Le fake news possono nuocere gravemente alla salute: la Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare, riunita nel congresso annuale a Napoli, lancia l’allarme.

Le fake news possono nuocere gravemente alla salute
Oltre 1 italiano su 3 cerca informazioni mediche in rete. Questo impatta fortemente sul rapporto medico-paziente distorcendolo. A scapito della salute dei pazienti stessi

Psicologi, clinici e nutrizionisti fanno il punto sull’universo fake news nel campo della salute, analizzando i processi mentali che portano a dare maggior credito agli influencer piuttosto che ai professionisti della salute e mettendo in guardia dalla pericolosità del fenomeno, che appare sempre più fuori controllo ai tempi del web e dei social media.

Il problema delle fake news, vecchio come il mondo della comunicazione, ai tempi dei social media ha assunto una diffusione e delle peculiarità inedite anche nel campo della salute. Per questo medici ed esperti di comunicazione devono attrezzarsi per far fronte a questo fenomeno dilagate, che può provocare gravi danni. L’argomento è stato affrontato anche nell’ambito di una tavola rotonda organizzata durante il congresso annuale della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC) a Napoli.

«Soprattutto nel campo della prevenzione primaria, cioè tra le persone sane – afferma Massimo Volpe, presidente della Società Italiana per la prevenzione Cardiovascolare e ordinario di Cardiologia presso l’Università La Sapienza, Ospedale Sant’Andrea di Roma – c’è maggiore propensione a servirsi del “professor Google” o dei social media che danno in genere “ricette” superficiali, piuttosto che affidarsi al medico o ai professionisti della salute. Anche la prevenzione va interpretata come un atto medico, importante come la cura, che non può essere vicariato attraverso superficiali o errate informazioni reperite in rete. I social media tendono inoltre spesso ad amplificare messaggi negativi inerenti all’uso di farmaci che hanno salvato milioni di vite. È il caso ad esempio degli ACE-inibitori, associati a una maggior incidenza di tumori polmonari, delle statine, associate a una maggior comparsa di diabete di tipo 2, dei diuretici tiazidici, associati a una maggior incidenza di basalioma».

Un italiano su tre secondo il Censis cerca informazioni mediche e scientifiche in rete, incappando spesso in articoli fuorvianti o totalmente falsi su alimentazione, attività fisica, prevenzione, screening e altro.

Da che cosa dipende la colesterolemia?

Tra i miti maggiormente diffusi c’è quello che l’ipercolesterolemia dipende dai geni e non dall’alimentazione.

«Molti ritengono che il livello alto di colesterolo sia dovuto soltanto ad alterazioni genetiche per le quali non esistono trattamenti – afferma Evelina Flachi, specialista in scienza dell’alimentazione e presidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare. – Si tratta evidentemente di una fake news perché la forma più comune di ipercolesterolemia è invece quella legata ad alcuni fattori di rischio quali dieta non equilibrata, fumo, sedentarietà e obesità. La prevalenza di questa forma di ipercolesterolemia nel nostro Paese varia dal 21 al 39% nella popolazione adulta (1 soggetto su 2,5-5). Per contro, le forme legate a un’alterazione genetica (ipercolesterolemia familiare) colpiscono soltanto 1 persona su 500. Peraltro, sia soggetti con predisposizione genetica sia tutti gli altri possono trarre beneficio da uno stile di vita sano e da una alimentazione equilibrata. Secondo l’OMS, un terzo delle patologie cardiovascolari e dei tumori potrebbe essere evitato adottando una dieta sana».

Diete drastiche e saune sono buoni metodi per dimagrire?

Un altro campo in cui impazzano le fake news è quello della perdita di peso. Si va da chi pensa di poter dimagrire facendo una sauna (che al più fa perdere liquidi, facilmente recuperati bevendo) a quelli che millantano di poter far perdere i famosi “7 chili in 7 giorni”.

«Le diete drastiche e non equilibrate provocano una riduzione troppo rapida del numero di calorie assunte; questo rallenta il metabolismo e fa riprendere rapidamente i chili in eccesso – ammonisce Evelina Flachi. – L’organismo infatti anziché consumare le riserve di grasso, comincia a bruciare la massa magra, cioè i muscoli. E quando si torna a mangiare normalmente, i chili ritornano con grande facilità. Nessun alimento va poi demonizzato, perché non esistono alimenti buoni o cattivi; tutti possono trovare il loro posto, nelle giuste proporzioni, in una dieta sana e varia. Anche la pasta e il pane possono essere tranquillamente consumati nelle giuste dosi e rappresentano un’importante fonte di energia per il nostro organismo. Se consumati integrali inoltre, proteggono l’intestino dal tumore del colon. Rimuovere dalla dieta i cereali contenenti glutine, in assenza di patologie che ne giustifichino l’eliminazione (es. celiachia, intolleranza al glutine), non è consigliabile. Rappresentano infatti una fonte di preziosi nutrienti (sali minerali, vitamine, fibre). Va inoltre ricordato che i cibi senza glutine sono più calorici di quelli normali».

