Siamo in un periodo di forte trasformazione dei modelli organizzativi del settore farmaceutico e sanitario in senso lato, che devono da un lato inglobare pienamente le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, dall’altro devono trovare soluzioni sostenibili per far fronte al continuo aumento dei costi e ai vincoli delle risorse.
L’ottimismo degli amministratori delegati (Ceo) del settore della sanità circa la ripresa della crescita economica è crollato al 38% nel 2019, quasi la metà rispetto al 67% del 2018. Cresce invece la percentuale (21%) di quelli che prevedono un peggioramento della situazione (5% nel 2018). Ancora più infausta è la visione per il futuro dei Ceo del settore farmaceutico, che prevedono nel 31% dei casi un peggioramento della congiuntura economica globale (7% nel 2018). I dati sono stati pubblicati nell’annuale appuntamento con il PwC’s 22nd Annual Global CEO Survey, che ha coinvolto millequattrocento amministratori delegati di 83 paesi.
I pericoli per la crescita
Le incertezze politiche a livello globale e un quadro di sostanziale sovra-regolamentazione dei settore sarebbero alla base della frenata della crescita economica, secondo i Ceo coinvolti nel sondaggio di PwC. Un pessimismo che trova riscontro nelle previsioni circa una diminuzione della forza lavoro nel corso del 2019 (prevista dal 15% degli intervistati, vs l’8% del 2018); minore è anche il numero delle aziende che prevedono di aumentare il proprio personale (55%, vs 63% del 2018). Le previsioni di PwC indicano una potenziale mancanza di oltre 12,9 milioni di professionisti della sanità a livello globale nel 2025. I maggiori costi sanitari rappresentano una preoccupazione per il 93% dei Ceo (81% nel settore pharma), insieme alla ristrettezza delle risorse (86% e 82%, rispettivamente) e alla necessità di risolvere anche i determinanti sociali potenzialmente coinvolti nella gestione sanitaria (68% e 42%, rispettivamente).
Il valore del brand e la reputazione aziendale e le proiezioni di tipo finanziario sono nella stragrande maggioranza dei casi (94%) alla base delle decisioni assunte da vertici aziendali, anche se nel primo caso i dati su cui si basano sono stati giudicati essere adeguati solo nel 28% dei casi (45% per le decisioni su base finanziaria). Altri fattori che guidano le linee d’azione delle aziende life sciences sono i bisogni dei pazienti (93%, con il 17% di adeguatezza dei dati) e i rischi a cui è esposto il business (91%, con il 22% di adeguatezza dei dati). La presenza di silos di dati e l’ancora scarsa propensione alla condivisione degli stessi, insieme alla mancanza di capacità analitiche adeguate a gestire le enormi moli di dati disponibili, sono tra i fattori principali indicati nel sondaggio per la scarsa adeguatezza delle informazioni su cui vengono basate le strategie aziendali.
Mancano ancora i piani per implementare l’AI
Nonostante ciò, la maggior parte dei Ceo (81%) ritiene significativi i cambiamenti che saranno apporti ai modelli di business con la piena implementazione dell’intelligenza artificiale, percentuale che scende al 75% tra gli amministratori delegati dell’area farmaceutica. Nessuno, in quest’area, ha ancora implementato l’AI su ampia scala (solo il 4% tra tutti i Ceo coinvolti nel sondaggio), e il 34% non ha al momento neanche piani in atto per farlo in futuro (31% sul totale).
Secondo PwC, l’uso estensivo dell’intelligenza artificiale potrebbe contribuire al Gdp globale per un totale di $15,7 trilioni nel 2030, anche se rimane da superare un fondamentale problema di fiducia in questo tipo di tecnologia anche da parte dei Ceo, insieme alla necessità di spiegarne adeguatamente il valore ai cittadini.