Nuovi dati su brolucizumab per la degenerazione maculare senile dimostrano superiorità rispetto ad aflibercept nei principali endpoint secondari che misurano la progressione della malattia. Negli studi clinici di fase III, brolucizumab ha già soddisfatto anche l’endpoint primario di non inferiorità rispetto ad aflibercept.

Un numero significativamente inferiore di pazienti in trattamento con brolucizumab ha mostrato segni di attività di malattia e presenza fluido dentro la retina (IRF) e/o sotto la retina (SRF). Questi sono criteri utilizzati dai medici per determinare la frequenza delle iniezioni nella pratica clinica.

Rispetto ad aflibercept, brolucizumab ha permesso riduzioni superiori dello spessore retinico centrale (CST, central subfield thickness), causato da accumulo di fluido

Novartis ha annunciato ulteriori risultati positivi di due studi di fase III su brolucizumab vs aflibercept nei pazienti con degenerazione maculare senile neovascolare. Questa malattia è considerata una delle principali cause di cecità.

I dati dimostrano:

  • la non inferiorità di brolucizumab nell’endpoint primario,
  • una superiorità nei risultati chiave relativi alla salute della retina,
  • un effetto di lunga durata.

I risultati degli studi testa-a-testa HAWK e HARRIER sono stati presentati al Congresso annuale 2017 della American Academy of Ophthalmology (AAO).

I pazienti trattati con brolucizumab 6 mg che hanno mostrato presenza di fluido retinico intra-(IRF) e/o sotto-retinico (SRF), alla settimana 16, sono stati:

  • il 35% in meno rispetto a quelli trattati con aflibercept nello studio clinico HAWK,
  • il 33% in meno rispetto a quelli trattati con aflibercept nello studio HARRIER

(p<0,0001 per entrambi).

Inoltre, alla settimana 48, rispetto ad aflibercept:

  • il 31% in meno di pazienti con brolucizumab 6 mg ha presentato liquido intra- (IRF) e/o sotto-retinico (SRF) nello studio HAWK,
  • il 41% nello studio HARRIER

(p<0,0001 per entrambi).

L’assenza di liquido nei pazienti del braccio trattati con brolucizumab suggerisce un potenziale effetto duraturo della terapia e, quindi, una diminuzione della necessità di un trattamento.

Inoltre, i pazienti trattati con brolucizumab 6 mg hanno mostrato riduzioni superiori dello spessore retinico centrale (CST).

Nella degenerazione maculare senile, un elevato spessore retinico centrale misurato da tomografia ottica computerizzata (OCT) è un indicatore chiave dell’accumulo anomalo di liquido all’interno della retina.

Riduzioni significative del CST sono state evidenti alla settimana 16 (p=0,0016 nello studio HAWK e p<0,0001 nello studio HARRIER) e alla settimana 48 (rispettivamente p=0,0023 e p<0,0001).

In entrambi gli studi, brolucizumab ha soddisfatto l’endpoint primario di efficacia. Questo consiste nella non inferiorità rispetto ad aflibercept nella variazione mediana della miglior acuità visiva corretta (BCVA, best-corrected visual acuity) dal basale alla settimana 48.

L’endpoint primario è stato raggiunto nel:

  • 57% dei pazienti trattati con brolucizumab nello studio HAWK
  • 52% dei pazienti trattati con brolucizumab nello studio HARRIER.

Queste percentuali sono state mantenute in un intervallo di dosaggio q12w subito dopo la fase di carico fino alla settimana 481.

«Gli studi HAWK e HARRIER hanno dimostrato che brolucizumab ha il potenziale per avere un impatto positivo sulla gestione della malattia e per offrire un trattamento di lunga durata – afferma Pravin U. Dugel, Managing Partner, Retinal Consultants of Arizona, professore clinico presso il Roski Eye Institute della Keck School of Medicine, presso la University of Southern California, e investigatore responsabile di entrambi gli studi clinici.

«HAWK e HARRIER hanno dimostrato che brolucizumab ha avuto prestazioni migliori di aflibercept nelle valutazioni dell’attività di malattia, incluse le misure chiave della progressione della stessa osservate con OCT, che sono alla base delle decisioni terapeutiche da parte del medico. Fatto importante, i miglioramenti all’OCT di queste misure chiave sono stati osservati già alla settimana 16, e sono stati mantenuti fino alla settimana 48, con una maggioranza di pazienti in trattamento con brolucizumab a intervalli di trattamento di 12 settimane» – puntualizza Pravin U. Dugel.

