Il nuovo anno si apre con preoccupanti segnali di stagnazione, quando non di aperta recessione, per l’economia a livello globale. Segnali che richiedono da parte delle aziende una ridefinizione delle priorità d’azione al fine di riuscire a mantenere la propria posizione di mercato. La sfida del 2019 dovrebbe essere quella di dare priorità alle alleanze digitali, attraverso una nuova stagione di fusioni e acquisizioni finalizzate alla creazione di nuovi modelli focalizzati di business e all’acquisizione di competenze “disruptive” di gestione dei dati, che mettano in grado le società di stampo tradizionale di competere al meglio con le new entry del settore life science. Le indicazioni provengono dall’annuale appuntamento con il “ 2019 EY M&A Firepower report”.
Tenere il passo col nuovo paradigma tecnologico
Il 2018 si è chiuso con un bilancio totale di 198 miliardi di dollari d’investimenti in operazioni M&A nel settore life sciences, focalizzate soprattutto a rinforzare le aree terapeutiche e ottimizzare il portfolio delle aziende del settore. Ma questa visione tradizionale dell’innovazione in campo farmaeceutico potrebbe non essere più sufficiente a reggere le sfide di ritorni sempre più incerti sugli investimenti e a fronteggiare il prepotente affermarsi dei nuovi paradigmi. “Mentre le tecnologie digitali diventano lo status quo, le aziende che hanno già compiuto le proprie scommesse terapeutiche e hanno investito in tecnologie disruptive saranno meglio posizionate per accelerare la crescita”, ha commentato la leader EY Global Health Sciences and Wellness Industry di EY, Pamela Spence.
Secondo gli analisti, il 2018 è stato un anno più modesto rispetto alle attese per quanto riguarda le operazioni M&A , con solo il 16% degli 1,2 triliardi di dollari di “firepower” disponibili effettivamente investiti in operazioni di acquisizione (rispetto al 27% del 2014). Secondo oltre il 60% degli executive intervistati dall’indagine di EY, la quantità di operazioni minore rispetto alle aspettative sarebbe motivata dalle quotazioni troppo elevate delle società biotech (+78% per le biopharma rispetto al 2014) e digitali, mentre sottostimato sarebbe il valore delle aziende medtech.
Stop ai mega-deal
Il futuro sembra andare piuttosto verso operazioni più piccole focalizzate sull’acquisizione di piccole e medie imprese (i cosiddetti bolt-on deal), che consentano ai big player del mondo farmaceutico di entrare in possesso delle competenze necessarie per affrontare le sfide delle tecnologie emergenti e di consolidare i propri portfolio nelle aree terapeutiche chiave. Questo tipo di operazioni hanno generato nel 2018 il 43% del valore totale dei deal e l’81% del volume, pur rappresentando meno del 25% della capitalizzazione di mercato degli acquirenti. Gli obiettivi per il 2019 potrebbero essere soprattutto le Pmi valutate fino a un valore massimo di 10 miliardi di dollari.
Pfizer (5%), Merck, Roche e Johnson & Johnson (4% ciascuna) continuano a mantenere le quote più elevate del mercato biofarmaceutico. Secondo il rapporto di EY, le società che attualmente stanno ottenendo le migliori performance sono quelle che hanno deciso di puntare in modo deciso su una focalizzazione del proprio business (almeno il 50%) su una sola area terapeutica. Una dinamica che potrebbe favorire nuove acquisizioni focalizzate a consolidare tale dinamica, che potrebbe creare opportunità di M&A per un valore totale di oltre 200 miliardi di dollari solo per le quattro aree terapeutiche dell’oncologia, immunologia e infiammazione, cardiovascolare e malattie infettive.
Se da un lato c’è chi cerca nuove opportunità d’investimento, dall’altro anche i disinvestimenti dovrebbero venire utilizzati per creare nuovo valore, soprattutto per le società nella fascia più bassa delle quote di mercato, che potrebbero trovare le maggiori difficoltà a differenziare i propri prodotti agli occhi dei payer. Il valore potenziale delle M&A volte all’ottimizzazione del portfolio sarebbe di 238 miliardi di dollari per il 2019, secondo gli analisti di EY.
Non meno importanti nel 2019 saranno le alleanze con i nuovi player “nativi digitali”, fondamentali per supportare i nuovi modelli di ricerca e sviluppo e differenziare i prodotti in base alla raccolta delle evidenze real world. Sono state 347 le operazioni di questo tipo nel periodo 1 gennaio 2014 – 16 novembre 2018, nella maggioranza dei casi (50%) dettate dalla volontà d’innovare l’R&D. Il 25% delle operazioni ha riguardato due dei player principali, Novartis e Roche, segnala EY nel suo rapporto; il 40% delle operazioni, inoltre, ha riguardato le aree terapeutiche dell’oncologia, delle malattie neurologiche e del diabete.