Lo studio APHINITY valuta l’efficacia di pertuzumab nella riduzione del rischio di recidiva nel carcinoma mammario in fase iniziale HER2-positivo.
Roche, Breast International Group (BIG), Breast European Adjuvant Study Team (BrEAST) e Frontier Science Foundation (FS) hanno annunciato in occasione del 53° congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) a Chicago, i risultati dello studio di fase III APHINITY. Questi evidenziano che il trattamento adiuvante (dopo chirurgia) con l’associazione di pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia riduce significativamente il rischio di recidiva del carcinoma mammario o di morte nelle donne con tumore in fase iniziale (eBC) HER2-positivo rispetto allo standard terapeutico costituito da trastuzumab e chemioterapia.
Il carcinoma mammario HER2-positivo è una forma tumorale aggressiva che colpisce circa una donna su cinque tra quelle con il tumore alla mammella. Nonostante i progressi sin qui compiuti nel trattamento dell’eBC HER2-positivo, una paziente su quattro tra quelle trattate con trastuzumab e chemioterapia andrà incontro nel lungo termine a una recidiva. Il trattamento precoce del carcinoma mammario prima della sua diffusione, potrebbe contribuire a prevenire la ricomparsa della malattia e potenzialmente impedire che la stessa raggiunga uno stadio avanzato. La terapia adiuvante viene somministrata dopo la chirurgia e ha l’obiettivo di eliminare eventuali cellule neoplastiche residue in modo di ridurre il rischio di recidiva.
«Scopo del trattamento adiuvante è permettere a tutti i pazienti oncologici di disporre delle migliori possibilità di cura. Ogni progresso compiuto rappresenta un passo avanti verso tale obiettivo – ha dichiarato Sandra Horning, M.D., Chief Medical Officer e Head of Global Product Development. – Nello studio APHINITY, il regime a base di pertuzumab ha evidenziato un ulteriore miglioramento rispetto agli importanti risultati già raggiunti con trastuzumab nelle donne con carcinoma mammario in fase iniziale HER2-positivo. Stiamo lavorando con le autorità sanitarie internazionali per mettere a disposizione dei pazienti, prima possibile, questa opzione terapeutica».
Gunter von Minckwitz, M.D., coordinatore dello studio per il gruppo BIG, i partner accademici della sperimentazione e presidente del German Breast Group, ha aggiunto «Lo studio APHINITY rappresenta l’ennesimo esempio che testimonia l’importanza della collaborazione tra industria e accademia, che risulta fondamentale per il progredire delle terapie antitumorali e per chi è colpito da questa malattia complessa. Con un follow-up mediano all’analisi primaria di 45,4 mesi, i dati preliminari risultano estremamente incoraggianti. Considerando che i pazienti continueranno ad essere seguiti per 10 anni, ci auguriamo che le prossime analisi ci forniscano maggiori informazioni sul ruolo svolto dal regime a base di pertuzumab nel carcinoma mammario in fase iniziale HER2-positivo».
Lo studio APHINITY sul trattamento adiuvante con pertuzumab per il carcinoma mammario in fase iniziale HER2+
APHINITY (Adjuvant Pertuzumab and Herceptin IN Initial TherapY in Breast Cancer) consiste in uno studio internazionale di fase III, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo e a due bracci, disegnato per valutare l’efficacia e la sicurezza di pertuzumab + trastuzumab e chemioterapia rispetto a trastuzumab e chemioterapia come terapia adiuvante in 4.805 pazienti affette da eBC HER2-positivo operabile.
Le pazienti arruolate nello studio sono state sottoposte a un intervento chirurgico e randomizzate al trattamento, in uno dei due bracci (in rapporto 1:1), con:
- sei-otto cicli di chemioterapia (regime a base o meno di antracicline) con pertuzumab e trastuzumab, seguiti da pertuzumab e trastuzumab ogni tre settimane per un totale di un anno (52 settimane) di trattamento.
