Un viaggio affascinante, quello proposto da Mark O’Connel nel suo libro “Essere una macchina”. Un viaggio nel quale l’autore incontra gente strana, che sostiene come, nell’inevitabile singolarità tecnologica verso cui stiamo andando (e raggiungerla sarà questione di pochi decenni), i concetti di vita, di morte e di essere umano così come li conosciamo oggi non esisteranno più: le limitazioni che caratterizzano gli aspetti meno desiderabili della condizione umana saranno oltrepassati e si raggiungerà – in un modo o nell’altro, ma senz’ombra di dubbio – l’immortalità.

Verso un domani post-umano?

La ricerca della vita eterna non è certo invenzione dei transumanisti che O’Connel incontra sul suo cammino: la manipolazione delle capacità umane per arrivare alla creazione di un essere artificiale, perfetto, post-umano è un sogno che l’uomo insegue da sempre. Ma la sensazione – perché, non disponendo di dati relativi al numero di persone che si dichiarano transumaniste, di questo si tratta – è che oggi l’accelerare del progresso tecnologico faccia sì che la schiera di coloro che credono nell’avvento di eserciti di Frankenstein sia sempre più ampia. D’altra parte, Peter Thiel, il visionario co-fondatore di Paypal, considera la morte semplicemente “un problema che va risolto”. Se il corpo è una macchina e un giorno non funziona più e non si può più riparare, la soluzione è facile: basta cambiarlo con uno nuovo!

Obiettivo: vivere a lungo e meglio

Ma mentre aspettiamo che qualcuno trovi il modo di conservare le nostri menti per impiantarle su corpi-macchina nuovi, c’è chi, come Kris Verburgh nell’intervista riportata nel numero di dicembre di NCF, sostiene che con l’ausilio di biotecnologie di next-generation il target di 200 anni possa essere raggiunto in un futuro molto prossimo: «Le persone – spiega il ricercatore belga – vogliono sopravvivere: è un istinto evolutivo, di fatto. Penso che molti sarebbero interessati ad allungare le propria vita, a condizione che possano ancora goderne, che rimangano in buona salute e idealmente anche giovani». E la ricerca di farmaci senolitici, che rallentino i processi di senescenza cellulare per procrastinare la comparsa delle malattie tipiche della terza età, è proprio la direzione verso cui si stanno indirizzando molti laboratori ai quattro angoli del globo. Così come la Commissione europea sta investendo risorse in progetti di ricerca e innovazione dedicati alla gestione dell’invecchiamento. Perché quei 3 mesi che – come ci ricorda il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi – grazie alla ricerca, ai nuovi farmaci, ai corretti stili di vita e ai progressi della medicina guadagniamo ogni anno in aspettativa di vita – siano 3 mesi vissuti “alla grande”.

Ma è davvero il futuro che vogliamo?

Vivere per sempre giovani sarà pure un bel sogno, ma mi sento di condividere le parole di O’Connel: “Quel che mi è parso di capire, alla fine, è che il futuro [come inteso dai transumanisti NdR] non esiste o che esiste solo come simulacro allucinatorio del presente, una favola consolatoria, o una terrificante storia dell’orrore che ci raccontiamo per giustificare o condannare il mondo in cui viviamo, il mondo costruito intorno a noi, mossi dai nostri desideri, a dispetto della nostra ragionevolezza”.