L’approccio terapeutico di CAR-T offre opportunità sorprendenti per il trattamento di tumori resistenti ai farmaci tradizionali, ma, per la sua complessità, deve incontrare gestione adeguata.

CAR-T
Concetta Quintarelli, resp. lab. Terapia Genica – Ospedale Bambino Gesù (credits: il denaro.it)

L’apertura della Giornata di Studio AFI del 30 gennaio, per l’occasione ospitata dall’Istituto Europeo di Oncologia, è tutta per la punta di diamante dell’immunoncologia. CAR-T è il protagonista della brillante presentazione della professoressa Concetta Quintarelli, responsabile del Laboratorio di Terapia Genica dei Tumori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Il pensiero va subito alle straordinarie tappe bruciate nel corso degli ultimi due anni. Il via libera di EMA a giugno del 2018 e la precedente approvazione (un anno prima) da parte di FDA di due terapie basate sull’approccio CAR-T:

  • Kymriah (tisagenlecleucel), sviluppato da Novartis e approvato per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta, che rappresenta il 75% di tutti i casi di leucemia infantile
  • Yescarta (axicabtagene ciloleucel), di Gilead, indicato per il linfoma diffuso a grandi cellule B.

In entrambi i casi l’approvazione è limitata a patologie resistenti alle terapie tradizionali.

L’approccio CAR-T rientra nell’ambito dell’immunoncologia, disciplina già presente in forma embrionale nella mente degli scienziati dell’inizio del Novecento. L’idea di utilizzare le risorse del sistema immunitario per attaccare e sconfiggere il cancro ha nel tempo preso forme sempre più delineate. Oggi porta farmaci al letto del paziente.

La particolarità di CAR-T è svelata dall’acronimo. L’espressione Chimeric Antigen Receptor T-cell spiega che tutto ruota intorno ai linfociti T. Queste cellule vengono prelevate e ingegnerizzate per esprimere il recettore chimerico antigenico. E’ proprio questa struttura molecolare a permettere loro di riconoscere le cellule tumorali una volta reinfuse nel paziente.

Ma, data la complessità della questione, le difficoltà non mancano.

Il Bambino Gesù è stato il primo centro in Italia a somministrare i linfociti T con antigene chimerico. Nel febbraio del 2018 l’Ospedale ha presentato alla stampa il caso del primo paziente italiano curato con CAR-T. Un bambino di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta e refrattario alle terapie convenzionali. Il piccolo, in remissione completa, gode di buona salute.

CAR-T e i suoi effetti collaterali

In primo luogo, occorre tenere conto degli effetti collaterali che CAR-T può indurre.

La neurotossicità, quando si verifica, si manifesta come un fenomeno severo inquadrabile come un’encefalopatia (CRES, CAR-T cell Related Encephalopathy Syndrome).

Non meno rischiosa la sindrome da rilascio di citochine (Cytokine Release Syndrome, CRS). Si tratta di una reazione infiammatoria che può essere tanto violenta da richiedere il ricovero in terapia intensiva. Esistono oggi diversi strumenti farmacologici per la gestione della tempesta citochinica, dagli steroidi all’anticorpo monoclonale tocilizumab (inibitore dell’IL-6).

Tuttavia il paziente deve essere sottoposto ad un continuo immuno-monitoraggio dei livelli di citochine per poter diagnosticare precocemente eventuali tossicità.

Proprio sulla tossicità che può derivare dall’infusione di linfociti T attivati, la professoressa Quintarelli riporta l’esperienza del suo laboratorio. Uno dei punti in cui l’esperienza del Bambino Gesù si discosta dagli studi statunitensi riguarda la sequenza genica inserita nei linfociti T in fase di ingegnerizzazione. La sequenza, che garantisce ai medici la possibilità di controllare eventuali tossicità, è quella del gene che codifica per la Caspasi 9 inducibile (iC9), un gene suicida. Se la quantità di citochine rilasciate dall’organismo del paziente raggiunge un livello di guardia, è possibile attivare la Caspasi 9 attraverso la somministrazione di un farmaco specifico. Attivato il gene, i linfociti T sono indotti all’apoptosi, che spegne la reazione.

