Uno studio del Tigem di Pozzuoli dimostra che il trans-splicing proteico mediato da inteina aumenta la capacità di trasferimento degli AAV (virus adeno-associati) nella retina.

La tecnica prevede di trasferire geni di grosse dimensioni affidandone diverse porzioni a più vettori AAV e di assemblare successivamente i vari frammenti della proteina.

Sperimentata con successo in modelli murini la terapia genica con trans-splicing proteico per forme ereditarie di cecità
Alberto Auricchio, Patrizia Tornabene e Ivana Trapani hanno applicato il trans-splicing proteico mediato da inteina per aumentare la capacità di trasferimento degli AAV nella retina di topi affetti da forme ereditarie di cecità

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Telethon di Pozzuoli ha dimostrato in uno studio su modello murino come ovviare a uno degli ostacoli principali per l’applicazione della terapia genica nelle forme ereditarie di cecità. Lo studio, coordinato da Alberto Auricchio, group leader del Tigem e professore di Genetica Medica all’Università Federico II di Napoli, è stato pubblicato su Science Translational Medicine [“Intein-mediated protein trans-splicing expands adeno-associated virus transfer capacity in the retina”. Sci Transl Med 11, eaav4523. DOI: 10.1126/scitranslmed.aav4523], rivista dedicata proprio agli avanzamenti dalla ricerca di laboratorio verso la clinica.

Questo studio è stato finanziato dalla Fondazione Telethon e dallo European Research Council.

Le cecità ereditarie

Le cecità ereditarie colpiscono oltre 200.000 persone solo nell’Unione Europea e sono dovute nella maggior parte dei casi ad alterazioni di geni che codificano per proteine localizzate nei fotorecettori.

La terapia genica rappresenta una delle strategie più promettenti per queste forme di cecità, grazie all’iniezione direttamente nell’occhio di vettori di origine virale modificati in modo da essere incapaci di replicarsi ma in grado di trasportare versioni corrette dei geni difettosi nei pazienti.

Il primo farmaco di terapia genica per una rara retinopatia ereditaria, l’amaurosi congenita di Leber, al cui sviluppo hanno contributo anche i ricercatori del Tigem è stato approvato negli Stati Uniti nel dicembre del 2017 e un anno dopo anche in Europa.

I vettori AAV (virus adeno-associati)

I vettori utilizzati in questa terapia genica sono quelli adeno-associati (AAV), già ampiamente utilizzati in ambito clinico e molto adatti al trasferimento genico nel tessuto oculare.

«Uno dei punti di forza dei vettori AAV per la cura di malattie umane è che sono piccoli e diffondono bene attraverso i vari tessuti – spiega Alberto Auricchio. – Questo è però anche un limite, dal momento che essendo piccoli trasportano una limitata quantità di DNA che non ci permette di utilizzarli così come sono per il trasporto di geni di grosse dimensioni, come per esempio quelli responsabili della malattia di Stargardt o di altre forme di amaurosi di Leber. Per questo da diversi anni siamo al lavoro per studiare come risolvere il problema: in questo caso ci siamo ispirati a un sistema tipico di organismi unicellulari come le alghe cianobatteri, che attraverso un meccanismo di “cuci e taglia” producono proteine lunghe a partire da precursori più corti».

In particolare, i ricercatori hanno costruito dei vettori AAV codificanti ciascuno una delle porzioni di una grossa proteina che non potrebbe essere codificata per intero con un solo vettore, dato appunto il limite di trasporto di AAV. Le varie porzioni della proteina vengono poi riassemblate in una proteina intera e funzionale utilizzando il meccanismo di “taglia e cuci” mutuato appunto dai batteri.

«Con questo sistema siamo riusciti a ripristinare in modo efficiente la produzione della proteina mancante in modelli murini di cecità ereditaria come la malattia di Stargardt o la amaurosi di tipo 10, che si è tradotta in un significativo ripristino della capacità visiva spiegano Patrizia Tornabene e Ivana Trapani, prime autrici del lavoro. – Il sistema si conferma quindi promettente per trasferire geni di grosse dimensioni, ovviando a un ostacolo tecnico che fino ad oggi ha precluso l’applicazione della terapia genica in molte malattie genetiche incurabili».

Possibili applicazioni della terapia genica con trans-splicing proteico

«Stiamo testando la possibilità di applicare questo sistema a proteine e malattie che colpiscono tessuti al di fuori della retina, per esempio il fegato dove anche il sistema sembra promettente. Inoltre, stiamo cercando di avanzare i nostri studi nella retina per la malattia di Stargardt dal laboratorio al letto del paziente. Presumibilmente questo passaggio richiederà delle collaborazioni industriali, considerati i costi elevati di questi aspetti di ricerca traslazionale».