«I risultati degli studi di Fase III confermano che, a parità di efficacia con aflibercept, la terapia con brolucizumab permette una maggiore durata dell’effetto del trattamento e una diminuzione del numero di iniezioni, grazie alla possibilità di poter ripetere il trattamento ogni 3 mesi. Questo è un reale vantaggio per il paziente e per i suoi familiari che ha tutte le potenzialità per potersi tradurre in una maggiore aderenza al trattamento. – dichiara Francesco Bandello, direttore della Clinica Oculistica dell’Università Vita-Salute, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano.

Inoltre, le evidenze scientifiche ci dicono che nei pazienti trattati con questa terapia sono state riscontrate riduzioni superiori dello spessore della retina, grazie ad un maggior riassorbimento del liquido, che è alla base della DMS e con un conseguente rallentamento della progressione della malattia stessa osservata con OCT. –aggiunge Francesco Bandello.

Le frequenti iniezioni oculari sono un requisito standard per le terapie per la degenerazione maculare senile, ma possono essere particolarmente pesanti per i pazienti e onerose per i loro caregivers.

Brolucizumab è il primo e unico trattamento creato per inibire una sostanza denominata fattore di crescita vascolare endoteliale (anti-VEGF) nella degenerazione maculare senile che dimostra un importante guadagno visivo, con una maggioranza di pazienti che, nel corso degli studi clinici randomizzati, rimane in un intervallo di trattamento meno frequente ogni 12 settimane (q12) subito dopo la fase di carico.

«Avendo soddisfatto il nostro endpoint di non inferiorità, con una maggioranza di pazienti mantenuta in un intervallo di 12 settimane (q12), siamo davvero entusiasti di condividere questi dati che dimostrano come brolucizumab migliori chiaramente gli outcome anatomici chiave, che sono i biomarcatori della malattia – afferma Vas Narasimhan, Global Head, Drug Development e Chief Medical Officer di Novartis. – Brolucizumab rappresenta un progresso scientifico e clinico di primaria importanza per i pazienti, i caregiver e gli specialisti della retina di tutto il mondo».

In un confronto testa-a-testa, un numero significativamente inferiore di pazienti trattati con brolucizumab ha sperimentato un’attività di malattia alla settimana 16. È stata infatti osservata una progressione

  • nel 23,5% dei pazienti trattati con brolucizumab 6 mg, rispetto al 33,5% dei pazienti trattati con aflibercept nello studio HAWK;
  • nel 21,9% dei pazienti trattati con brolucizumab, rispetto al 31,4% dei pazienti trattati con aflibercept nello studio HARRIER

(p=0,0022 per entrambi).

La sicurezza di brolucizumab è risultata paragonabile a quella di aflibercept, con un’incidenza complessiva di eventi avversi equamente distribuita in tutti i gruppi di trattamento in entrambi gli studi. Nello studio HAWK gli eventi avversi oculari più frequenti (più del 5% dei pazienti in qualsiasi braccio di trattamento) rispettivamente per brolucizumab 3 mg e 6 mg e aflibercept, sono stati:

  • riduzione dell’acuità visiva (8,7%, 6,9% e 8,9%),
  • emorragie congiuntivali 8,4%, 6,4% e 5,6%),
  • corpi mobili vitreali (6,7%, 5,0% e 3,1%),
  • dolore oculare (5,9%, 4,4% e 4,2%).

Le incidenze di questi stessi eventi avversi, rispettivamente per brolucizumab 6 mg e
aflibercept, nello studio HARRIER sono state:

  • riduzione dell’acuità visiva (5,9% e 6,2%),
  • emorragie congiuntivali (1,9% e 3,3%),
  • corpi mobili vitreali (3,0% e 0,8%),
  • dolore oculare (2,7% e 3,3%).

Gli eventi avversi non oculari più frequenti sono stati quelli tipicamente segnalati in una popolazione di degenerazione maculare senile, non si sono verificate differenze notevoli tra i bracci di studio.

L’incidenza di eventi trombotici arteriosi (ATE, arterial thrombotic events) è stata del:

  • 3,9%, 2,5% e 5,5% (rispettivamente brolucizumab 3 mg, brolucizumab 6 mg e aflibercept) nello studio HAWK
  • dell’1,6% e 1,1% (rispettivamente brolucizumab 6 mg e aflibercept) nello studio HARRIER.