- sei-otto cicli di chemioterapia (regime a base o meno di antracicline) con placebo e trastuzumab, seguiti da placebo e trastuzumab ogni tre settimane per un totale di un anno (52 settimane) di trattamento.
Al termine della chemioterapia adiuvante, era possibile effettuare la radioterapia e/o una terapia endocrina. Nelle donne affette da malattia positiva per i recettori ormonali, arruolate nello studio APHINITY è stata raccomandata la somministrazione della terapia endocrina, per almeno cinque anni dopo il completamento della chemioterapia adiuvante. Lo studio APHINITY ha ammesso l’utilizzo di diversi regimi chemioterapici standard e sono state incluse sia pazienti affetti da malattia con linfonodi positivi sia a quelli con linfonodi negativi.
L’endpoint primario di efficacia dello studio APHINITY è l’iDFS, ovvero, ai fini della sperimentazione, il tempo di sopravvivenza dei pazienti senza ricomparsa di carcinoma mammario invasivo in qualsiasi sede o decesso per qualunque causa dopo il trattamento adiuvante.
Gli endpoint secondari includono sicurezza cardiaca e globale, sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da malattia e qualità della vita correlata alla salute.
I risultati dello studio APHINITY
L’associazione di pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia come trattamento adiuvante (dopo chirurgia) riduce del 19% il rischio di recidiva del carcinoma mammario o di morte (sopravvivenza libera da malattia invasiva; iDFS) nelle donne con tumore in fase iniziale (eBC) HER2+ rispetto allo standard terapeutico costituito da trastuzumab e chemioterapia (HR=0,81; 95% CI 0,66-1,00, p=0,045).
A tre anni, il 94,1% delle donne che hanno ricevuto il regime a base di pertuzumab non ha evidenziato alcuna ricomparsa del carcinoma mammario, contro il 93,2% delle pazienti trattate con trastuzumab e chemioterapia.
Al momento dell’analisi primaria, con un follow-up mediano di 45,4 mesi, la riduzione del rischio di carcinoma mammario invasivo ricorrente con il regime a base di pertuzumab si è rivelato superiore nelle donne affetti da malattia con linfonodi positivi (HR=0,77; 95% CI 0,62-0,96, p=0,019) o negativa per i recettori ormonali (HR=0,76; 95% CI 0,56-1,04, p=0,085).
A tre anni, tra le pazienti con malattia con linfonodi positivi, il 92,0% dei pazienti sottoposti al regime a base di pertuzumab non ha evidenziato alcuna ricomparsa del carcinoma mammario, contro il 90,2% delle pazienti trattate con trastuzumab e chemioterapia. I tassi di iDFS nel sottogruppo con malattia negativa per i recettori ormonali, si sono attestati al 92,8% nel braccio sottoposto al regime a base di pertuzumab e al 91,2% nel braccio trattato con trastuzumab e chemioterapia.
Il profilo di sicurezza del regime a base di pertuzumab è risultato in linea con quello osservato negli studi precedenti, con una bassa incidenza di eventi cardiaci e nessun nuovo evento da segnalare.
Il numero di eventi in entrambi i bracci di trattamento, è risultato basso nelle pazienti affette da malattia con linfonodi positivi, mentre in questa fase con il regime a base di pertuzumab non è stato osservato alcun beneficio.
Risultati parziali a quattro anni
In base ai dati parziali a quattro anni dell’analisi primaria, disponibili al momento, una stima dell’iDFS ha dimostrato che il 92,3% delle donne sottoposte al regime a base di pertuzumab non ha evidenziato alcuna ricomparsa del carcinoma mammario, contro il 90,6% dei pazienti trattati con trastuzumab e chemioterapia. Tale risultato indica l’importanza di condurre ulteriori analisi con un follow-up più prolungato, in modo da ottenere maggiori informazioni su questo trattamento.
I risultati dello studio APhinity sono oggetto di una pubblicazione sul New England Journal of Medicine.
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