Al simposio “Uric Acid Cardiovascular Disease: back to pathophysiology” che si è tenuto a Bologna (01-03 dicembre 2016) organizzato dal DIMEC e dall’Università di Denver e promosso dalla Fondazione internazionale Menarini sono stati affrontati i temi:

  • livelli elevati di acido urico nel sangue aumentano i rischi cardiovascolari;
  • alimentazione e farmaci responsabili di alte concentrazioni di acido urico e colpevoli di favorire l’ipertensione;
  • a quali livelli intervenire, con farmaci ma anche con nutrienti.
Livelli alti di acido urico nel sangue aumentano i rischi cardiovascolari. Controllare l'alimentazione e le terapie farmacologiche può favorire la normalizzazione dell'uricemia
Livelli alti di acido urico nel sangue aumentano i rischi cardiovascolari. Controllare l’alimentazione e le terapie farmacologiche può favorire la normalizzazione dell’uricemia

Attualmente il ruolo dellacido urico nella malattia cardiovascolare viene attentamente considerato. Numerosi studi lo indicano come fattore di rischio indipendente per malattie sia cardiovascolari sia renali. Altri studi hanno mostrato che l’iperuricemia predice l’insorgere di ipertensione, sindrome metabolica, obesità, malattia renale e diabete.

L’aumento dell’uricemia nella popolazione generale

«Nella popolazione generale di molti paesi la concentrazione di acido urico nel sangue è in progressivo aumento. Negli Stati Uniti le prime osservazioni, risalenti al 1924, riportano  valori medi nella popolazione maschile di circa 3,5 mg/dL. Tali valori sono saliti  a 6,0-6,5 mg/dL negli anni 60 e sono in ulteriore aumento» avverte Claudio Borghi, docente del DIMEC-Dipartimento di Medicina e Chirurgia dellUniversità di Bologna e presidente del simposio dedicato al ruolo dellacido urico nelle patologie cardiovascolari.

Durante l’incontro, è stato confermato che la presenza di elevati livelli di acido urico ha un ruolo nella comparsa di problemi circolatori, come la gotta, e rappresenta anche un fattore di rischio per eventi cardiovascolari e malattie renali, soprattutto in pazienti con ipertensione, insufficienza cardiaca e diabete.

«Il problema non riguarda soltanto gli Stati Uniti. Variazioni analoghe sono state rilevate in Europa, Cina, Nuova Zelanda – aggiunge Borghi. – Lo studio NHANES, condotto su 18.825 soggetti adulti di entrambi i generi, ha dimostrato la presenza di valori elevati di uricemia superiori a 7,0 mg/dL nel 21,2% degli uomini e a 5,7 mg/dL nel 21,6% nelle donne in età fertile. Ed è elevata, fra questi soggetti, la percentuale di quelli che non seguono alcun trattamento dietetico o farmacologico, con un progressivo aumento dei casi di gotta».

Sebbene le stime parlino di circa 13 milioni di italiani con l’uricemia oltre la norma, la maggior parte non lo sa. Pochi, infatti, la controllano, pochissimi di routine. Soltanto il 2% della popolazione sa che cosa sia l’acido urico o ha mai misurato la sua concentrazione nel sangue. Il 70% di chi ha misurato almeno una volta l’uricemia non ripete il test, oppure lo ripete di rado.

Acido urico e mortalità cardiovascolare

«Lo stesso studio NHANES conferma unassociazione indipendente tra elevati livelli di acido urico e mortalità cardiovascolare, sia nel sesso femminile sia in quello maschile – sottolineaBorghi. – E nello studio MRFIT (Multiple Risk Factor Interevention Trial Study), unaltra indagine epidemiologica effettuata su 7978 ipertesi, con follow-up di circa 7 anni, l’acido urico risulta essere un fattore prognostico indipendente di eventi cardiovascolari».

Alimentazione e acido urico

Laumento dei livelli di acido urico è verosimilmente dipendente da modificazioni dellalimentazione. «In tutto il mondo si è verificato un importante incremento di ipertensione, e di valori di acido urico. Negli ultimi decenni si è verificato un grande aumento nel consumo di bevande gassate e zuccherate, contemporaneo all’aumento di ipertensione e obesità – avverte Daniel Feig dellUniversity of Alabama a Birmingham, Stati Uniti. – L’iperuricemia indotta da diete troppo ricche di zuccheri potrebbe avere un ruolo nell’aumento mondiale di prevalenza dell’ipertensione. Anche lingestione di altri alimenti, come i pasti grassi ricchi di carni rosse e di bevande alcoliche, in particolare la birra, possono contribuire ad aumentare i valori di acido urico e quindi favorire una maggiore diffusione dell’ipertensione».

Farmaci e acido urico

Anche alcuni farmaci, tra cui proprio i farmaci per il controllo della pressione, possono alzare i livelli di acido urico.  

«Diversi farmaci antipertensivi comunemente utilizzati, come i farmaci diuretici o i beta-bloccanti, possono avere come effetto collaterale laumento dei livelli di acido urico – conferma  Stefano Taddei, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dellUniversità di Pisa. – Si tratta in generale di innalzamenti molto modesti, ma che il medico dovrebbe prendere in considerazione, soprattutto quando tratta pazienti affetti da iperuricemia o da gotta. Alcuni farmaci antipertensivi però contribuiscono anche a ridurre l’acido urico: nello studio LIFE (Losartan Intervention for Endpoint Reduction in Hypertension Study), utilizzando il losartan, un antagonista dellangiotensina II, si è osservata una positiva relazione tra la riduzione del livelli di acido urico e della pressione, rispetto al beta-bloccante atenololo».

Ma a quale livello di acido urico bisogna intervenire, e come? Secondo Claudio Ferri, Divisione di Medicina Interna e Nefrologia allUniversità dellAquila, diversi dati indicano che livelli di acido urico oltre il range di normalità, cioè con un valore superiore a 5,0 mg/dL, favoriscono la comparsa di sindrome metabolica.

«Alti livelli di acido urico sono direttamente correlati con indice di massa corporea, circonferenza addominale, pressione del sangue, livelli di glucosio e insulina, trigliceridi. In più l’incremento dei livelli di acido urico, anche a concentrazioni relativamente basse, è associato a un rischio cardiovascolare elevato – spiega Ferri. – Sotto un profilo pratico, diventa sempre più importante investigare la possibilità di ridurre i livelli di acido urico nella popolazione generale sotto il livello di 5,0 mg/dL».

«È necessario prima di tutto modificare lapproccio alimentare nella popolazione generale e successivamente utilizzare nuovi e potenti farmaci inibitori dellacido urico come febuxostat. Infine indagare la possibilità che alcuni nutrienti, quali kampferolo (presente in cavolfiore, cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolo nero, cavolo rosso, cavolo riccio, cavolini di Bruxelles, crescione, ravanello, rucola, senape), baicalina (presente nella scutellaria, una pianta erbacea perenne) e caffeina possano cooperare nel ridurre una concentrazione elevata di acido urico nei soggetti asintomatici» conclude Claudio Ferri.