Ci sono voluti tre anni e mezzo: con il chiaro risultato delle elezioni generali che si sono tenute in Gran Bretagna il 12 dicembre – e che hanno visto un’affermazione dei conservatori guidati da Boris Johnson ben più ampia di quanto previsto fino al giorno prima  (364 seggi, con i laburisti scesi al minimo dal 1935) – la strada verso l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sembra ormai segnata.

La data fatidica dovrebbe essere quella del 31 gennaio 2020, senza ulteriori rinvii; dopo di essa partiranno i negoziati con l’UE  per ridefinire il nuovo quadro commerciale in cui si collocherà il paese, fase che dovrebbe terminare entro fine 2020 (si veda qui un’ipotesi dei prossimi passi fatta dalla BBC).

Il Consiglio Europeo riunito oggi a Bruxelles ha subito ribadito il desiderio di giungere ad un uscita ordinata in base alla ratifica dell’Accordo di recesso da parte del Parlamento britannico. Le Conclusioni del meeting sottolineano anche l’obiettivo di future relazioni con la Gran Bretagna in linea con la Political Declaration, e basate sull’equilibrio dei rispettivi impegni e doveri. La richiesta rivolta a tal fine alla Commissione europea è di sottoporre al più presto al Consiglio una bozza di mandato e al Consiglio per gli Affari generali quella di adottare tempestivamente tutte le opportune decisioni e il mandato a negoziare. La Commissione europea ha anche confermato il francese Michel Barnier quale capo negoziatore. 

Le reazioni del mondo farmaceutico UK

Le associazioni dell’industria farmaceutica britannica hanno subito commentato in modo positivo i risultati delle elezioni. “ABPI guarda alla collaborazione col nuovo governo per fare del Regno Unito il posto migliore del mondo per la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo dei medicinali del futuro”, si legge nella nota dell’Associazione delle aziende innovative e research-based. 

Particolarmente graditi al chief executive di ABPI, Mike Thompson, sono i punti del manifesto elettorale dei conservatori che sottolineano il forte impegno del partito a migliorare l’accesso dei pazienti ai nuovi medicinali all’interno del Servizio sanitario NHS, la diffusione dei vaccini e il ruolo centrale delle life sciences nello sviluppo di un’economia basata sull’innovazione. “Il Brexit deal del Primo ministro include anche un impegno importante nell’esplorare una cooperazione più stretta sulla regolamentazione sui farmaci. Il conseguimento di ciò sarà importante per dare priorità ai pazienti e alla salute pubblica, come pure al futuro del settore UK delle scienze della vita”, scrive Thompson. 

La posizione assunta dall’associazione industriale riflette gli esiti di un sondaggio condotto pochi giorni prima del voto tra i lettori da Pharmaceutical Technology, secondo il quale il 28% di essi avrebbe desiderato una vittoria dei Tory, seguito da un 23% a favore dei Labour di Jeremy Corbin.

Anche la UK Bioindustry Association (BIA) ha commentato dal suo sito l’esito delle elezioni: secondo Steve Bates, “una maggioranza conservatrice a Westminster offre una nuova era di stabilità politica, che rende più semplice per il nostro settore prendere decisioni di business a lungo termine. È ora chiaro il procedere immediato verso l’accordo di recesso, ed è riconosciuto il duro lavoro fatto dall’industria negli scorsi anni affinché la dichiarazione politica permettesse la possibilità di proseguire in una stretta collaborazione sulla regolamentazione dei medicinali e sulla scienza e innovazione”. Anche in questo caso, l’auspicio è di collaborare col governo all’implementazione del programma dei Tory per la sanità, con la priorità di assicurare alle aziende del settore la possibilità di continuare ad accedere ai capitali e ai talenti lavorativi di cui necessitano. 

L’analisi del programma dei Tory in sanità

Tutti i maggiori partiti inglesi avevano pubblicato prima delle elezioni del 12 dicembre i propri manifesti elettorali in materia di sanità, che sono stati commenti dalle locali associazioni dell’industria farmaceutica.

La nota di ABPI sottolinea positivamente lo strumento scelto dai conservatori di Boris Johnson per facilitare l’accesso dei pazienti alle cure, quello di un Innovative Medicines Fund che dovrebbe supportare le terapie più innovative nel campo dei tumori e delle patologie rare e autoimmuni. Costruito a partire dal già esistente Cancer Drugs Fund, il fondo dovrebbe essere dotato di un finanziamento di 500 milioni di sterline per il primo anno, ma per ABPI il suo reale funzionamento dovrà confrontarsi col numero crescente di terapie innovative che giungono a mercato. L’associazione era, invece, contraria allo strumento del compulsory licensing e all’istituzione di un produttore “statale” di farmaci generici proposti dai laburisti. 

Da parte sua, BIA sottolinea come rimangano al momento poco chiare le modalità con cui Boris Johnson intenda mantenere l’impegno di “raddoppiare” la spesa in R&D, portandola a 18 miliardi di sterline. L’area terapeutica della demenza dovrebbe essere tra quelle che vedranno il raddoppio degli investimenti, insieme alle attività volte alla generazione di dati sanitari quali il sequenziamento genomico realizzato dalla UK Biobank and Genomics England

Particolarmente gradito agli industriali di ABPI è stato anche l’impegno dei Tories a fare del Regno Unito un hub globale per le scienze della vita, sulla base di una spesa in R&D che dovrebbe raggiungere il 2,4% del prodotto interno lordo, anche se BIA sottolinea come sia scomparso il riferimento al 2027 come data per raggiungere tale obiettivo. La previsione di spesa aggiuntiva sarebbe al momento di circa 7,3 miliardi di sterline entro il 2023/24.

Dovrebbe anche venire creata una nuova agenzia dedicata alle iniziative ad alto rischio, che per ABPI si potrebbe dimostrare avere un impatto critico per la possibilità di facilitare le iniziative pubblico-privato. Positivo è stato considerato anche l’impegno a supporto dell ricerca di base e la proposta di portare al 13% il credito d’imposta per le attività R&D (dall’attuale 12%). La stessa definizione di quest’ultime potrebbe venire rivista per includere anche investimenti in campi emergenti come il cloud computing e la gestione dei dati. La BIA apprezza anche l’impegno del manifesto dei conservatori nell’utilizzare i capitali dei fondi pensioni per investimenti e commercializzazione dell’innovazione scientifica prodotta dal settore. 

Sul piano dell’attrattività del paese per i talenti nel campo life science, ABPI giudica insufficiente l’attuale strumento dell’Apprenticeship Levy e propone di creare un nuovo Life Sciences Skills Fund dedicato a colmare i gap di conoscenza nel campo della genomica, immunologia, bioinformatica, chemoinformatica e farmacologia clinica.