Pubblicate da NAS e NAM le prime raccomandazioni sull'editing genomico

Il primo documento pubblicato dalla National Academy of Sciences (NAS) e dalla National Academy of Medicine (NAM) contenente le raccomandazioni sulle tecniche di gene editing è frutto di oltre un anno di lavoro di un gruppo interdisciplinare di esperti internazionali di cui ha fatto parte anche l’italiano Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget).

Pubblicate da NAS e NAM le prime raccomandazioni sulle tecniche di gene editing
Pubblicate da NAS e NAM le prime raccomandazioni sull’editing genomico

Le prime ipotesi d’uso su linee germinali

Il rapporto “Human genome editing: Science, Ethics and Governance” fa il punto sull’attuale stato di sviluppo di queste tecnologie e ipotizza, per la prima volta, un possibile futuro utilizzo – in condizioni strettamente controllate e per il trattamento di malattie gravi – anche su linee cellulari germinali, gameti o embrioni in stadio precoce di sviluppo.

Il gruppo di lavoro ha riconosciuto la significativa preoccupazione generale per il possibile impiego futuro di queste tecniche per il “potenziamento” di funzioni fisiologiche o di caratteristiche umane quali la forza fisica, o persino l’intelligenza. Il rapporto raccomanda di promuovere un confronto pubblico tra i diversi stakeholder prima di avviare qualsiasi sperimentazione clinica per scopi diversi da quelli di trattare o prevenire una malattia o disabilità grave.

Secondo il rapporto c’è ancora molta ricerca da fare per valutare rischi e benefici prima di iniziare a considerare un possibile impiego clinico del gene editing su cellule germinali umane, anche se il rapido avanzamento tecnologico potrebbe rendere questo scenario “una possibilità realistica, che merita una seria riflessione al riguardo”.

Il documento sottolinea anche come “cautela non significhi necessariamente divieto”.

Tra i possibili, stringenti criteri che potrebbero essere richiesti per autorizzare studi clinici con linee germinali, il rapporto cita:

  • l’assenza di alternative valide,
  • la limitazione dell’applicazione a quei geni che siano stati associati in maniera scientificamente solida all’insorgenza o predisposizione a una grave malattia,
  • la disponibilità di dati preclinici o clinici che indichino i potenziali rischi e benefici,
  • il monitoraggio rigoroso per tutta la durata dello studio clinico,
  • il follow-up a lungo termine, che coinvolga i figli e le successive generazioni dei pazienti trattati,
  • la rivalutazione periodica dei rischi e benefici dal punto di vista sanitario e sociale anche attraverso un dialogo aperto con tutte le componenti della cittadinanza.

I principi per la governance

Il gruppo di lavoro ha anche individuato una serie di principi che dovrebbero ispirare la governance della ricerca e delle applicazioni cliniche in tema di editing del genoma:

  • Promozione della salute – offrire benefici e prevenire danni ai pazienti;
  • Trasparenza – fornire informazioni chiare, accessibili e fruibili a pazienti, familiari e stakeholder;
  • Cautela – procedere soltanto se sono disponibili solidi dati scientifici a supporto;
  • Ricerca responsabile – seguire i migliori standard nel condurre la ricerca, in linea con la migliore prassi internazionale;
  • Rispetto per gli individui – riconoscere la dignità di ogni singolo individuo e rispettarne le decisioni;
  • Equità – trattare tutti i casi allo stesso modo, con un equo bilancio tra rischi e benefici;
  • Cooperazione transnazionale – condurre le ricerche con un approccio collaborativo, pur rispettando le differenze culturali.

Queste raccomandazioni, formalmente dirette ai paesi che hanno sponsorizzato lo studio, ovvero Stati Uniti e Regno Unito – ha commentato Naldini – sono in realtà rivolte a tutti, almeno nella impostazione generale: illustrano una prudente roadmap per lo sviluppo delle applicazioni del gene editing in campo biomedico, indicando meccanismi appropriati di sorveglianza e di coinvolgimento della società nel senso più ampio del termine, che possano guidare gli eventuali futuri primi passi verso interventi controversi come la modificazione della linea germinale e il potenziamento di alcune caratteristiche della specie umana”.

Tecniche CRISPR-Cas9, confini etici e impatto sociale

L’avvento delle tecniche CRISPR-Cas9 ha aperto molte nuove opportunità terapeutiche – e non solo – i cui confini etici e impatto sociale sono in gran parte ancora da determinare con esattezza.

Il comitato di studio istituito da NAS e NAM ha valutato gli aspetti di natura scientifica, etica e di governance relativi al gene editing.

Per Luigi Naldini il progetto è stato “una coinvolgente occasione di confronto, che ha permesso di mettere in comune conoscenze, esperienze, culture, religioni e nazionalità diverse per affrontare le sfide aperte dalle nuove tecnologie: lo sforzo è stato quello di cogliere le nuove opportunità terapeutiche bilanciando le ragioni scientifiche con l’attenzione a considerazioni di natura etica e di responsabilità sociale”.

Le applicazioni dell’editing genomico su cellule somatiche sono già in clinica e hanno un impatto solo sul paziente, non sulla sua progenie come invece avrebbero quelle sulle linee cellulari germinali.

Nel valutare la sicurezza ed efficacia dei nuovi trattamenti all’interno del quadro di riferimento regolatorio già in essere – suggerisce il rapporto – le autorità preposte dovrebbero considerare il rapporto rischi e benefici rispetto a ogni specifica applicazione.

Anche la Food and Drug Administration aveva fatto recentemente il punto sull’applicabilità dell’editing genomico nei vari settori (ne abbiamo parlato qui).