Stiamo vivendo una rivoluzione epocale che ha messo i big data e l’intelligenza artificiale al centro della società: l’uso degli algoritmi intelligenti rappresenta ormai anche il futuro dell’industria del farmaco, che sta evolvendo sempre più nel senso della personalizzazione delle cure. Se finora tale approccio è stato mirato soprattutto alle attività di drug design, iniziano ora a comparire anche i primi studi che valutano la possibile applicazione dell’intelligenza artificiale per determinare a priori l’efficacia terapeutica di un certo intervento.
I ricercatori del McLean Hospital (Massachusetts, in principale ospedale psichiatrico all’interno dell’Harvard Medical School) hanno approfondito il tema in relazione all’efficacia dei farmaci antidepressivi, e hanno sviluppato e testato un algoritmo per prevedere la risposta dei pazienti prima dell’avvio della terapia.  I risultati sono stati pubblicati su Psychological Medicine.

Comparare la previsione col dato clinico reale

I dati preliminari acquisiti ex-ante sulla caratteristiche cliniche e demografiche dei partecipanti allo studio clinico multi-sito Embarc sull’efficacia efficacia di alcuni farmaci antidepressivi sono stati utilizzati come base per lo sviluppo dell’algoritmo, il cui funzionamento è stato testato in uno studio pilota condotto in parallelo allo studio clinico di efficacia del farmaco, in cui i pazienti sono stati randomizzati contro placebo. Secondo gli autori, in un terzo circa dei casi la previsione dell’algoritmo è coincisa con l’osservazione clinica del fatto che i pazienti previsti essere più responsivi al trattamento farmacologico hanno effettivamente mostrato una maggiore risposta terapeutica qualora assegnati al gruppo di trattamento col farmaco.
Particolarmente ‘adatti’ alla previsione si sono dimostrati i pazienti più gravi e caratterizzati da un’emozionalità negativa e in età più avanzata; altri fattori che potrebbero essere coinvolti nella risposta sono lo stato occupato del paziente e il migliore controllo cognitivo dimostrato nell’esecuzione di operazioni al computer.

I prossimi passi e il possibile impatto sul mercato

Il prossimo obiettivo dei ricercatori americani è estendere la sperimentazione in condizioni real world, dove comparare la previsione dell’algoritmo alla risposta terapeutica reale anche in condizioni di comparazione di farmaci diversi, o dell’uso di antidepressivi rispetto alla psicoterapia.
Questi risultati ci portano più vicini all’identificazione dei pazienti che con maggiore probabilità possono beneficiare di un trattamento con inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri) e potremmo realizzare l’obiettivo di personalizzare la scelta del trattamento antidepressivo”, ha commentato il coordinatore dello studio, Madhukar Trivedi.
L’impatto di un simile approccio potrebbe anche contribuire a rivitalizzare il mercato degli antidepressivi, che secondo un recente report di GlobalData, conta attualmente una trentina di prodotti, la maggior parte dei quali sono farmaci generici. Gli ultimi anni hanno visto la scadenza brevettuale di prodotti storici come la duloxetina cloridrato e l’aripiprazolo, a cui ha fatto da contraltare il lancio di nuovi prodotti come la vortioxetina e il brexpiprazolo. Le pipeline avanzate contano anche altri sei prodotti vicini al mercato, tutti dedicati al trattamento dei pazienti resistenti alla terapia.

La possibilità di prevedere in anticipo come il paziente potrebbe rispondere a un certo farmaco permetterebbe, secondo il Neurology Analyst di GlobalData, Rahael Maladwala, di trovare un rimedio efficace anche per quel terzo di pazienti circa che attualmente non risponde alla prima terapia farmacologica che gli viene prescritta per la depressione. Oltre che a livello di ottimizzazione della cura, l’impiego dell’intelligenza artificiale per la corretta prescitrzione dei farmaci potrebbe avere un grande impatto anche sia sul piano dell’ottimizzazione dei costi l’intervento per i sistemi sanitari.
Gli studi di questo tipo sono solo all’inizio, e man mano che la tecnologia migliora la speranza è che i medici diventeranno in grado non solo di dire se un paziente è adatto o meno al trattamento farmacologico, ma anche qual è il farmaco specifico che potrebbe dare la maggiore risposta terapeutica”, ha commentato Maladwala a proposito dello studio del McLean Hospital. La previsione degli analisti è che i prossimi vent’anni vedano una sempre maggiore diffusione di questo tipo di approccio anche in altre aree terapeutiche, con il conseguente miglioramento complessivo degli esiti e della qualità della cura.