Brolucizumab (RTH258)

Brolucizumab (RTH258) è un frammento anticorpale umanizzato a singola catena (scFv, single-chain antibody fragment). I frammenti anticorpali a singola catena sono molto ricercati nello sviluppo dei farmaci, in quanto sono caratterizzati da:

  • piccole dimensioni,
  • ottima penetrazione tissutale,
  • rapida clearance dalla circolazione sistemica,
  • caratteristiche posologiche vantaggiose.

L’innovativa struttura proprietaria consiste in una piccola molecola (26 kDa) dotata di:

  • potente capacità di inibizione di tutte le isoforme VEGF-A,
  • elevata affinità a tutte le isoforme VEGF-A.

Negli studi preclinici, brolucizumab ha già dimostrato di inibire l’attivazione dei recettori VEGF attraverso la prevenzione dell’interazione ligando-recettore. Infatti, l’aumento della segnalazione attraverso il pathway VEGF è associato ad angiogenesi oculare patologica e a edema retinico. L’inibizione del pathway VEGF, quindi, ha dimostrato di:

  • rallentare la crescita delle lesioni neovascolari,
  • risolvere l’edema retinico,
  • migliorare la visione nei pazienti con malattie vascolari corioretiniche.

Il disegno degli studi HAWK e HARRIER

HAWK e HARRIER sono studi clinici testa-a-testa globali condotti in pazienti con degenerazione maculare senile. Hanno dimostrato in modo prospettico l’efficacia alla settimana 48 utilizzando un innovativo regime q12w/q8w, con una maggioranza di pazienti mantenuta in un intervallo di dosaggio ogni 12 settimane (q12w) subito dopo la fase di carico.

I due studi hanno arruolato oltre 1800 pazienti in 400 centri in tutto il mondo.

Entrambi sono studi prospettici di 96 settimane, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco, e fanno inoltre parte dello sviluppo clinico di fase III di brolucizumab.

Gli studi sono stati disegnati per confrontare l’efficacia e la sicurezza delle iniezioni intravitreali di brolucizumab 6 mg e 3 mg (solo HAWK) rispetto ad aflibercept 2 mg nei pazienti con degenerazione maculare senile.

Gli enpoint degli studi HAWK e HARRIER

L’endpoint primario di efficacia degli studi HAWK e HARRIER era quello di confermare che brolucizumab è non inferiore ad aflibercept. Il criterio adottato per stabilire la non inferiorità è la variazione media dal basale alla settimana 48 della miglior acuità visiva corretta (BCVA).

Gli endpoint secondari, invece, includono:

  • la variazione mediana media della BCVA rispetto al basale nel periodo dalla settimana 36 alla 48,
  • la percentuale di pazienti su un intervallo di dosaggio ogni 12 settimane (q12w) alla settimana 48,
  • i parametri anatomici.

In entrambi gli studi clinici i pazienti sono stati randomizzati a brolucizumab o aflibercept. Subito dopo la fase di carico di tre mesi, i pazienti nel braccio brolucizumab sono stati sottoposti a un intervallo di dosaggio ogni 12 settimane (q12w), con l’opzione di modificare l’intervallo a 8 settimane (q8w), in base alle valutazioni sull’attività di malattia effettuate in cieco in occasione di visite definite. Aflibercept è stato somministrato ogni due mesi, come da sue indicazioni.

I dati sono stati rilevati alla settimana 16, poiché in questo momento le valutazioni dei trattamenti con brolucizumab e aflibercept sono identiche. Questo offre pertanto l’occasione di osservare come entrambi i farmaci si comportano in un confronto affiancato.

La degenerazione maculare senile neovascolare o umida

La degenerazione maculare senile insorge quando si formano e proliferano vasi sanguigni anomali sotto la macula, l’area della retina responsabile di una nitida visione centrale. Questi vasi sanguigni sono fragili e, quindi, perdono liquido e sangue, disgregando la normale architettura retinica e causando infine danni alle cellule fotosensibili.

I primi sintomi di degenerazione maculare senile includono visione distorta (metamorfopsia) e difficoltà a vedere gli oggetti chiaramente. Una rapida diagnosi e un intervento tempestivo sono essenziali: con il progresso della malattia, i danni alle cellule aumentano, riducendo ulteriormente la qualità della visione. Questo può quindi determinare una completa perdita della vista. In assenza di trattamento, inoltre, la vista può deteriorarsi rapidamente.

Per approfondire

Brolucizumab per la degenerazione maculare senile essudativa o neovascolare

Dati a due anni su brolucizumab per la degenerazione maculare senile neovascolare