Due progetti promossi dal Centro per il Controllo delle Malattie dimostrano che i valori medi di consumo di sale restano al di sopra dei 5 g raccomandati e che la dieta risulta troppo povera di frutta e verdura.
È ampiamente dimostrato che il consumo eccessivo di sale nell’alimentazione è responsabile dello sviluppo di malattie cardio-cerebrovascolari, tumori, osteoporosi, malattie renali. I risultati di diversi studi epidemiologici, osservazionali e di trial clinici hanno evidenziato la relazione causale e hanno portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a raccomandare il consumo giornaliero di sale inferiore ai 5 g al giorno.
La riduzione del sale nell’alimentazione è una priorità dell’OMS e dell’Unione Europea, nell’ambito delle strategie di prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, nonché uno degli obiettivi perseguiti dal Ministero della Salute con il programma “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari”, ribadito nel nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018.
I due progetti promossi dal Centro per il Controllo delle Malattie (CCM) erano finalizzati a determinare, nella popolazione adulta, nei bambini e nei soggetti ipertesi, i livelli urinari di sodio e potassio, quali indicatori rispettivamente del consumo di sale e di frutta e verdura nonché l’efficacia di un programma strutturato di comunità per favorire comportamenti salutari, in particolare per la riduzione del consumo di sale.
Grazie al primo progetto CCM un campione nazionale rappresentativo della popolazione adulta, composto da 1782 uomini e 1730 donne di età 35-79, è stato arruolato nell’ambito dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/health examination survey. Dalla determinazione di sodio e potassio nelle urine delle 24 ore è emerso negli uomini un consumo di 10,8 g di sale e nelle donne un consumo di 8,4 g. Sono stati, inoltre, esaminati 766 ragazzi e 658 ragazze di età compresa fra 8 e 11 anni; anche in questo campione i valori medi di consumo sono risultati al di sopra delle raccomandazioni dell’OMS (7,4 g nei ragazzi, 6,7 g nelle ragazze). Dalle analisi condotte su un campione di soggetti ipertesi, infine, è emerso che, anche in questa popolazione a rischio, oltre il 90% degli uomini e l’80% delle donne consuma più di 5 g al giorno di sale. Per quanto riguarda il potassio, nel campione di popolazione generale adulta l’apporto alimentare medio è risultato pari a 2,5 g/die negli uomini e a 2,2 g/die nelle donne, nettamente inferiore ai livelli di assunzione raccomandati (≥ 3,9 g), indice di un insufficiente consumo di frutta, verdura e legumi, alimenti fra tutti più ricchi in potassio.
Con il secondo progetto CCM “Meno sale più salute”, a tre anni di distanza dagli Accordi tra il Ministero della salute e le Associazioni dei panificatori per la riduzione del sale nel pane in attuazione di “Guadagnare salute”, è stato esaminato un altro campione rappresentativo di popolazione adulta, composto da 663 uomini e 729 donne. Complessivamente è stata registrata una riduzione del 12% del consumo di sale nella alimentazione (negli uomini da 10,8 g a 9,5 g, nelle donne da 8,4 g a 7,4 g). L’introito di sale resta comunque quasi il doppio di quello raccomandato dall’OMS. “Meno sale più salute”, inoltre, ha realizzato in un’area della Campania un programma di intervento di comunità finalizzato alla riduzione del consumo di sale nella popolazione e ne ha dimostrato la fattibilità e la possibilità di essere replicato su tutta l’Italia.
Sono stati siglati nuovi accordi del Ministero della Salute con l’industria alimentare (Associazione Produttori Pane Confezionato–APPC, Associazione Produttori Pasta Fresca-APPF, AIIPA Settore surgelati) per la riduzione del sale anche in altri prodotti.
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