A margine di questo report, la Quintarelli sottolinea come si sia trattato di un parametro di sicurezza che non è stato necessario usare. Nel gruppo di pazienti che hanno ricevuto la terapia CAR-T al Bambino Gesù non si è verificato alcun evento avverso tale da limitare il dosaggio del farmaco.

Una procedura lunga e complessa

Le procedure di laboratorio che portano all’ottenimento della terapia da somministrare, sono lunghe e complesse. A partire dalla stessa leucoaferesi, che la Quintarelli descrive come lo step fondamentale per ottenere una buona espansione cellulare dopo infusione.

Laborioso anche il trasporto delle cellule T in laboratori ad alta specializzazione approvat da AIFA per l’ingegnerizzazione, che nel caso del Bambino Gesù coincide con la cell factory allestita all’interno della struttura.

E’ inoltre la natura paziente-specifica dell’approccio CAR-T a determinare ulteriori bisogni. Fra questi, uno dei più urgenti è la necessità di gestire big data di genetica molecolare che richiedono un network fra istituti di ricerca. Alleanza Contro il Cancro, la più grande rete di ricerca oncologica italiana, è impegnata nella caratterizzazione dei singoli pazienti. Lo fa attraverso l’attività del Working Group Immunoterapia, di cui Maria Concetta Quintarelli è responsabile.

Più sinergia fra accademia e industria

Attualmente le interazioni fra accademia e industria sono insufficienti a coprire il bisogno. Senza il supporto di quest’ultima, sarebbe impossibile per la ricerca universitaria portare il farmaco al letto del paziente. La terapia innovativa continuerebbe ad essere un’idea geniale che giace sul bancone di un laboratorio.

In mancanza di un’adeguata disseminazione clinica, l’accesso alle terapie resta limitato. Così come è ancora l’industria a mettere a disposizione gli strumenti per il monitoraggio dei pazienti su larga scala.

Si tratta di eccellenze che dovrebbero coordinarsi di più e meglio. Per questo occorre costruire una maggiore sinergia, che valorizzi entrambe.

CAR-T

Banche cellulari per trattare le recidive

Nel caso in cui il paziente viene colpito da recidiva del tumore dopo la remissione assicurata da CAR-T, è necessaria una nuova reinfusione di linfociti T modificati. Ma la procedura di ottenimento è lunga e per il paziente il fattore tempo è cruciale.

Per questo è necessario istituire banche di cellule già geneticamente manipolate e pronte per essere reinfuse.

Innovazione e sostenibilità

Fra i fattori frenanti l’accesso alle terapie innovative, sicuramente i costi elevati sono al primo posto. CAR-T non fa eccezione. Negli Stati Uniti il trattamento con Kymriah o Yescarta costa fra i 350.000 ed i 450.000 $. In Europa le cifre sono (non significativamente) minori. Numerosi i potenziali pazienti. Persone che hanno già ricevuto tutti i trattamenti che la moderna oncologia può offrire. E che, a causa delle molteplici recidive o della resistenza ai farmaci, non hanno altre speranze.

Dunque è necessario individuare sistemi che rendano sostenibile la cura e ne estendano l’accesso.

Non solo tumori liquidi per CAR-T: il neuroblastoma

Non solo tumori liquidi, dunque, nel mirino di CAR-T. Sappiamo che l’approccio CAR-T è nato nell’ambito della terapia di leucemie e linfomi. Le esperienze fatte con i tumori solidi hanno evidenziato i limiti di questa procedura. Il tumore solido, infatti, crea un microambiente estremamente immunosoppressorio, che può ridurne l’efficacia.

Contrariamente al paradigma imperante, la professoressa Quintarelli racconta della ricerca in corso nel suo laboratorio al Bambino Gesù su un gruppo di pazienti affetti da neuroblastoma, in recidiva o resistenti alla terapia tradizionale. La fase I è ad oggi conclusa. I due aspetti rilevanti sono:

  • l’assenza di neurotossicità nei pazienti
  • l’espansione cellulare T ancora più intensa rispetto ai pazienti leucemici.

A sei settimane dall’infusione l’imaging MR mostra una riduzione significativa della lesione tumorale in tutti i pazienti. Le ricadute positive della somministrazione di CAR-T non finiscono qui. Nei pazienti con metastasi ossee la scintigrafia ne rivela la decisa riduzione o scomparsa totale.