Ben 137 diverse specie batteriche vivono nell’intestino dell’uomo: un vero e proprio “secondo” genoma batterico che potrebbe risultare altamente specifico per la singola persona, e diverso nelle condizioni di salute o malattia. Specie in parte già note, ma anche molte individuate per la prima volta e che sono state isolate a partire da campioni prelevati da persone sane. Che spesso ci si riferisca all’intestino come il “secondo cervello”, grazie alla sua forte innervazione che lo rende particolarmente sensibile alle emozioni, è cosa familiare a molte persone che somatizzano in questo distretto molte fluttuazioni della mente. Meno potrebbe esserlo la presenza di questo pattern microbiotico complesso.
La caratterizzazione completa del microbioma intestinale, effettuata dai ricercatori del Wellcome Trust Sanger Institute, potrebbe rappresentare una pietra miliare nella comprensione delle condizioni di salute e malattia dell’intestino. I risultati sono stati pubblicati su Nature. “La capacità di far luce su questa “materia oscura” batterica ha implicazioni per l’intera biologia e su come consideriamo la salute. Diventeremo in grado di isolare i microbi da persone affette da una specifica malattia, come le infezioni, il cancro o le malattie autoimmuni, e di studiarli in modelli di topo per vedere cosa succede”, ha dichiarato Trevor Lawley, il group leader del Sanger Institute che ha guidato lo studio.
Il mantenimento delle condizioni fisiologiche che permettono la crescita regolare della flora batterica intestinale è un punto essenziale per garantire la corretta funzionalità dell’organo. La delucidazione dell’intero microbioma, il cosiddetto “organo dimenticato” potrebbe a far luce sulle complesse condizioni fisiopatologiche che caratterizzano malattie come l’obesità, il morbo di Crohn, la sindrome dell’intestino irritabile o molte allergie.
L’equilibrio fisiologico della flora batterica può essere alterato non solo dalla malattia, ma anche dai farmaci somministrati ai pazienti, come ad esempio gli antibiotici, e che al momento non sono in grado di distinguere tra i batteri “cattivi” responsabili della malattia e quelli “buoni” che permettono il ripristino delle corrette condizioni dell’intestino. La comparsa di resistenza agli antibiotici, inoltre, potrebbe favorire una ricolonizzazione più rapida da parte dei batteri patogeni, come il Clostridium difficile, rispetto al microbioma intestinale benefico. La lotta contro questo agente patogeno è molto difficile e attualmente può passare anche per il trapianto di feci di persone sane allo scopo di ripopolare il microbioma intestinale corretto: un trattamento non certo piacevole, e che la disponibilità dell’intero pool di microrganismi coltivati in laboratorio potrebbe in futuro evitare grazie allo sviluppo di nuovi farmaci somministrabili per via orale che contengano un mix selezionato e razionale di ceppi batterici.
“Con lo sviluppo di un nuovo processo per isolare i batteri gastrointestinali, siamo stati in grado di sequenziare il loro genoma e di capire di più la loro biologia. Possiamo anche conservarli per lunghi periodi di tempo per renderli disponibili per ricerche future”, ha commentato Hilary Browne, responsabile dell’Host-Microbiota Interactions Laboratory del Wellcome Trust Sanger Institute. I dati genetici generati dal progetto permetteranno di studiare meglio la presenza o assenza delle diverse specie nelle diverse condizioni patologiche: un fatto importante per ipotizzare lo sviluppo di farmaci di nuova generazione.
Gli scienziati hanno anche valutato la quantità di batteri formati spore presenti nell’intestino, circa la metà del totale, e indentificato una nuova possibile modalità per la loro trasmissione tra persone diverse: un dato importante, che potrebbe sostenere una propagazione non solo genetica di alcune malattie. Le spore, infatti, possono rimanere dormienti anche per periodi prolungati e non vengono colpite dagli attuali interventi terapeutici. Le spore permettono ai batteri di sopravvivere anche nell’ambiente esterno e di trasferirsi da una persona all’altra pere via aerea: l’ereditarietà del microbioma, quindi potrebbe trasmettersi anche per questa via.