A quasi un anno dall’entrata in vigore del regolamento Gdpr sulla protezione dei dati personali, è tempo dei primi bilanci sul suo impatto reale nel mondo della salute. Per quanto riguarda il settore della ricerca biomedica, sono diverse le preoccupazioni espresse dalle organizzazioni associate alla Biomedical Alliance in Europe (BioMed Alliance). L’associazione che raggruppa una trentina di società scientifiche europee attive nel campo medico e della salute ha riassunto tali posizioni in uno statement pubblicato sul suo sito, in cui viene sottolineato l’elevato impegno di tempo, personale e risorse finanziarie necessarie ad adempiere agli oneri imposti dal Gdpr.

Le considerazioni generali

Lo si sapeva fin dall’inizio, il regolamento Gdpr è molto complesso e anche la sua implementazione non lo è di meno, confermano le società scientifiche europee, anche perché le organizzazioni sanitarie avrebbero segnalato un numero insufficiente di Data protection officer che presiedano alla sua corretta traduzione in pratica. Risultano particolarmente critiche le interpretazioni divergenti a livello internazionale di concetti generali quali, ad esempio, il controller, il processor o il joint-controller; BioMed Alliance segnala anche la mancanza di interpretazioni settoriali specifiche e validate a livello internazionale.

Ciò può impattare negativamente sulle relazioni già di per sé spesso complesse che intercorrono tra ricercatori e medici, ad esempio per quanto riguarda la rete di professionisti diversi che potrebbe essere necessario attivare per giungere ad una diagnosi di malattia rara. È stato il caso, ad esempio, segnalato dall’Università della Sorbona di Parigi per quanto riguarda i rischi di errori associati all’anonimizzazione con codici a 14 cifre e successiva trasmissione tra i diversi professionisti sanitari dei dati identificativi dei pazienti. Non meno critiche sono le difficoltà segnalate nello scambio di campioni biologici o di dati sanitari a fini di ricerca tra ricercatori di paesi diversi, sottolinea lo statement. La richiesta avanzata da BioMed Alliance è quella di giungere all’armonizzazione delle regole per la distribuzione di tali tipologie di dati e biomateriali tra tutti i paesi europei.

Il problema dell’uso secondario dei dati

La posizione espressa dalle società scientifiche sottolinea la difficoltà di poter utilizzare i dati e i campioni raccolti per scopi diversi da quelli per cui era stato raccolto il consenso iniziale. Un problema che avrebbe impedito di completare un certo numero di studi, sottolinea il documento, ad esempio per verificare a distanza di qualche anno se i pazienti partecipanti a uno studio pediatrico avessero sperimentato degli effetti collaterali.

Un altro aspetto critico e di solito meno considerato riguarda l’impossibilità per gli studenti di medicina di analizzare le cartelle cliniche dei pazienti a scopo di ricerca, a meno che i dati in esse contenuti non siano stati anonimizzati. BioMed Alliance cita a questo riguardo l’esperienza dell’ospedale universitario di Ghent (Belgio) in occasione di studi osservazionali retrospettivi. Oltre a ciò, lo statement sottolinea che come la gestione degli aspetti di protezione dei dati personali all’interno degli studi clinici e delle altre attività di ricerca richieda la disponibilità di personale qualificato, in grado di cogliere anche le diverse interpretazioni della normativa che possono venire date a livello internazionale. La produzione di alcune tipologie di documentazione per gli studi a paziente singolo, come ad esempio la Data protection impact analysis, richiede inoltre la disponibilità di un team di esperti. Il documento di BioMed Alliance riporta anche una lista dettagliata di progetti che hanno sperimentato difficoltà con l’applicazione del regolamento Gdpr.

I suggerimenti per migliorare

La posizione espressa dalle società scientifiche europee non manca anche di sottolineare alcuni possibili punti per migliorare l’applicazione del regolamento Gdpr, primo fra tutti la disponibilità di un codice di condotta per l’uso dei dati personali in campo sanitario che superi le diverse interpretazioni nazionali sia del Gdpr che di altre normative europee. A ciò si dovrebbero aggiungere linee guida chiare ed armonizzate per l’implementazione del regolamento, affiancate da azioni di educazione dei ricercatori che lo devono applicare. Non meno importanti sarebbero per BioMed Alliance una valutazione dell’impatto sulle attività di ricerca in campo sanitario, a cui far seguire eventuali deroghe nel campo specifico della ricerca clinica.