staminali bensì il loro uso come produttrici di proteine e fattori di crescita per accelerare la cicatrizzate di ferite croniche, quali le ulcere diabetiche.
L’approccio consisteva nell’uso di specifici scaffold di fibroina della seta, un materiale biocompatibile e in grado di dissolversi progressivamente, che sono stati prima immersi in una coltura di particolari cellule staminali, le cellule adipose mesenchimali adulte. Gli scaffold sono stati poi “decellularizzati” e innestati nelle lesioni cutanee di topi diabetici. L’idea, poi confermata, era che anche dopo la rimozione delle cellule dagli scaffold, questi sarebbero stati in grado di trattenere gran parte delle molecole attive prodotte dalle staminali e di rilasciarle poco alla volta.
I ricercatori hanno osservato che le cellule adipose mesenchimali adulte aderiscono e crescono sullo scaffold, e che la sterilizzazione, la decellularizzazione e il congelamento non alterano la struttura di questi scaffold.
Per valutare l’efficacia della tecnica è stato studiato in quanto tempo guariscono le ulcere diabetiche dei topi dopo applicazione di scaffold decellularizzati in confronto all’innesto di scaffold con ancora ancorate le cellule. Si è così dimostrato che la struttura con cellule e quella decellularizzata, producono significative rigenerazioni dei tessuti riducendo l’area della ferita rispettivamente del 40% e del 35% in tre giorni, completando il processo in circa 10.
Ciò conferma che le sostanze prodotte dalle cellule, anche dopo la rimozione delle stesse, rimangono intrappolate nella matrice e hanno pari capacità di riparare i vasi delle cellule stesse.
I vantaggi nell’uso della matrice decellularizzata sono una più facile conservazione, una riduzione dei rischi di rigetto o di infezione, oltre all’assenza dei problemi etici legati al trapianto di cellule.
Stem Cell Research & Therapy (2014). DOI: 10.1186/scrt396