Come si trasmettono le fake news

Le fake news viaggiano attraverso il pensiero intuitivo (che si contrappone a quello razionale), che ben si coniuga con i tempi e i meccanismi del web e dei social media: veloci, senza sforzo, associativi e difficili da controllare. Un pensiero che viaggia per scorciatoie mentali, veloci e funzionali, ma pure facilmente ingannabili; anche perché si trincera all’interno delle community dei pari (i NoVax, quelli delle strie chimiche ecc.), che non fanno altro che rinforzare al loro interno un determinato pensiero, dando false sicurezze e lasciando all’esterno gli esperti del settore, percepiti spesso come manipolatori e dunque scarsamente affidabili.

«A stupire sempre è come possano le fake news attecchire così facilmente – ammette Fabio Lucidi, professore ordinario di psicometria presso l’Università La Sapienza di Roma e presidente della Società Italiana di Psicologia della Salute. – Daniel Kahneman e Amos Tversky sono stati dei pionieri negli studi sulle distorsioni del giudizio (bias cognitivi), descritte in un famoso articolo del 1974 pubblicato su Science, nel quale dimostravano che il giudizio intuitivo occupa una posizione intermedia tra il funzionamento automatico della catena stimolo-risposta e quello consapevole della razionalitàTale convinzione era maturata nel constatare gli errori sistematici dei giudizi intuitivi. Proposero dunque l’esistenza di due sistemi di funzionamento del pensiero: il funzionamento del ‘sistema 1’ (pensiero intuitivo o euristico) che è veloce, automatico, senza sforzo, associativo e difficile da controllare o modificare; e il funzionamento del ‘sistema 2’ (pensiero razionale) che è lento, sequenziale, faticoso e deliberatamente controllato».

«È evidente che lo spostamento dell’informazione dalla carta stampata, al web e infine sui social media la renda molto più legata al pensiero intuitivo, piuttosto che a quello lento e razionale. Questo sistema, per poter funzionare rapidamente, poggia sulle cosiddette euristiche, ovvero scorciatoie mentali, abitualmente molto funzionali (perché ci permettono di decidere velocemente), ma anche facilmente ingannabili; non è un caso che su queste si basino non soltanto i generatori di false notizie, ma anche i tipici truffatori da strada – prosegue Lucidi. – Il nostro sistema cognitivo, quando opera attraverso le euristiche mostra scarsa tolleranza all’ambiguità ed è caratterizzato dalla paura delle perdite, dalla tendenza a ricordare più gli eventi negativi che quelli positivi, dalla forte ricerca di conferme coerenti con i nostri schemi interpretativi della realtà, dalla preferenza delle fonti che riteniamo affidabili, rispetto a quelle che si mostrano competenti».

«Perciò, la maggior parte degli utenti dei social tende a diventare sempre più selettiva, ovvero a cercare informazioni prevalentemente sempre presso le stesse fonti di notizie, creando comunità virtuali sempre più polarizzate e mirate a confermare gli stereotipi esistenti. Per questo, le pratiche di fact checking o debunking realizzate dagli esperti e basate sulla contrapposizione ‘dati contro miti’ si dimostrano inefficaci e talvolta addirittura controproducenti» – aggiunge Lucidi.

I rischi della disinformazione in ambito cardiovascolare

La tematica della disinformazione in ambito cardiovascolare nel corso degli ultimi anni ha assunto una grande rilevanza al punto che recentemente decine editori di importanti riviste scientifiche di area cardiovascolare hanno ritenuto opportuno lanciare il messaggio di allerta: “Medical Misinformation: Vet the Message!” sottolineando come la diffusione di notizie false (o inaccurate) stia minacciando la qualità delle strategie di prevenzione e terapia in ambito cardiovascolare.

«Sempre più di frequente – afferma Giovambattista Desideri, professore ordinario di Geriatria, Università degli studi di L’Aquila – si assiste alla trattazione di problematiche cliniche da parte di personaggi di enorme impatto mediatico, ma senza alcuna preparazione specifica sulle tematiche di cui discutono. Il tutto viene non di rado accentuato da una certa distorsione cognitiva, elegantemente descritta da David Dunning e Justin Kruger, psicologi della Cornell University: “Individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità autovalutandosi, a torto, esperti in quel campo”. Come corollario di questa teoria, spesso gli incompetenti si dimostrano estremamente supponenti. E d’altronde, se gli  influencer dei social media hanno tanto credito presso i loro follower, non sorprende che i medici si trovino spesso in difficoltà nel veicolare il loro messaggio di salute».

«La conseguenza peggiore di tutto questo è che il rapporto medico-paziente finisce per essere inevitabilmente distorto, a discapito della concordanza terapeutica che dovrebbe rappresentare il fulcro su cui poggia ogni strategia di prevenzione cardiovascolare. E, ironia della sorte, a fare le spese di questa disinformazione sarà soprattutto lo stesso paziente» – conclude Giovambattista Desideri.